Il giardino segreto (2020): recensione del film Amazon con Colin Firth
Visivamente accattivante, Il Giardino Segreto ci porta in un regno sontuoso e dai vividi colori, senza occuparsi di una caratterizzazione efficace dei suoi personaggi di punta.
Distribuito su Amazon Prime Video, in esclusiva dal 10 dicembre, Il Giardino Segreto è un film diretto da Marc Munden e tratto dall’omonimo romanzo scritto da Francs Hogson Burnett. Viene raccontata la storia di Mary (Dixie Egerickx), una bambina nata in India da genitori inglesi. Rimasta orfana per colpa di un’epidemia, è costretta a trasferirsi in Inghilterrra nella dimora di Lord Archibald Craven (Colin Firth), uno zio irascibile e solitario. Quest’ultimo non è quasi mai in casa e Mary non può fare altro che esplorare ogni anfratto dell’abitazione con la domestica Martha (Isis Davis), che la informa dell’esistenza di un angolo magico, un giardino dominato dall’immaginazione e da un senso di tranquillità difficilmente riproducibile nel nuovo nucleo familiare. Nel giardino, la piccola scopre segreti di famiglia altamente riservati e un mondo meraviglioso dove poter riscoprirsi e migliorare nell’atteggiamento e nel carattere.
Il giardino segreto: si vaga senza meta alla ricerca di una fase emozionale di spicco
La nuova versione de Il Giardino Segreto è affidata al produttore David Heyman (saga di Harry Potter, Gravity) e al regista Marc Munden. Il soggetto di lancio di questa promettente storia di formazione poteva rivelarsi utile per confezionare un film dotato di grande sensibilità e tatto nella trattazione dei personaggi di rilievo; ci imbattiamo nella prima criticità da riscontrare nel film, ovvero la caratterizzazione di Mary e dei suoi comprimari. Nelle due ambientazioni da dirigere con un rinnovato senso dello spettacolo – la tenuta di Lord Craven e il vasto giardino lasciato incustodito dalla Sig.ra Craven (Jemma Powell), venuta a mancare in tragiche circostanze -, Munden, assieme allo sceneggiatore Jack Thorne (Enola Holmes, Wonder), perde il controllo della gestione degli atti.
Veniamo catapultati immediatamente in un regno parallelo, distanziato dai traumi che assillano e consumano le flebili menti di Mary e di Colin (Edan Hayhust), il figlio di Lord Kraven: ogni spunto per esaminare il passato dei bambini viene interrotto bruscamente, per proiettare il film nell’accomodante sfoggio di effetti visivi, riservati al giardino dei sogni e delle nuove speranze da coltivare. Il montaggio ci preclude una parentesi essenziale per garantirci una maggior immedesimazione, finendo con il rivelarsi frettoloso e senza un ordine degli eventi preciso e ben programmato. Colin Firth, Julie Walters – nei panni di Mrs. Medlock, la governante della casa – e Isis Davis appaiono per pochi minuti in scena, non contribuendo al miglioramento della struttura narrativa claudicante del film.
Si ripiega solo sugli effetti visivi abbacinanti, l’unica vera qualità del film
Il trasporto emotivo manca del tutto in questa seconda trasposizione cinematografica, dopo quella realizzata magnificamente nel 1993 da Agneszka Holland, con Maggie Smith protagonista. La produzione è stellare, la forza espressiva emerge solamente oltre i confini della tenuta Kraven e i giovani attori si lasciano trasportare dalla corrente visiva, ricca di squarci meravigliosi da osservare. Il copione viene temporaneamente accantonato, non dedicandosi ai dettagli che potrebbero comporre un lucido quadro dell’arco psicologico di Mary e Colin. Si rimane storditi, confusi, e amareggiati da un enorme potenziale sfruttato in maniera superficiale; inesistenti sono le tracce musicali, che dovrebbero fungere da chiave di accesso per subentrare nelle vite di bambini affranti, colti dalla paura di rimanere soli e isolati dai contatti umani.
Tutto ciò non avviene, senza particolari intuizioni in sede di regia né un accompagnamento sonoro che dovrebbe potenziare l’apparato visivo di riferimento. Dixie Egerickx ha il compito di tenere in piedi le basi fondanti della pellicola, ricoprendo un personaggio incompreso, inizialmente freddo e sulla via della trasformazione. I riflettori continuano ad essere puntati su di lei, ma con risultati piuttosto deludenti; nel tentativo di elevarsi dal materiale di partenza, Mary finisce per rimanere inghiottita in uno sviluppo precipitoso e svogliato, senza una direzione solida che possa intromettersi per applicare migliorie lungo la via. Davvero un gigantesco spreco di talenti davanti e dietro le quinte.