Il racconto dei racconti – Tale of tales: recensione
“Una scelta masochistica e incosciente”: così Matteo Garrone sintetizza l’impresa più insidiosa e ricca di incognite della sua carriera: dopo averci abituati e rassicurati con trasfigurazioni fantastiche a partire dal reale, ne Il racconto dei racconti (Tale of Tales) osserviamo il percorso inverso, con il risultato di un fantasy dai tratti horror che unisce all’elemento fiabesco la riconoscibile ma sapientemente internazionalizzata cifra stilistica dell’italianissimo regista di Gomorra e Reality. A ben guardare, infatti, le fiabe di Giambattista Basile (tratte dal libro napoletano del ‘600 che dà il titolo alla pellicola, Lo Cunto de li Cunti) hanno offerto lo spunto ideale per mettere in scena i temi cari alla poetica del cineasta: dalla trasfigurazione del corpo – ampiamente argomentata e sviscerata in Primo amore e L’imbalsamatore– all’incertezza esistenziale, riconoscibile in ogni suo precedente lavoro, passando per il gusto per un cinema che sia anche astrazione pittorica e tragicommedia.
Ne Il racconto dei racconti, tuttavia, sono principalmente le immagini a comunicare e rivelare le ossessioni di sempre di Garrone, attraverso ambientazioni reali che sembrano frutto di ricostruzioni in studio e permeate da potenti simbologie, in cui la precarietà dell’esistere prende la forma dello splendido castello arroccato della Tenuta Donnafugata, in Sicilia, e i corpi cambiano sembianze sotto la spinta di sentimenti potenti e scellerati, in cui il desiderio si erge a pericoloso protagonista delle vicende narrate.
Tre i racconti scelti per rappresentare l’opera fonte di ispirazione: La Cerva Fatata, La Pulce e La vecchia scorticata, rivisti e integrati per dar vita ad un grande spettacolo di poco più di due ore che scorrono al ritmo di un rapido incantesimo; gli episodi in cui Il racconto dei racconti si articola hanno per protagonisti tre regni ed i relativi sovrani, tutti alle prese con diverse modalità di espressione di amore e desiderio. La Regina di Selvascura (Salma Hayek) è disposta a sacrificare la sua stessa esistenza pur di dare alla luce un bambino: per ogni vita che nasce, un’altra deve avere fine, la ammonisce il negromante nel rivelarle la strada (magica) da intraprendere per raggiungere il proprio bramato fine, e così l’amorevole e coraggioso marito (John C.Reilly) perde la propria vita per sconfiggere un mostro marino ed ottenerne il cuore pulsante che, una volta cucinato da una vergine, deve essere mangiato dalla regina per restare finalmente incinta. Nel portare a termine il compito assegnatole, tuttavia, la giovane illibata ottiene a sua volta una gravidanza inspirando i vapori durante la cottura del cuore e, nel tempo di nove mesi, la sovrana e la plebea danno alla luce due bambini identici e legati da un legame di indissolubile affetto e dedizione, poco adeguato al loro divario sociale. Perché ogni azione ha delle conseguenze.
Altrove, Il Re di Roccaforte (uno strepitoso Vincent Cassel) vive le sue giornate immerso nella lussuria e nella ricerca di nuovi piaceri carnali: la voce incantevole di una donna provoca nel sovrano un dirompente desiderio che lo spinge a cercare appagamento tra le braccia di quella che sa essere un’umile lavandaia. Ciò che però l’uomo non sa è che nella fatiscente casa della donna che tanto brama vivono invece due anziane sorelle: l’ingenua Imma (Shirley Henderson) e la scaltra Dora (Hayley Carmichael/Stacey Martin), disposta a tutto pur di non deludere il Re e dare una svolta alla propria misera esistenza.
Infine, il Re di Altomonte (Toby Jones) ha un modo assai bizzarro di dimostrare l’amore: vedovo e padre di Viola (la bravissima Bebe Cave), una giovane in età da marito, preferisce relegare tutta la sua dedizione alla cura di una pulce, che nutre ed ingrassa fino a farle assumere la stazza di un maiale; alla morte del gigantesco insetto, il sovrano cerca distrazione al proprio dolore indicendo un torneo il cui vincitore avrà diritto alla mano della figlia. Un’impresa impossibile, pensa, dato che la prova consiste nel riconoscere a quale animale appartiene l’enorme pelle del compianto parassita. Così facendo, l’uomo pensa di giustificare genialmente l’egoistico proposito di tenere la figlia per sempre al suo fianco, dimenticandosi di fare i conti con le sviluppatissime capacità olfattive degli Orchi…
L’originalità de Il racconto dei racconti risiede principalmente nel proporre innumerevoli simbologie allontanandosi dall’ambizione apologetica: da queste fiabe, potentemente fantastiche, non è possibile trarre i consueti insegnamenti ma preziosi e schiaccianti messaggi sulle caratteristiche della realtà e del labirinto dei sentimenti umani. Al centro della narrazione l’amore nella sua accezione più viscerale e meno romantica: in ordine rispetto agli episodi, si va dal legame ostacolato tra due fratelli divisi alla nascita, all’affetto non ricambiato di un’amorevole sorella nei confronti di un’altra troppo ambiziosa, approdando, infine, alla forma mal indirizzata: la devozione per un insetto anziché un figlio.
La fotografia onirica diretta da Peter Suschitzky, in perfetta sintonia con le atmosfere pittoriche desiderate da Garrone (ispirate, in particolare a I Capricci di Goya), restituisce immagini monumentali e mozzafiato, perfettamente integrate in stupefacenti effetti visivi in cui si è preferito relegare ai ritocchi il ricorso alla computer grafica, in favore di ricostruzioni materiali della creature fantastiche. I costumi di Massimo Cantini Parrini, i cui colori si accordano col mood delle ambientazioni geografiche e del clima psicologico, non hanno fatto rimpiangere l’uscita last minute dal progetto di Milena Canonero, mentre le musiche evocative di Alexandre Desplat (premio Oscar per The Grand Budapest Hotel) in cui si fondono in perfetto equilibrio leggerezza e intensità, hanno confermato l’attitudine del compositore per la trasposizione in note del teatro dei sentimenti umani.
Con Il racconto dei racconti, Matteo Garrone ha dimostrato di essere un italiano che ha ancora il coraggio di osare, attitudine che, purtroppo e preoccupantemente, non hanno avuto le banche nostrane, nessuna delle quali è stata disponibile a concedere un finanziamento ad uno dei più grandi cineasti nazionali. Più ambiziose (e lungimiranti) le banche francesi, Paese in cui il regista– ne siamo certi – saprà farsi apprezzare come merita all’imminente Festival di Cannes, nel quale il suo bellissimo esperimento sarà in concorso nella categoria principale. Il racconto dei racconti arriverà nelle sale italiane in circa 400 copie il 14 maggio, distribuito da 01 Distribution; nel cast anche i gemelli Christian e Jonas Lees, Guillame Delaunay e con la partecipazione di Alba Rohrwacher e Massimo Ceccherini.