I’m Your Woman: recensione del film su Amazon Prime Video
Rachel Brosnahan interpreta una donna alla ricerca, inaspettata, della propria forza nel crime drama diretto da Julia Hart
Ha praticamente incantato tutto il mondo, aggiudicandosi anche un Emmy, nel ruolo della protagonista in La fantastica signora Maisel: ora Rachel Brosnahan torna a stupire gli spettatori in tutt’altra veste per il film I’m Your Woman, disponibile dall’11 dicembre su Amazon Prime Video. Nel crime drama diretto da Julia Hart (Fast Color, Miss Stevens), che firma anche la sceneggiatura assieme al marito Jordan Horowitz, la Brosnahan sorregge sulle sue spalle una storia di metamorfosi, tardiva certo, ma proprio per questo sperata.
Protagonista di I’m Your Woman, ambientato negli Anni ’70, è Jean, bella moglie di Eddie (Bill Heck), criminale “di pregio” anche se dal business non meglio precisato. Jean incarna perfettamente la donna al fianco dell’uomo malavitoso che tanto cinema ci ha offerto: non soggetto ma oggetto di sguardi e decisioni del partner maschile, del quale si limita a essere silenzioso “contorno”. La voce, Jean, non la alza neanche quando il marito le porta a casa un bebè, senza scomodarsi troppo di spiegarle come, perché e di chi. Jean accetta, passivamente, anche il ruolo di madre che le viene così imposto. Ma improvvisamente Eddie scompare, a casa di Jean piomba Cal (Arinzé Kene) che porta via lei e il bambino, aiutandoli a nascondersi perché ora in pericolo. Anche Teri (Marsha Stephanie Blake), moglie di Cal, partecipa a questa missione di salvataggio. Di tutto ciò che le accade, e del perché, Jean è all’oscuro, così come è sempre stata ignara delle reali attività di suo marito. Ma il momento di svegliarsi è ormai arrivato, così come di prendere in mano, finalmente, la propria vita.
I’m Your Woman: un thriller alla scoperta della propria forza
L’importanza di essere consapevoli di chi si è davvero e delle proprie capacità è il punto di arrivo alla fine del viaggio di Jean. Un viaggio di metamorfosi che Julia Hart racconta con un film dalle tinte noir e dalle tematiche sociali che, oggi più che mai, richiedono riflessione. Crescere e acquisire conoscenza del proprio io è un’evoluzione che ogni individuo sano dovrebbe poter compiere: in I’m Your Woman, la protagonista sembra bloccata, in perenne stasi, come se avesse perso di vista il cammino che davanti a lei aspetta di essere percorso. La condizione di moglie totalmente asservita al suo uomo ha ormai tarpato le ali della sua individualità, facendola piombare in una specie di catalessi emotiva.
Sebbene il percorso per rinascere sia alla fine compiuto, i passi di Jean lungo il cammino non sono però mai condotti per volontà propria: la donna non sceglie praticamente nulla della sua vita, anche quando lo strappo da Eddie arriva violento e improvviso. Non decide lei dove nascondersi, né come vestirsi, né chi poter frequentare. Più di tutto, risalta il suo desiderio anestetizzato di comprendere il perché della situazione in cui si trova. Troppo abituata a disinteressarsi di tutto, le sue richieste di capire, quando arrivano, restano inascoltate o parzialmente soddisfatte.
Una pellicola “a metà” sorretta da un ottimo cast
Al polo opposto emerge l’altra figura femminile, Teri: anche lei moglie di un esponente della criminalità, ma a differenza di Jean è donna consapevole, decisa, attiva, compagna e non semplice compagnia del proprio uomo. Se Jean può dire a suo marito “I’m Your Woman”, Teri può invece esclamare “I’m My Own Woman”, in una presa di posizione che per la protagonista può apparire inizialmente solo come un miraggio. La maternità, inattesa e regalata, funge da spinta per raggiungerlo.
Le curate ambientazioni e, soprattutto, i costumi della pellicola trasportano lo spettatore al centro degli Anni ’70. La sceneggiatura di Hart e Horowitz oscilla tra il voler immergersi in una dimensione fosca da thriller e il desiderio di dipingere una storia di rivalsa femminile. Ed è così che I’m Your Woman resta appeso un po’ a metà, traendo però forza dalle performance di un cast che non mostra punti deboli, anzi. Rachel Brosnahan, su tutti, torna a confermare, se fosse ancora necessario, la sua luminosa capacità attoriale, in grado di dar luce persino a un personaggio “spento” (in sé stesso) come quello di Jean, una donna che, dopo anni di silenzio, riesce finalmente a trovare la propria voce.