Inganni online: recensione del film con Whoopi Goldberg
L’ennesima american romantic comedy da dimenticare, condita con uno humour politicamente scorretto e persistentemente sboccato di bassa lega. Per chi vuole farsi del male, l’appuntamento è su Netflix.
In origine avrebbe dovuto chiamarsi The List, ma alla fine a spuntarla è stato Nobody’s Fool (in italiano Inganni online), il titolo con cui il film scritto e diretto da Tyler Perry uscì senza infamia e senza lode nelle sale statunitensi nel novembre del 2018. A meno di due anni di distanza, sulla scia di recensioni poco incoraggianti, la pellicola del cineasta americano è approdata su Netflix in cerca di qualche consenso e per provare ad allietare gli abbonati della piattaforma. Del resto, i gusti si sa sono soggettivi, ma difficilmente un prodotto audiovisivo come questo non mette tutti d’accordo sulla sua mediocrità. Questo perché, indipendentemente dal nome di battessimo presente sulla carta d’identità del progetto, lo “show” offerto allo spettatore di turno era e resta pessimo. Normalmente il vino invecchiando migliora, mentre al cinema è tutta un’altra cosa, con film come questo che continua ad avere un sapore sgradevolissimo sapore di tappo.
Inganni online: un’operazione che fallisce su tutti i fronti
In realtà ci sarebbe davvero poco da dire su un’opera che fallisce su tutti i fronti, ma per dovere di cronaca proveremo comunque ad analizzare quanto portato sullo schermo da Perry, che nel frattempo ha proseguito nel suo altalenante cammino artistico tra cinema e serialità. Scorrendo la sua accidentata filmografia per il piccolo e grande schermo non c’è dubbio che Inganni online rappresenti un vistoso passo falso. Sempre attento alla comunità afroamericana, anche in questo caso la storia ha come protagonisti delle personaggi di colore alle prese con una girandola di intrecci sentimentali che ribadiscono ancora una volta l’assenza di un “libretto d’istruzioni” quando si tratta di relazioni amorose e legami familiari. L’autore ci trascina nella vita sentimentalmente e affettivamente turbolenta di Danica (Tika Sumpter), una lavoratrice di successo in una società di marketing a un passo da un’importante promozione, la cui routine viene bruscamente interrotta da una telefonata da sua madre che le annuncia che sua sorella Tanya (Tiffany Haddish) è appena stata rilasciata di prigione.
Da quel momento ha inizio una convivenza forzata che metterà a dura prova entrambe, due personalità agli antipodi (una maniaca del controllo e l’altra ribelle con il vizietto del sesso facile e l’uso frequente di oppiacei) che come da tradizione provocherà non poche scintille. Ma come spesso accade gli opposti di attraggono e si aiutano quando necessario, con l’ex galeotta che aiuterà la sorella a fare luce sull’identità di un misterioso amante virtuale che frequenta da un anno senza avere mai visto. Materiale perfetto per Catfish e infatti ecco venire in soccorso delle protagonisti la coppia Nev e Max, chiamati a smascherare l’uomo che c’è dietro il potenziale inganno online. A complicare le cose il solito terzo incomodo, stavolta in carne e ossa della quale Danica finisce con l’innamorarsi.
Una Whoopi Goldberg usata con il contagocce, al servizio di un’american romantic comedy tutta da dimenticare
Il risultato è l’ennesima american romantic comedy da dimenticare, costruita sul tradizionale triangolo amoroso del lei, lui e l’altro, che chiama in causa anche l’importanza dei legami biologici per superare i momenti difficili. Avventurarsi in un’analisi critica approfondita significherebbe sparare a zero sulla croce rossa, perché di quello messo in piedi da Perry c’è poco e niente da salvare, capace di tenere a galla un film che sprofonda inesorabilmente e senza appello sul fondo, trascinando con sé nella discesa tutto ciò che ha contribuito a dare alla scrittura e alla messa in quadro una qualche parvenza di sostanza. A parte la bella presenza dell’attrice protagonista e le rarissime incursioni della rediviva Whoopi Goldberg, qui colpevolmente usata con il contagocce nel ruolo di una madre piuttosto libertina e fuori dagli schemi, il resto è da dimenticare. Ma i demeriti sono tanti e creano un cortocircuito tale da mandare l’esito in crash.
L’intrattenimento offerto al pubblico è davvero imbarazzante, con il livello generale di humour che tocca i punti più bassi nella scene dell’uscita dal carcere di Tanya, della riparazione della macchina del caffè nel bistrot, dell’incontro con Lawrence (un inguardabile Chris Rock) e dell’appuntamento di Danica con Charlie. Qui, e in gran parte della timeline, la comicità politicamente scorretta e persistentemente sboccata accompagna il fruitore in una visione di quasi due ore di bassissima lega, incapace di strappare sorrisi senza ricorrere a volgarità e doppi sensi.