Il mistero di Dante: recensione del documentario di Louis Nero
Louis Nero esplora gli aspetti più sconosciuti del sommo Poeta. Un'inchiesta inedita nel mondo della Commedia. Tra voli pindarici e buoni spunti, Il mistero di Dante sa essere suggestivo.
Il 2021 sarà l’anno di Dante. A vedere gli eventi che si stanno organizzando in tutta Italia, i 700 anni dalla morte del poeta lo riporteranno al centro della quotidianità culturale. Un’occasione per riscoprire, anche in chiave inedita, la colonna portante di un sapere universale. Proprio in questi mesi, Pupi Avati sta girando un film sulla vita di Dante sotto il segno di un approccio “non scolastico”. Affine a questo scontro con il metodo più accademico è Louis Nero, che nel 2014 ha diretto l’intrigante Il mistero di Dante. Il regista torinese ha infatti esplorato, in un documentario traboccante di interventi, il significato più nascosto della Commedia. Un’operazione tra fiction e inchiesta che si oppone con decisione (e con qualche volo pindarico) al “lavaggio con candeggina” a cui le terzine sono obbligate tra i banchi di scuola. Un racconto coinvolgente, distribuito su più testimonianze montate assieme come un unico canto. Il film, dal 10 agosto disponibile su Amazon Prime, si immette senza stonature nel percorso atipico che il regista tratteggia dal 2003, da poco culminato con il thriller dal cast internazionale The Broken Key.
Ne Il mistero di Dante viene proposta una lettura della Commedia in chiave esoterica. Lo scarto rispetto al metodo tradizionale avviene nel passaggio dal terzo al quarto livello interpretativo, definito anagogico. L’accesso a quest’ultimo prende le forme di un’iniziazione. Se la Commedia è un percorso di formazione spirituale, studiarne i segreti inizia alle sue verità. Per questo gli intervistati di Louis Nero parlano con foga allo spettatore. Il varco per Dante, dicono, è davanti agli occhi di tutti. Le terzine nascondono la realtà solo a chi non sa vedere. Louis Nero sembra però consapevole delle insidie attorno a cui questa lettura si redige. E così inizia Il mistero di Dante con una lunga sequenza nei sotterranei del Museo Pietro Micca di Torino. In pieno stile mockumentary, disperde lo spettatore in un labirinto di cunicoli, e solo una volta averlo condotto al termine del percorso rivela il documentario. Una sorta di selva oscura anticipa così il film, invitando ad abbandonare preconcetti e relazioni causali. La fiction, con cui Louis Nero, accompagnato da Diana Dell’Erba, finge di essere stato contattato dall’ordine de “I Fedeli d’Amore”, lascia spazio all’indagine e dà inizio alla carrellata di interventi. L’aspetto misto ed eclettico di quest’opera non viene però abbandonato. Lontano dall’approccio classico all’oggetto di studio, Il mistero di Dante intervalla gli studiosi a tableau vivant con cui anima i dipinti di Gustave Doré.
Le note raffigurazioni della Commedia si muovono su schermo con macchinoso fascino. Nel frattempo gli intervistati arrivano presto (forse troppo) alle grandi affermazioni: “Dante era un’eretico”. Da qui una costruzione sibillina e anticonvenzionale collega il poeta ai “Fedeli d’amore”, secondo un’ipotesi avallata da Pasquale Rossetti, ripresa da Pascoli e sostenuta da molti. Spesso il tracciato de Il mistero di Dante gioca con il personaggio, collegando pitagorismo e poetica templare alla ricerca di un’immagine mitica e impossibile. Nelle parole di Valerio Massimo Manfredi, Gabriele La Porta, Silvano Agosti, Roberto Giacobbo e Franco Zeffirelli Dante diventa l’eroe campbelliano per eccellenza. Il film vede anche la partecipazione, nel suo lato di fiction, del premio Oscar F. Murray Abraham. A lui un ruolo di confine, sintesi tra Dante e i profeti delle verità iniziatiche.
Gli intervistati, tra cui si contano massoni, registi e scrittori, sono nel film privati di una riconoscibilità ulteriore a quella riposta nella cultura dello spettatore. Il nome, o il lavoro di cui si occupano, non appare in sovrimpressione. La scelta, atipica, potrebbe ricondurci a un senso di assoluto a cui il documentario si aggrappa. Le ricerche correlate propongono un Dante dai mille volti, la cui vita non viene comprovata a livello scientifico, ma percepita su un piano spirituale. La sfera dell’inafferrabile domina il documentario, più suggestivo che informativo.
Un Dante inedito attraversa la storia nei racconti alternativi e originali di studiosi stanchi della “versione ufficiale”. Si toccano vette a cui i dantisti potrebbero inorridire (Dante in Irlanda con l’ordine templare?) ma anche approfondimenti di indubbio interesse. Da Gilgamesh a Dante (fino ai giorni nostri) viene teso un filo lungo cui si rivela il comune rapporto tra le storie di poeti artisti e il percorso iniziatico. In questo senso, se Dante sia stato veramente esponente di ordini segreti di qualche tipo risulta secondario. La forma istituzionale a cui il poeta può aver addotto per ricavare il contenuto della sua opera riguarda la storia del Dante-uomo, mentre il Dante-simbolo non necessita di alcuna conferma. Il discorso di Louis Nero riguarda infatti l’impatto umano che la Commedia può avere nella sua lettura esoterica. In tal senso gli interventi di Gabriele La Porta arrivano allo spettatore come un invito all’azione. Perché nessuno può sostituirsi alla scoperta delle verità iniziatiche, e così anche un documentario sul Mistero di Dante è solo uno spunto oltre cui proseguire, da soli.