Il vegetale: recensione del film con Fabio Rovazzi
Gennaro Nunziante torna a scrivere e dirigere: la sua nuova commedia è Il Vegetale, storia di precarietà e giovani, con protagonista il fenomeno del web Fabio Rovazzi.
Gennaro Nunziante torna alla scrittura e alla macchina da presa con Il Vegetale. Lasciati alle spalle gli incredibili successi dei quattro film realizzati assieme alla collaborazione fruttuosa con Checco Zalone – che hanno condotto ad un’affluenza di pubblico ingente, sollecitato dal recarsi spensieratamente in sala – il regista pugliese ha abbandonato l’ignoranza sbandierata del personaggio connazionale per aprirsi ad un nuovo tipo di racconto.
Il vegetale (qui il trailer del film) che lo riporta al cinema, storia di precarietà giovanile il cui volto del protagonista corrisponde al fenomeno del web Fabio Rovazzi, ben poco noto per le sue doti recitative, ma conosciuto a livello italiano per la produzione improbabile e ironica dei suoi brani musicali. Da uno studio di registrazione ad un set cinematografico, il ragazzo milanese è il cuore di una commedia in bilico come il futuro della generazione di cui vuole farsi specchio, dalla morale esageratamente sottolineata, ma in perfetta linea con la natura che la vede legata alla produzione e distribuzione Disney.
Il vegetale – La fatica viene ripagata. A volte.
È difficile la vita per un giovane laureato. Esperto di comunicazione, dalla volontà ferrea e l’onestà incontrastabile, Fabio (Fabio Rovazzi) è disposto a muoversi in qualsiasi campo lavorativo pur di non ritrovarsi disoccupato. E proprio quando alla sua famiglia si prospetterà un momento di forte crisi, al ragazzo sarà offerto uno stage il quale lo metterà in contatto con il paese e la natura, lontano dalle convenzioni della città e che gli permetterà di approfondire il legame inesistente con la sorella minore Nives (Rosy Franzese), nonché all’aprirsi di nuove conoscenze.
È una favola a lieto fine quella che Gennaro Nunziante ha voluto narrare. Piena di buoni propositi, di ferreo inseguimento della sincerità, di un’incorruttibilità che non riesce a scalfire il più integro degli animi. Un riportare le difficoltà di un tempo contemporaneo in cui ai laureati non è permesso di affermarsi nel proprio campo, dove non gli è concesso nemmeno lontanamente di sfiorarlo. Ma la fatica viene sempre ripagata, in modi che a volte non è possibile neanche immaginare.
Un messaggio che farebbe del genuino la sua battaglia, se l’inverosimile e quanto mai marcata retorica del tornare alle mansioni umili non inglobasse al suo interno tutto l’insieme de Il vegetale. Commedia che è critica al lavoro, ma anche realizzazione di se stessi e bandiera della lealtà, il film pecca lì dove Gennaro Nunziante aveva trovato con Zalone il punto di forza dei suoi prodotti: i luoghi comuni di un Paese e delle sue persone non sono più materiale su cui poter costruire la risata, ma diventano le debolezze di una sceneggiatura incapace di convincere pienamente.
Il vegetale – Fabio Rovazzi ne esce indenne, ma il fenomeno resta Zalone
Dall’incessante voice over che, veramente troppo presente, accompagnava lo scorrere degli eventi elencandone anche il più piccolo dei gesti o dei pensieri, Il vegetale non permette al pubblico di lasciarsi andare al medesimo carico di liberazione dato dall’ilarità becera eppure efficace dei precedenti film del regista, pur concedendo un sorriso sul volto che rimane leggero e costantemente invariato. E se, con le commedie passate di Nunziante, era l’identità unica del personaggio a muovere l’edificazione di un film che risultasse così funzionale alla personalità del suddetto, quello di Fabio Rovazzi è un protagonista come tanti altri in una narrazione che è come tante altre, e intorno a cui il lavoro di fidelizzazione del pubblico risulterebbe più complicata, se non addirittura inconcludente.
Nonostante il suo personaggio anonimo e i pregiudizi attorno alla scelta che lo ha visto attore, l’inesperto Rovazzi riesce ad uscire quasi indenne dalla prestazione recitativa offerta, non certo eccelsa o degna di particolari complimenti, ma comunque in grado di tenere in equilibrio una tenerezza per il suo Fabio, che si colloca tra elementi i quali variano da positivi a negativi.
Il vegetale tenta di riportare la realtà di una gioventù toccandone alcuni punti e scivolando rovinosamente su altri. Un film che non saprà trasformarsi in evento, ma lascia piuttosto che si continui a parlare del caso Checco Zalone e delle canzoni di Fabio Rovazzi.