Il paese dei jeans in agosto: recensione del film di Simona Bosco Ruggeri
Un film che vuole divertire e fa riflettere, ma risulta nella sua completezza poco coeso, con personaggi dipinti a pennellate caricaturali.
Il paese dei jeans in agosto è la pellicola della giovane regista torinese Simona Bosco Ruggeri, annata ’87, disponibile nelle sale cinematografiche italiane a partire dal 23 novembre 2023. Un film che parte da una millennial e cerca di raccontare la realtà contemporanea in un mix di critica sociale, satira e romance. Il pubblico target è composto sia da coetanei della regista e sceneggiatrice piemontese che dalla generazione riconoscibile come boomer, conosciuta anche come vecchia guardia. L’occhio della Bosco Ruggeri si impianta nel tessuto di una micro-realtà, un minimondo provinciale che diventa però prototipo della civiltà globalizzata intera, lente di ingrandimento su una società che va virtualizzandosi sempre di più fino a confondere finzione e vita.
La Ruggeri racconta la sua storia con piglio critico ma anche analitico ed ironico, provando a inserirsi nel fenomeno capillare che introduce i social come curriculum vitae degli individui. In un mondo che può semplicemente fare swipe su un profilo Instagram o Tinder, in cui le persone non sono altro che contenuti e i like sono manifestazioni di piacere, approvazione nonché metodo di guadagno, c’è spazio per le piccole realtà locali, i sentimenti puri che nessuno può vedere o toccare? Una risposta che la regista prova a dare, sottolineando sia il cinismo che le possibilità della società virtuale.
Il paese dei jeans in agosto è una pellicola con buoni spunti ma poca coesione, i personaggi sono dipinti a pennellate troppo caricaturali
Il paese dei jeans in agosto racconta la storia dei suoi due protagonisti, della loro sbilenca unione “per interesse”, ma anche di sentimenti veri e umanità in una piccola realtà italiana. Il piccolo paese, dapprima isolato nella sua realtà di provincia, si trova immerso in questa seconda realtà, quella iper-connessa e virtuale dei social. Tutti vogliono entrarci, nonostante i cittadini appartenenti alle vecchie generazioni faticano a comprenderne davvero tutti i meccanismi sottesi. Ed su questo sfondo socioculturale ed economico che si sviluppa la storia di Carlo, 26 anni, un ex vip che si ritrova a condurre una vita da influencer con il nome di @IlCarlito. La sua esistenza quotidiana è scolpita da assaggi di passato, che ricorda con nostalgia, voglia e bisogno di soldi per portare avanti il suo profilo social, ma anche le lamentele del suo tradizionalista e reazionario padre Faluccio Arato (Ninni Bruschetta). La madre Pinuccia (Nunzia Schiano) è la mamma chioccia per eccellenza, innamorata di suo figlio e accudente, personaggio fortemente tradizionale.
Nella banalità del suo quotidiano, Carlo (Pasquale Riti) decide di mettersi in affari (social) con la ventottenne Luisa (Lina Siciliano), figlia della ricca famiglia Rossetti. Gli elitari Rossetti hanno, oltre a Luisa, un’altra figlia: la bella e studiosa sorella minore Elena (Ludovica Coscione). Luisa è la “pecora nera” della famiglia: non è convenzionalmente attraente come la sorella, non è riuscita a portare a termini gli studi e ora tutto il paese è in attesa di sapere cosa farà della sua vita a quasi trent’anni. Carlo e Luisa stringono un accordo, un patto che unisce la sua popolarità e i soldi di lei per creare un business di coppia; la loro finta storia d’amore creata ad hoc per i social – tra viaggi a Formentera e Paestum – fa sognare tutto il paese ma non solo. I due guadagnano soldi, hanno successo, ma la loro vita privata e il loro animo ne sarà fortemente trasformato non sempre in meglio.
Interessante vedere anche le reazioni dei genitori a questa vita virtuale, profondamente diversa dall’educazione che ha allevato i due giovani. Luisa, messa in continua soggezione dalla madre Agata Maria Rosaria Callegari (Rosalia Porcaro) che le preferisce la sorella minore, vive sotto il pugno di un padre lavoratore, Guglielmo Rossetti (Enzo Decaro). Il suo personaggio si evolve, da pecora nera a donna d’affari senza scrupoli, in modo convincente e interessante, ma le performance degli attori adulti rischiano di mettere in ombra i giovani talenti con la loro vibrante esperienza.
Il paese dei jeans in agosto è un film che tocca tematiche importanti e attuali, ma lo fa ancora in modo poco convinto, riempendo la scena con grandi feste ed eventi social, cronache vip e post virali. La sceneggiatura e la regia sono delle stessa mano, ma spesso sembrano prendere direzioni diverse: primi piani che si perdono nei loro significati ma non comunicano idee coerenti alla trama o utili alla percezione, scelte registiche che al fruitore esperto possono apparire soverchie o trite, qualche intoppo nel ritmo. Il cuore del film è orientato nella giusta direzione e l’ispirazione – tra l’ironico e il machiavellico – è improntata sulla satira/critica sociale. Il reparto tecnico – nonostante la fotografia un po’ cyber club di di Eleonora Castiello e i costumi curati di Magda Accolti Gil – prova ad elevare artisticamente all’eccellenza una commedia che rimane in un limbo non interamente convincente.
Il paese dei jeans in agosto: valutazione e conclusione
Il paese dei jeans in agosto è un dramedy dal piglio giovane e con un taglio personale, mancano protagonisti non veterani davvero in grado di offrire profondità ai loro personaggi. La critica sociale è presente ma non va ancora a fondo come potrebbe, scalfendo appena la superficie del problema. Il reparto tecnico, tra fotografia e costumi, offre un ensemble pregevole ma non privo di coesione con la qualità e l’obiettivo della sceneggiatura/regia. In una vasta produzione di titoli che propongono diverse variazioni sul tema della deriva digitale e social, l’opera di Simona Bosco Ruggeri rischia di perdersi nel vasto mare di opere simili. Sarebbe un peccato, vista la capacità d’osservazione della giovane regista, chiaramente sensibile al mondo e alla società che la circonda.