TSFF 2019 – In the Trap: recensione del film di Alessio Liguori
La recensione di In the Trap, il film di Alessio Liguori. Un horror psicologico ansiogeno e claustrale vestito da kammerspiel.
In attesa dell’uscita nelle sale con Zenit Distribution il prossimo 23 gennaio, In the Trap ha testato il polso del pubblico italiano con una prima apparizione in madre patria al 19° Trieste Science+Fiction Festival, laddove la pellicola di Alessio Liguori è entrata dalla porta principale nel concorso della sezione Méliès D’Argent Competition. Un battesimo per quanto ci riguarda più che positivo per un’opera seconda che può contare su un respiro internazionale dato dalla scelta di girare in lingua inglese, con un cast dove tra gli altri figurano attori stranieri come David Bailie e Jamie Paul, quest’ultimo calatosi con intensità e forza in un ruolo tutt’altro che semplice e dal quale pendeva l’ago della bilancia.
In the Trap: uno script che ruota e si alimenta dalla one-line del personaggio principale
La riuscita oppure no del film, infatti, era legata in gran parte alla sua performance e al lavoro dietro la macchina da presa del cineasta di Formia. Dall’impegno su entrambi i fronti dipendeva dunque il destino di un progetto assai scivoloso e pericoloso se affidato a mani inesperte. Fortuna è capitato in quelle di un regista che ha dimostrato di conoscere le potenzialità dell’hardware, messe poi a disposizione della confezione e della direzione attoriale. In tal senso, Liguori ha preso in consegna uno script che ruota e si alimenta dalla one-line del personaggio principale, che rappresenta a tutti gli effetti la colonna vertebrale dell’impianto drammaturgico e narrativo. Racconto generale e percorso individuale vanno quindi di pari passo scorrendo in maniera sinergica, in una progressione che vuole la prima dipendere dalla seconda e viceversa in uno scambio continuo. Di conseguenza, l’effetto domino era dietro l’angolo pronto a fare crollare l’intera architettura.
In the Trap: storia di un uomo di prigioniero di se stesso e delle mura domestiche
Ecco perché In the Trap ha il proprio baricentro e cuore pulsante nel cammino del protagonista, determinante ai fini di un plot che disegna il cammino accidentato di Philip, un giovane correttore di bozze prigioniero da due anni di se stesso e del suo appartamento: un luogo labirintico che si è creato per proteggersi da una presenza malvagia e sconosciuta che lo perseguita ogni notte, cercando di entrare. Sono parecchie le notti insonni che ha passato a proteggere il suo “habitat” ma, nonostante tutti gli sforzi, fenomeni inesplicabili e terrificanti continuano ad accadere, obbligandolo a restare rinchiuso nel suo rifugio. L’unico contatto che ha con l’esterno è Padre Andrew, un prete che gli fa regolarmente visita. I giorni di Philip passano tutti uguali finché una notte, per la prima volta, si addormenta nel momento sbagliato: qualcosa di oscuro è finalmente in grado di entrare…
In the Trap: un horror psicologico ansiogeno e claustrale vestito da kammerspiel
Sinossi alla mano è ancora più chiara l’importanza della costruzione del personaggio, la cui odissea umana si consuma in primis nella sua mente e poi tra le quattro mura di una casa che ne diventa il riflesso e l’emanazione distorta. Qui prendono forma demoni, paure, fobie e sensi di colpa che si materializzano sotto spoglie demoniache multiforme. Il risultato è un horror psicologico ansiogeno e claustrale vestito da kammerspiel, dove al classico home invasion con tanto di sindrome di accerchiamento si affianca un valzer di possessioni, forze oscure ed entità ectoplasmatiche che mutano pelle e identità di genere a un film dove il reale si confonde con l’immaginifico senza soluzione di continuità. Il che genera una narrazione cronologicamente stratificata che palleggia senza sosta tra ciò che è vero, ciò che non lo è e ciò che potrebbe esserlo. L’intera scrittura si basa proprio su tale stratificazione che ha come obiettivo primario quello di rompere la bussola e fare perdere l’orientamento allo spettatore, catapultato a sua volta in un gioco di specchi rotti che restituiscono l’immagine distorta e alterata del vero.
In the Trap: showdown pronosticabile ma capace di tenere alta la suspence
Liguori e Paul, da dietro e da davanti la cinepresa, si dimostrano all’altezza della situazione dando credibilità alla messa in scena. Questa non crolla mai a differenza di molte operazioni analoghe made in Italy e non solo, conservandosi intatta sino a uno showdown che, anche se ampiamente pronosticabile sul piano mistery, riesce comunque a tenere alta la temperatura della suspence servendosi dell’elemento splatter e del fattore shocker anche nei passaggi più a rischio come la scena dell’esorcismo di Catherine o nell’incipit che vede Philip adolescente alle prese con le prime avvisaglie del maligno. Il tutto anche grazie al supporto tecnico di Luca Santagostino e Jacopo Reale, rispettivamente alla fotografia e al montaggio, oltre che al contributo alla causa del sonoro e della colonna sonora che amplificano il lavoro di messa in quadro.
Scritto da Daniele Cosci e realizzato in larga parte nella scenografia ricostruita all’interno degli studi della Latina Film Commission, In The Trap, è una pellicola prodotta da Dreamworldmovies e Mad Rocket Entertainment.