Intrecci: recensione del cortometraggio di Barbara Massimilla
La più recente creazione filmica dell'Associazione DUN, girata all'interno del Museo Nazionale Romano.
Dopo aver navigato tra diversi festival internazionali, approda allo Sguardi Altrove Film Festival 2023, all’interno del Concorso Cinema Italiano indipendente, Intrecci, il cortometraggio scritto e diretto dalla psicoanalista Barbara Massimilla, realizzato nella meravigliosa cornice della sede del Museo Nazionale Romano di Palazzo Altemps. Sostenuto dalla Fondazione Migrantes, tramite i fondi dell’8×1000 della Chiesa Cattolica, il film è l’ultima realizzazione artistica dell’Associazione DUN Onlus, realtà che offre cure psicologiche gratuite ai migranti e ai rifugiati, con una particolare attenzione verso donne vittime di violenza.
Leggi anche Sguardi Altrove 2023: tutte le novità della 30° edizione
Donne e continenti che si intrecciano all’interno di un museo
Senegal, Bangladesh, Colombia, Cina; 4 donne, 4 etnie, 4 mondi che si intrecciano, al pari delle vesti da loro stesse ricamate, e si mescolano alle meraviglie museali di un luogo esaltato nella sua bellezza. Barsha Debi, Mamy Bintou Sagna, Lei Sofia Jiao e Viviana Anzola Mannino sono le attrici protagoniste di un ritratto che non necessita di dialoghi ma si affida completamente alla potenza dell’immagine e della musica e, solamente nel momento conclusivo, accenna parole confuse, intrecciate, mescolate come il mondo ricreatosi nel cortile di un museo. L’intreccio si fa metafora di un legame che viaggia tra l’onirico e l’autentico, contrapponendo alla staticità di opere d’arte meravigliose, il movimento ritmico di 4 figure che fuoriescono danzanti dalla loro stessa immobilità e che simboleggiano l’indissolubile bisogno di unione che permea la nostra contemporaneità. Stasi e movimento, ritmo e libertà, un pullulare di contrasti, come quello che al candore delle vesti angeliche, e al pallore marmoreo delle sculture, risponde con la variopinta colorazione degli abiti tradizionali indossati a più riprese dalla protagoniste, che volteggiano assieme ad esse sulle note delle musiche di Ismaila Mbaye e Mattia Del Forno.
L’immagine non si placa, continua a ruotare in un vortice di sentimenti che si originano spontaneamente: la voglia di uscire dal torpore violento, dalla sofferenza derivante da un realtà che le protagoniste cercano di evadere, di lasciar alle loro spalle, la ricerca della libertà per mezzo dell’altro, per mezzo della condivisione, la voglia di rinascere, di svegliarsi orgogliose della propria natura. Le donne hanno un volto ma non hanno alcun nome, sono semplici rappresentanti di mondi, di universi geograficamente lontani ma uniti dalla difficoltà, dal dolore; testimonianze afone di un vissuto intessuto sulla propria pelle, che cercano di espellere intessendo, a loro volta, la loro stessa origine, l’incipit di un viaggio che le ha portate lì, al centro di un museo e al centro dell’attenzione, dove tutti possano apprezzare le sfumature del loro essere, dove loro possano farsi forza del loro definirsi donna e del loro esser sfuggite dall’opprimente morsa di un realtà misogina.
Dalle ninfe ad Afrodite, da Barbara Massimilla alle sue interpreti, Intrecci è donna che parla alle donne, ma al contempo persona che parla al mondo, arte che comunica all’umanità. Un corto che si amplifica all’interno di un contesto museale e che, senza aprir bocca, dice molto sull’operato di chi “si prende cura dell’Altro da qualsiasi luogo provenga”. Una fotografia in movimento di vite che si intersecano, di anime che si incontrano e si ritrovano nel sogno, nell’aspettativa di un futuro tinto di colori vivaci, una pellicola che intreccia l’arte all’esistenza, configurando la necessità di mostrarsi solidali e il bisogno di legarsi gli uni agli altri senza fare alcun tipo di distinzione.
Leggi anche Educazione Fisica: recensione del film di Stefano Cipani