Venezia 78 – Il silenzio grande: recensione del film di Alessandro Gassman
Il nuovo film di Alessandro Gassman, tratto da una piece teatrale di Maurizio De Giovanni, viene presentato alla 78ma Mostra del Cinema di Venezia.
Una casa, una famiglia, un segreto. Condensati in pochi scorci che fungono da summa della narrazione de Il silenzio grande, il nuovo film diretto e con Alessandro Gassman, presentato al 78° Festival di Venezia e in uscita in tutte le sale italiane il 16 settembre 2021, distribuito da Vision Distribution. Il film è tratto da una piece teatrale di Maurizio De Giovanni, autore anche della sceneggiatura del film insieme a Gassman e ad Andrea Ozza. Lo stesso Gassman aveva adattato la regia del testo teatrale di De Giovanni, in cui aveva affidato il ruolo di protagonista a Massimiliano Gallo, che nel film recita a fianco di Marina Confalone, Margherita Buy, Antonia Fotaras e Emanuele Linfatti.
Una famiglia atipica nel film di Alessandro Gassman, Il silenzio grande
La vicenda è ambientata negli anni Sessanta e si concentra sui Primic, agiata famiglia napoletana: Valerio è un noto scrittore di romanzi, riconosciuto a livello nazionale. Nel presente filmico la famiglia è però condannata al decadimento per problemi economici. Rose, la padrona di casa, decide di vendere la lussuosa residenza per ovviare ai debiti e alle ristrettezze, scontrandosi con il marito, che vorrebbe rimanere in quella villa, simbolo del buon nome dei Primic. L’intera narrazione verte dunque sui ricordi e le confessioni dei membri della famiglia, da Rose stessa ai figli Massimiliano e Adele, che si aprono per la prima volta con il protagonista, accusato dalla domestica Bettina di non riuscire mai ad ascoltare gli altri.
Il silenzio grande è un film vedutista, con l’intento di mostrare uno scorcio domestico della vita familiare atipica: Valerio è uno scrittore ortodosso, che non intende “vendere” la sua arte letteraria al cinema o alla televisione pur di guadagnare qualcosa, è attaccato materialmente ai libri e ai ricordi dentro il suo studio. Al contrario, Rose è pragmatica nei confronti della stabilità economica della famiglia rappresentata dai soldi e dunque dal valore della casa stessa. Sebbene nel film possano sembrare agli antipodi, i due coniugi sono molto simili spiritualmente e psicologicamente, perché antepongono il benessere materiale al valore rappresentato dal vincolo familiare, dai legami e dalla comprensione, cosa che invece i figli Massimiliano e Adele sembrano possedere.
Scorci domestici
Le inquadrature ampie che aprono il film, la veduta d’insieme dello studio di Valerio portano ad una fusione del soggetto umano nella scenografia, che mostra fin da subito una componente fondamentale dell’intera pellicola: il luogo in cui si svolge l’intera azione filmica è Villa Primic, le figure umane che si muovono all’interno di essa sono come delle figure fantasmatiche che racchiudono al loro interno delle metafore di vita, più che dei personaggi in carne ed ossa.
La composizione fotografica è affascinante e meditata, il montaggio pacato caratterizzato dalla scelta di utilizzare molte inquadrature statiche, che si impongono per la loro pregnanza fotografica in cui la composizione è ben bilanciata tra soggetto e ambiente.
Il silenzio grande è stato impostato come un viaggio metaforico del protagonista alla scoperta di quello che si cela nelle trame dei silenzi della vita familiare: il velo di omertà che continua ad aleggiare tra i componenti della sua famiglia deve essere scoperto, in un connubio metanarrativo che fa del protagonista Valerio l’alter ego dello spettatore. Accusato di non riuscire a comprendere i sentimenti dei figli e della moglie e di tacere ogni volta davanti alle loro problematiche, lo scrittore intende una volta per tutte, supportato dalla fidata domestica Bettina, di cercare di risolvere i drammi legati alla sua famiglia. Il realismo drammatico mescolato alla comicità di Massimiliano Gallo si trasforma in una storia che può quasi assomigliare ad una commedia familiare da saga letteraria: conflitti, segreti, intrighi tra parenti, questi elementi rendono il film un piccolo spaccato quotidiano riconducibile a questa impostazione da novella.
Quello che viene racchiuso nelle mura domestiche non può sconfinare oltre esse, così come i suoi personaggi, relegati all’interno di una struttura fatiscente, polverosa e in pessime condizioni, specchio di una famiglia in frantumi. Ma proprio questa casa, che per il protagonista rappresenta il legame, il vincolo che in qualche modo unisce ancora quella famiglia in pezzi, si dimostrerà essere solo una scusa per tenere insieme quello che effettivamente deve essere lasciato. La casa non può sostituire o rappresentare la famiglia, è semplicemente il luogo dell’azione, di aggregazione, di ricordi che devono essere scardinati dal luogo fisico per rimanere ancorati nel cuore.
Il silenzio grande: commedia napoletana o dramma all’italiana?
Il valore attoriale è molto alto: Massimilano Gallo, Margherita Buy e Marina Confalone riescono a sconfinare dal dramma alla comicità meditata in modo naturale, rendendo il film fatto dagli attori più che con gli attori. Sono loro che raccontano la storia allo spettatore, che fanno scoprire i segreti che celano dentro al loro animo e che portano avanti la narrazione mostrando attraverso i loro gesti e movimenti la realtà filmica, la cruda verità che era stata celata dal velo della soggettiva di Valerio.
Alla fine del film, infatti, si dimostra come tutto quello che era stato mostrato precedentemente fosse in realtà filtrato da una visione limitata e limitante che occultava la reale essenza della narrazione. Il mescolamento tra sogno e realtà che permea tutto il film si mostra prepotentemente come il frutto di sogni lucidi di un’essere in attesa di scoprire chi è realmente: Valerio è incompleto, e comprenderà solo alla fine chi sia in realtà, riuscendo al contempo a capire i sentimenti e i comportamenti dei suoi familiari, accettandoli e mostrando loro come l’amore possa sconfinare qualsiasi barriera, fisica o metafisica.