Il visionario mondo di Louis Wain: recensione del film con Benedict Cumberbatch
Un film pittorico che gioca con la mente del suo protagonista, con i suoi pensieri, i suoi ricordi.
Amore, gatti e elettricità. Disegni, artisti e dolore. Si intrecciano queste forze in Il visionario mondo di Louis Wain, il biopic – arrivato su Amazon Prime Video il 5 novembre 2021 – diretto da Will Sharpe che ripercorre la vita e la carriera di Louis Wain. Il film racconta la storia dell’illustratore (1860-1939), noto per i suoi disegni di gatti antropomorfi, artista molto popolare in vita, non ha potuto mai guadagnarsi da vivere con le illustrazioni, sia perché non aveva senso degli affari, sia perché ha dovuto mantenere la madre e cinque sorelle e per il suo stato mentale fragile.
Il visionario mondo di Louis Wain: un biopic che racconta d’amore
Louis, interpretato dal sempre bravo Benedict Cumberbatch, capace di incarnare alla perfezione l’indole vulnerabile dell’uomo nato in un sobborgo di Londra nel 1860, è un artista, è un visionario, è un disegnatore puro e “elettrico” che guarda la realtà, attraverso i suoi occhi, e poi la rappresenta. La sua esistenza, unico figlio maschio, anticonformista, lontano da cliché e etichette, cambia quando muore il padre e, irrimediabilmente, è costretto ad assumersi la responsabilità della sua numerosa famiglia, composta dalla madre e dalle sorelle. Proprio per la sua indole libera, Louis si innamora e sposa l’istitutrice delle sorelle, Emily Richardson (Claire Foy), con lei ha una storia appassionata e romantica, lontana anch’essa, come lui, dalle convenzioni e dagli schemi sociali. La loro felicità è messa a dura prova dalla malattia di Emily che morirà pochi anni dopo a causa di un tumore.
Emily: “Non dimenticare che il mondo è pieno di bellezza. Tu sei un prisma sul quale si infrange il raggio della vita”
Louis: “Hai reso tutto migliore. Tu rendi il mondo bellissimo, e caldo e gentile. Volevo solo dirti grazie, prima che sia troppo tardi.”
Emily: “Io non rendo il mondo bellissimo. Il mondo è bellissimo. Mi hai aiutato tu a vederlo“
I due non hanno figli ma hanno un gatto, Peter, un micio bianco e nero che diventa centrale nella sua opera, per lui è conforto, carezza sincera nel momento in cui perde la moglie. I gatti, proprio come lui, sono diversi, messi da parte, emarginati addirittura, erano stati trattati alla pari di divinità ma poi guardati con paura; proprio Wain, con la sua mano veloce, con il suo sguardo speciale, ha dato loro un posto nel mondo: il gatto diventa animale da compagnia.
Distrutto dal dolore per la morte della moglie, diviso da un’insaziabile e quasi infantile ossessione per l’elettricità – talmente importante che in originale il film si intitola The Electrical Life of Louis Wain -, si lascia andare al suo talento, il disegno, e al suo primo amore, i felini. Louis Wain costruisce la sua fortuna proprio su quelle code lunghe, quei baffi e quelle orecchie. Le immagini del Louis Wain Cat, un micio antropomorfizzato che fa dispetti, affollano le riviste popolari, le sue opere d’arte diventano termometro della storia sociale del periodo e l’opinione pubblica se ne innamora.
Una vita tra arte, gatti e sofferenze
Lo scrittore H. G. Wells: “Ha fatto proprio il gatto. Ha inventato uno stile felino, una società felina, un intero mondo di gatti. I gatti inglesi che non prendono esempio e non vivono come quelli di Louis Wain si vergognano di sé stessi”
Nel biopic il rapporto tra Wain e i gatti è fondamentale, li sceglie come soggetti perché metafora di lui stesso. Con loro ha una sorta di affinità elettiva, c’è una comunanza di anime simili, anche Louis, come i gatti, è un emarginato. Lungo il film emerge la necessità che il pittore ha di ritrovarsi, di vedere il bello del mondo e lo fa attraverso la sua Emily e i suoi gatti, di sentirsi capito e accettato perché nel gesto artistico lui partecipa al mondo. Viene preso da una specie di elettricità, uno slancio vitale, il modo per fuggire dall’esistenza faticosa, dai dolori, dalle tragedie che gli toccano in sorte, e solo così può vivere. Come accade spesso agli artisti l’estro nasce proprio dalla vita difficile che lo inchioda e lo mette in contatto con la parte più fragile di sé, lo strazio per la morte di Emily ad esempio lo porta a disegnare ancor meglio di prima. Una fragilità che ha qualcosa di genetico e da cui sembra impossibile scappare, la stessa che ha sua sorella Marie (Hayley Squires). Il disagio mentale è elemento importante, monta assieme al protagonista, narrato con delicatezza anche nei momenti più difficili, e costruisce l’immagine di un uomo sofferente – pensiamo al viaggio in nave durante il quale pensa di star naufragando e si dispera, urla, chiama mamma e papà in aiuto -, profondamente umano che pensa e ripensa alla sua vita, alle sue gioie, e se in parte l’arte lo salva, c’è una parte di lui che non può essere salvata. Alla fine viene internato con una diagnosi di presunta schizofrenia, nel film vediamo Louis invecchiato, solo, senza i suoi gatti, perso perché per tutta la vita ha guardato, osservato, cercato ispirazione dalla bellezza del mondo.
A poco a poco, privato di molte figure fondamentali della sua vita, la sua mente si straccia di fronte allo sguardo dello spettatore, il suo corpo si accartoccia mentre tutto accanto a lui cade. Per non perdersi colora, disegna e il mondo inizia a conoscerlo per l’artista che è, ad amare i suoi gatti tanto quanto li ama lui.
Il visionario mondo di Louis Wain: un’opera intensa nonostante la costruzione, a tratti fin troppo classica
Il visionario mondo di Louis Wain è un film pittorico che gioca con la mente del suo protagonista, con i suoi pensieri, i suoi ricordi, un’opera profonda e intensa che però soffre, a tratti, una struttura fin troppo classica in contrasto con l’animo speciale, particolare, visionario, appunto, del protagonista. Grazie ad una meravigliosa ricostruzione storica e ad un cast che interpreta molto bene il proprio ruolo lo spettatore riesce ad entrare nell’universo di Wain, a perdersi nel suo sguardo e tra i suoi gatti.
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