Il papà di Giovanna: recensione del film di Pupi Avati

Il papà di Giovanna non convince del tutto, nonostante le buone prove della Rohrwacher e di Orlando che ha vinto per questa prova attoriale la Coppa Volpi.

La cosa peggiore che può capitare ad un genitore è vedere la propria creatura infelice. La cosa più lacerante è assistere al doloroso vivere di chi si ha generato, guardarlo dibattersi inadatto e solo nei propri giorni. Capita questo a Michele Casali, professore di disegno, con la propria figlia, Giovanna, che frequenta lo stesso istituto in cui lavora il padre. Questo è l’inizio di Il papà di Giovanna, il film del 2008 di Pupi Avati che racconta, attraverso Silvio Orlando e Alba Rohrwacher, una storia d’amore, quella di Michele e di sua figlia, un dramma a tinte forti di disagio e dolore, un compendio di storia (la storia si apre con la Bologna del 1938) che fa da ombra alla narrazione principale.

Il papà di Giovanna: la storia di un padre che ama troppo

Giovanna soffre di uno scompenso psichico e suo padre spende tutte le sue energie per renderle la vita più sopportabile, cosa non capita dalla madre, Delia (Francesca Neri) – donna molto bella e  concreta. Michele è un padre amorevole, fin troppo, non accetta che la figlia possa essere additata come diversa e che per questo si senta tale, scarto della società che mal traduce i messaggi del mondo; per lui lei è la più bella, la sua bambina e, come spesso succede, non riesce a riconoscere il disagio di Giovanna che palesa in ogni modo. Lui tira su costruzioni per proteggere la sua unica figlia dalla realtà: se a scuola nessun ragazzo la guarda, lui le dice che per strada gli uomini si girano, se non ha amici, lui la rassicura proteggendola con tenere scuse.

Quanto può fare male il troppo amore? Quanto può essere deleterio preservare un’anima fragile mentendole? Michele arriva a favorire al lavoro uno suo studente così che lui corteggi la figlia ma questo porterà a conseguenze tragiche (la morte della sua amica, la sua reclusione in un ospedale psichiatrico e il disfacimento della famiglia). L’uomo vuole rassicurare Giovanna, vuole coccolare quelle sue fragilità, credendo di farle del bene, di darle tutti gli strumenti per andare nel mondo: come ogni genitore le dà forza dicendole che può fare tutto, che ha in sé gli strumenti per superare ogni ostacola. Non è così però, Giovanna è una bambina nel corpo di un’adolescente, è ingenua e cattiva, è una canna al vento in balia delle cose, della madre troppo bella e troppo desiderata dagli uomini, del padre pronto a tessere attorno a lei una fitta trama di pietose menzogne. Lei, delicata come un fiore ma anche violenta come una bestia feroce, crede di poter essere chi non è, stracapisce le parole paterne e ne rimane vittima, diventando carnefice degli altri, del ragazzo di cui si è invaghita, facendosi sua ossessione, della propria migliore amica di cui è gelosa e invidiosa perché è ciò che Giovanna vorrebbe/pensa di essere.

Il papà di Giovanna - Cinematographe.it Il papà di Giovanna: Pupi Avati racconta la storia di un gruppo di ultimi infelici

Il papà di Giovanna racconta una storia di infelicità, di esistenze incastrate ciascuna nelle proprie catene e nei propri vincoli; se l’adolescenza è l’età della crisi e del sentirsi non adeguati fisicamente ai modelli imperanti, Giovanna lo sente ancor di più. Soffre quando ad una festa vede la madre ballare con un altro uomo, muore di gelosia quando il ragazzo che le piace balla con altre, si distrugge quando la sua amica, più bella di lei, avrà una fugace esperienza sentimentale con l’oggetto del suo desiderio. I sentimenti per lei sono difficilmente controllabili e la sofferenza la consuma. La tragedia, la morte dell’amica per mano di Giovanna sono qualcosa di lacerante; la ragazza è arrabbiata, delusa, crede di essere vittima di una ingiustizia per mano dell’amica e continua a darsi false scuse: l’amica è leggera e racconta in giro falsità. Torna a casa imbrattata di sangue e subito si scopre la verità: lei è la colpevole. Per salvare Giovanna dalla prigione c’è solo una possibilità, puntare sulla sua infermità mentale. Niente carcere per lei, solo l’ospedale psichiatrico.

Padre e figlia hanno un legame speciale dal quale avevano escluso la mamma che dopo la tragedia decide di rimanere a vivere a Bologna rinnegando la propria famiglia e non volendo più rivedere Giovanna. Le scelte dei due genitori dunque sono agli opposti: se Michele continua a stare accanto alla figlia, sentendosi anche colpevole del suo gesto, Delia invece non può pensare che sua figlia si sia resa colpevole di un omicidio.

Sta proprio in questo il punto forte di Il papà di Giovanna, nei sentimenti dei personaggi e nel rapporto tra quelli principali: quello della figlia con il padre, quello di lei con la madre, quello dei coniugi. Il suo cinema non è soltanto quello dei luoghi, soprattutto la sua Bologna, ma è anche quello di un mondo lontano e svincolato da tutto il resto, dove il suo sguardo si concentra. Si segue la malinconia e la rassegnazione dei suoi personaggi, rappresentazione di perdenti e umili, da lui accarezzati nostalgicamente che si aggirano per l’Italia come dei fantocci incatenati ad un sogno, ad un’esistenza possibile.

Il papà di Giovanna - Cinematographe.itIl papà di Giovanna: tutto si rompe nel momento in cui la grande storia entra prepotentemente in quella di Giovanna

Sempre presente è il vicino di casa, carabiniere e grande amico di Michele, Sergio Ghia (Ezio Greggio) che aiuta l’amico in difficoltà; è lì pronto a sorreggerlo, anche nel drammatico momento in cui l’uomo assiste alla “lapidazione” pubblica della figlia – situazione che lui ha sempre voluto evitare -, e in nome della loro amicizia tiene nascosto, fino ad un certo punto, l’amore per Delia. Attraverso di lui entrano nella storia di Giovanna, anche se sullo sfondo, il fascismo e gli anni difficili della guerra, la Repubblica di Salò, la liberazione senza però dare qualcosa in più alla trama. Lo spettatore si perde in cenni storici e il fulcro di tutto, il rapporto padre-figlia, viene meno. Dopo la reclusione di Giovanna, si rompe qualcosa e si fa fatica a comprendere ciò che accade: di colpo si passa dalla lenta rinascita di Giovanna alle fucilazioni dei fascisti per poi tornare alle passeggiate della giovane sottobraccio al padre. La narrazione della ragazza che da figlia troppo amata diventa assassina e il Bignami di storia mal combaciano perché il secondo sembra non avere senso all’interno del film.

Il papà di Giovanna non convince del tutto, nonostante le buone prove della Rohrwacher e di Orlando che ha vinto per questa prova attoriale la Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2
Fotografia - 3
Recitazione - 3
Sonoro - 2
Emozione - 3

2.6