Il ricatto: recensione del film con Elijah Wood scritto da Damien Chazelle
Un noto pianista torna sulle scene dopo cinque anni dal suo ritiro, ma non sa che, nella serata dedicata al suo ritorno, lo attende una sfida a colpi di note, che lo porterà a sfiorare la morte.
Il ricatto è un thriller elegante dagli echi hitchcockiani, scritto da Damien Chazelle e diretto da Eugenio Mira. Dal magnetico impatto visivo, il film non lascia indifferenti ma forse l’eccessiva linearità e qualche discontinuità ne pregiudicano la possibilità di osare e andare oltre la sua discreta riuscita.
Un pianista nel mirino: la trama de Il ricatto
Tom Selzinick (Elijah Wood), incoraggiato da sua moglie Emma (Kerry Bishé), famosa e amatissima attrice, torna sulle scene dopo cinque anni di silenzio, causati da un concerto non andato nel migliore dei modi. Per questa serata speciale, ad attenderlo ci sarà il prestigioso pianoforte del suo maestro, un prezioso cimelio giunto a Chicago solo per questa sua attesissima performance. Quando però, al tocco della prima nota, si accorge che le sue partiture nascondono messaggi misteriosi che minacciano la vita di lui e sua moglie, Tom si troverà a vivere un doppio testa a testa: con un misterioso cecchino (John Cusack) e con l’ansia di non sbagliare neppure una sola nota per proteggere la vita di sua moglie e la propria.
Il ricatto: un thriller nel segno di Damien Chazelle
Non stupisce leggere che a firmare la scrittura de Il ricatto, la cui fantasiosa e spenta traduzione italiana da Grand Piano nasconde quello che è il possente oggetto del desiderio al centro del film, sia stato scritto da Damien Chazelle. C’è la viscerale passione per musica, il fascino per l’artista e il suo genio, e l’inconfondibile eleganza che ne denota quel suo stile capace di essere il perfetto spartiacque tra un film del passato e del presente.
E chi Chazelle lo conosce bene vedrà che quello stesso sudore, quella spasmodica concentrazione nel tentativo passionale e disperato di dialogare e dominare il pianoforte da parte di Elijah Wood, saranno esattamente un anno dopo le stesse di Miles Teller in Whiplash. Ma alla massima potenza, perché quella è un’altra storia.
Qui maestro e allievo non si incontrano e purtroppo neppure ci viene dato qualche indizio in più sul loro rapporto, che forse avrebbe messo un po’ di carne al fuoco in un thriller che si fregia senz’altro di un’ottima scrittura, ma forse di uno Chazelle dalla maturità ancora acerba e lineare. Da buon cineasta omaggia il maestro Hitchcock inchinandosi all’Uomo che sapeva troppo e al suo macigno cinematografico e orchestrale, ma di quella tensione ne vediamo poca e a sprazzi.
I sali e scendi di un film dalle occasioni mancate, ma che si lascia apprezzare
Ciò che infatti manca a Il ricatto nella sua prima parte, che dovrebbe creare il terreno della suspense, è il voler generare la tensione con il solo scambio di battute tra Tom e il suo cecchino. Sarebbe bastato mescolare e giocare ancora di più con le carte presenti sul tavolo, non poche: una fotografia accattivante, che gioca con i rossi e quasi dall’effetto antico, notevoli inquadrature ampie e anguste del teatro e dell’orchestra che quasi sembrano inghiottire i personaggi, e le musiche di Victor Reyes che cercano di colmare questa giocata sul piatto mancata.
Manca inoltre ciò che avrebbe dato alla vicenda un significato ulteriore, senza fermarsi ad una storia di paure e risentimenti: una maggior cura nella psicologia dei personaggi, che avrebbe dato più spessore anche al Tom dagli occhi di ghiaccio e spauriti di Elijah Wood. Peccato che anche Mira infatti scelga di non osare, mantenendo una regia pulita, lineare e talvolta troppo di maniera.
Il ritmo crescente, andante e in virata verso la fine, però, ci permettono di guardare a Il ricatto come senz’altro un’occasione mancata, ma allo stesso tempo capace di offrirci, pur nei suoi limiti, una storia che si nutre di musica e mistero e per questo apprezzabile.