Bif&st 2023 – Il Ritorno di Casanova: recensione del film di Gabriele Salvatores
Un film onirico nel quale vecchio e giovane duellano senza tregua attraverso una narrazione estetica e drammatica in cui l'intesa è geniale a ogni livello. Il ritorno di Casanova, presentato al Bif&st, è al cinema dal 30 marzo 2023.
In Il Ritorno di Casanova la crisi allaga le pareti e i pavimenti dell’essere. Un film che si incastra dentro un altro film; un artista che si cala nella pelle di un altro, che a sua volta si immedesima in un personaggio storico-letterario. E poi donne, che guardano, comandano, servono a prevenire la vecchiaia.
Gabriele Salvatores prende le mosse dall’omonimo romanzo di Arthur Schnitzler per confezionare un film onirico nel quale vecchio e giovane duellano senza tregua attraverso una narrazione estetica e drammatica in cui l’intesa è geniale a ogni livello. Il risultato finale è un elegante, folle, introspettivo e affascinante romanzo per immagini che parte da una pseudo crisi artistica per condurci al dramma dell’essere, trafitto e dissanguato dalle considerazioni sul tempo e sull’amore.
L’autore premio Oscar sfrutta tutte le pieghe dell’essere di Toni Servillo, adeguando sulla pelle, sulle espressioni e sulla grandezza dell’attore la maschera del protagonista Leo Bernardi: un regista insofferente e famosissimo che decide di fare un film su Casanova, senza tuttavia riuscire mai ad andare avanti, manovrato da un’indole inconcludente e da una quasi malsana ossessione per la tecnologia, la quale funge da trampolino di lancio per una rappresentazione futuristica attraente quanto spaventevolmente fantastica, portavoce di una riflessione sulla nostra incapacità umana di autosufficienza.
Il Ritorno di Casanova e la rappresentazione estetica di finzione e realtà
Perché Leo non si basta quanto dovrebbe e vive nella terra infertile della procrastinazione. Si ciba di una routine pragmaticamente perfetta e tuttavia irrimediabilmente irrisolta che sembra godere del senso di infinito solo nell’attimo in cui riesce a staccarsi dalla vita vera, rintanandosi nella finzione cinematografica.
Un paragone che fotograficamente parlando oscilla dal bianco e nero ai colori; in tal misura la fotografia di Italo Petriccione crea un istmo significativo di relazioni per cui la quotidianità del protagonista si immette nella fiumana dell’indefinito: il bianco e nero ci comunica l’idea di un film classico e quindi incastrato in un tempo etereo e intoccabile ma nello stesso momento, anche per l’abuso tecnologico e la definizione disarmante, sa trasferirci nel futuro. Ed è un futuro raffinato, disordinatamente accattivante, in cui persino l’occhio della spettatore sembra vestire la lente speciale dello straniamento capace di sfocare i contorni per soffermarsi solo laddove occorre.
Salvatores dissemina il suo film con diapositive immerse nell’infinito, momenti che si tramutano in ricordi nell’attimo stesso in cui vengono emessi: le foto di Leo immortalato mentre esce per strada in vestaglia, l’incontro con Silvia calato in un campo sconfinato, le scene d’amore nella doccia carica di vapore, la caduta dal tapis roulant sono solo alcune delle scene cardine di una narrazione che si sofferma a esaminare la vita che scorre, bloccandola per tentare di fregare il tempo.
Il Ritorno di Casanova: analisi di una certa idea di futuro
Leo, dal canto suo, cerca di ingannarlo innamorandosi di una ragazza molto più giovane di lui (Silvia, interpretata da Sara Serraiocco), ma la sua debolezza di uomo sessantenne continua a corroderlo dall’interno, palesandosi nell’incapacità di legarsi davvero a lei: l’idea di un figlio, immediatamente traducibile con l’idea di futuro, lo spaventa. Perché il futuro è un buco nero, una prospettiva insondabile che si assottiglia per via dell’età ma si dilata proprio nel tempo interminabile che intercorre tra l’inizio e la fine delle riprese. Non è dunque un caso se il film che sta girando, in cui il suo Casanova in piena fase decadente è interpretato da Fabrizio Bentivoglio, riporti sul grande schermo tutta la sfavillante modernità dei colori. Lo fa non per svecchiare l’immagine di Giacomo Casanova bensì per ridicolizzarne ulteriormente l’aspetto: l’acconciatura, le gote rosse, le rughe che solcano il volto sono espressione della decadenza a cui il libertino per eccellenza si è ormai irreparabilmente affacciato. Lui, che è in parte il doppio di Leo Bernardi.
Il doppio nel film di Gabriele Salvatores
I personaggi di Fabrizio Bentivoglio e Toni Servillo comunicano in un incastro di specchi complesso in cui tentano di rintracciarsi vicendevolmente senza tuttavia incontrarsi mai. Entrambi non si riconoscono più: la senilità del corpo e dello spirito diventa ossessione e se il primo reagisce con la volontà di possedere il corpo della giovane e bella Marcolina (Bianca Panconi), il secondo cade nel tranello di una tentazione che gli stravolge lo spirito.
In apparenza, è come se Leo e Casanova si stessero avvinghiando a due giovani corpi di donna per liberarsi dalle sabbie mobili del tempo. In realtà il mistero del doppio che aleggia nell’opera di Gabriele Salvatores qui si infittisce intraprendendo molteplici significati e a setacciarlo non sono i due protagonisti (rispettivamente, del film di Salvatores e del “film nel film” di Leo Bernardi) bensì i personaggi che gli satellitano attorno.
L’immagine dell’avanzare dell’età, per esempio, viene intesa da Casanova con tutta la sua carica negativa di declino, ma a sottolineare la repulsione di un corpo non più giovane e prestante è lo sguardo inorridito di Marcolina.
Di rimando, l’età in Leo Bernardi diviene cifra di sapienza e charme per la naturalezza con cui Silvia lo ama e lo attrae a sé: la contadina di Sara Serraiocco si butta a precipizio in una storia d’amore che potrebbe non avere futuro e in tal maniera è come se riscattasse il genio del regista forte, dal canto suo, di avere “tutto il tempo per innamorarsi ancora”.
Il duello tra vecchi e giovani
Vecchio e giovane duellano su più piani ne Il ritorno di Casanova, persino in una scena emblematica in cui il tenente Lorenzi (Angelo Di Genio) combatte completamente nudo contro un altrettanto svestito Giacomo Casanova. In questo frangente la macchina da presa umilia letteralmente il meno giovane dei due, salvo poi premiarlo nell’atto decisivo. È pressoché lo stesso per Leo Bernardi, che invece soffre del confronto intellettuale con la nuova generazione di registi vedendo nel giovane Lorenzo Marino (Marco Bonadei), nonostante l’ammirazione di quest’ultimo, il suo acerrimo rivale, incarnazione di un’energia nuova e destinata a soppiantare il passato. Lo sguardo sinistro di Servillo, che guarda l’aitante collega da dietro gli occhiali mentre calca il red carpet veneziano, è un flebile guanto di sfida. A differenza del personaggio storico-letterario incarnato da Bentivoglio, il quale riesce a vincere poiché è pur sempre Casanova, Leo alla fine non ottiene nessun premio: prova schiacciante che il sistema ha preferito dare spazio ai giovani piuttosto che ai vecchi, in un gioco delle parti necessario e naturale in cui, finalmente, ci si sofferma a guardare l’alba, abbracciando una ragazza che fuoriesce dall’acqua del mare come una sirena, il pancione appena accennato sotto il vestito elegante. Direbbe Pascoli (da Il gelsomino notturno): “non so che felicità nuova”.
Nella sceneggiatura scritta dallo stesso Salvatores insieme a Umberto Contarello e Sara Mosetti si intesse a doppio filo anche e soprattutto un’analisi totale della settima arte. Il duello si cala praticamente nella relazione che intercorre tra il mondo della stampa, che vive curiosando circa la vita e le opere degli artisti, e il mondo di chi il cinema lo costruisce (registi e attori), nonché sulle lotte intestine che si innescano in quello stesso ambiente, di cui personaggi come quelli di Antonio Catania (il produttore Alberto) e Natalino Balasso (il montatore Gianni) ne sono in parte i rappresentanti. Così facendo Il ritorno di Casanova sfodera il suo lato più ironico e personale e ci porta a guardarci da fuori per esaminarci anche un po’ dentro.
Se i dialoghi circoscrivono la mania di esistere, la musica ricalca la smania di sentirsi vivi anche e soprattutto grazie a una soundtrack a tratti surreale in cui si incastonano brani come Parsley, Sage, Rosemary and Thyme di Simon & Garfunkel o Whatever Will Be, Will Be (Que sera, sera) di Doris Day, perfettamente coadiuvati dall’intero comparto sonoro, firmato da Gilberto Martinelli (suono in presa diretta), Gianni Pallotto (fonico di mix), Antonio Tirinelli e Sergio Basili (effetti sonori) e Andrea Caretti (montaggio del suono).
Il Ritorno di Casanova: valutazione e conclusione
In conclusione possiamo dire che Il ritorno di Casanova è uno dei migliori film di Gabriele Salvatores, certamente il più personale. Una lettera d’amore più verso se stesso che verso il cinema, poiché in fondo la vera bellezza non è nella rappresentazione della vita quanto nella vita stessa: stropicciata, imprevedibile, soggetta alla fine. Con l’arte possiamo giocare a nascondino e fingere di avere il sopravvento sul tempo, ma gli anni passano e c’è solo un modo per fregarli davvero: spegnere le luci e i colori sfavillanti della riproducibilità tecnica e amare, farsi male, accettare persino le rughe che solcano il viso, amabilmente.
Il film è prodotto da Indiana Production con Rai Cinema, Ba.Be Productions ed EDI Effetti Digitali Italiani ed è al cinema dal 30 marzo 2023 con 01 Distribution (dopo essere stato presentato al Bif&st). Si avvale altresì della maestria di Luigi Ciminelli e Fabrizio Nanni (trucco e acconciature), Julien Panzarasa (montaggio), Rita Rabassini (scenografia), Patrizia Chiericoni (costumi), Francesca Polic Grego (aiuto regia), Francesco Vedovati (casting) e della presenza nel cast, oltre ai già citati, di Alessandro Besentini, Elio De Capitani, Sara Bertelà, Francesco Villa, Walter Leonardi.