Ivory: A Crime Story – recensione del documentario
Con Ivory: A Crime Story Sergey Yastrzhembskiy denuncia la caccia all'avorio e la soppressione degli elefanti.
L’avorio è un materiale che si ricava dalle zanne degli elefanti e che veniva lavorato per farne oggetti di vario uso, conosciuto e adoperato sin dall’antichità dagli egizi, dai greci, dagli indiani, dai cinesi e dai giapponesi, ha avuto una considerevole diffusione nei tre continenti del mondo antico. Il suo uso tuttavia ha comportato una continua e sempre più ingente soppressione degli elefanti, dei quali oggi rimane un numero limitato tanto che ne è stato vietato l’abbattimento: Ivory: A crime story ha inizio da qui.
Ivory: A crime story – il massacro degli elefanti raccontato dalla macchina da presa di Sergey Yastrzhembsky
Il documentario di Sergey Yastrzhembsky, ex diplomatico, politico, portavoce di Boris Yeltsin, assistente di Vladimir Putin e inviato presidenziale speciale presso la EU, sottolinea quanto gli animali (in questo caso gli elefanti) siano più umani dello stesso uomo.
L’operazione del regista russo è appassionante e meticolosamente costruita in questo documentario nato da 3 anni di riprese in 30 paesi e oltre oltre 250 ore di materiale grezzo, un prodotto che non si intimidisce nel mostrare il massacro degli elefanti (si sottolinea il fatto che ne viene ucciso uno ogni 15 minuti) e gruppi di persone intenti alla vera e propria caccia pur di guadagnare sul mercato nero.
Nonostante queste premesse e nonostante l’ottima fotografia, è doveroso però fare delle precisazioni in merito: Ivory: A Crime Story non è un documentario alla portata di tutti.
Va sicuramente visto per essere a conoscenza di un massacro e una parte di storia del nostro tempo, ma le scene sanguinose della caccia e uccisione di elefanti (anche cuccioli) non sono facili da digerire e sono di difficile visione pur mostrando una verità brutale e, purtroppo, tangibile.
Oltre a un ottimo montaggio e ad una eccelsa regia, che trascinano lo spettatore all’interno di questa storia scomoda, in Ivory: A Crime Story va osannato lo straordinario lavoro compiuto a livello di fotografia, che restituisce allo spettatore immagini spettacolari e di rara bellezza.
Il punto dolente del documentario, almeno per la versione italiana, è la voce narrante fuori campo: nelle parti in cui non sono presenti i sottotitoli, il tutto perde di atmosfera, trasformando il prodotto (che nasce sia nelle intenzioni che nel messaggio come serio e di sicuro impatto) in un documentario da rete privata tv.
Sicuramente la scelta è giustificabile per ampliare il pubblico e rendere questo tipo di prodotto alla portata di tutti, però la scelta penalizza il lavoro svolto.
Ivory: A Crime Story ha già fatto parlare di sé in giro per il mondo, recentemente premiato come Miglior Documentario al New York City International Film Festival 2016, ha ricevuto anche il premio per la Miglior Regia e il Premio Speciale della Giuria For humanism in cinema art al Vues du Monde Festival de Montreal 2016 e ha ricevuto l’apprezzamento di Sua Santità il Dalai Lama XIV; un prodotto che va visto e discusso per salvaguardare non solo la vita di un essere vivente ma anche il pianeta stesso.
Ivory: A Crime Story sarà distribuito nelle sale da Koch Media come evento speciale martedì 26 settembre.