Jane Eyre: recensione del film di Franco Zeffirelli
La recensione di Jane Eyre, il film per la regia di Franco Zeffirelli, trasposizione cinematografica dell'omonimo romanzo di Charlotte Brontë.
Ha un’infanzia infelice la povera Jane Eyre che – rimasta orfana – viene allevata a Gateshead Hall dalla terribile zia Reed e poi viene affidata dall’arcigno Sig. Brocklehurst, rettore della Lowood School. Lì, in quel luogo tetro e spaventoso, viene maltrattata e cresce con pochi sorrisi; l’unica consolazione è l’amicizia con Helen Burns, una ragazzina dai capelli rossi e ricci, che muore di tubercolosi lasciandola sola. Jane diventa adulta, si diploma e dopo aver lavorato nel collegio diventa istitutrice a Thornfield Hall, nell’imponente casa di campagna della piccola Adele, figlia del silenzioso e burbero Edward Rochester, che lei conosce solo in un secondo momento. Questa è in breve la storia di Jane Eyre (1996), l’adattamento del romanzo di Charlotte Brontë per la regia di Franco Zeffirelli.
Jane Eyre: Zeffirelli non toglie profondità all’originale
Quella di Jane Eyre è una storia complessa, intensa, che parla di passione e struggimento, di dolore e forza; è sempre difficile pensare di adattare un romanzo così famoso ed entrato nella storia della letteratura, di rendere carne e sangue personaggi che sulla carta non hanno corpo e che poi si materializzano nella mente del lettore. Zeffirelli ha un primo compito, scegliere i suoi due protagonisti, che devono colpire non tanto per la loro bellezza ma per la loro indole. Jane è interpretata da Charlotte Gainsbourg, in una veste affascinante e misteriosa, che porta al suo personaggio una forte fragilità rendendola perfetta, Edward Rochester è interpretato invece da William Hurt, nel cui corpo il personaggio si fa silenziosamente ombroso, un uomo distrutto dal suo passato, in gabbia ma pronto a innamorarsi di nuovo. Il cineasta entra nella storia, affonda a piene mani nelle vicende di questi personaggi; si immerge nelle durezze di Rochester che ha nascosto in un’ala della sua casa la moglie, abbruttita e scapigliata a causa di quella malattia che la fa urlare nel pieno della notte, nella rigidità tenera di Jane che prepara alla vita quella ragazzina e intanto si innamora del suo “padrone”.
Jane Eyre: un romanzo gotico, scuro ma che sa raccontare anche l’amore
Zeffirelli prende dunque le parole di Charlotte Brontë, le adatta al grande schermo ma è così dosato da non toglierle profondità, annullando la forza e il dramma di Jane, come spesso capita nelle riduzioni cinematografiche, ed è capace di dare spazio a tutti i piani del romanzo. Jane Eyre è un romanzo gotico, è scuro, spaventoso addirittura: la piccola Jane è rinchiusa nella casa della zia con i cuginetti che sono cattivi, antipatici e insopportabili, tanto quanto la zia, e bastano pochi dialoghi per capirlo; quella bambina è coraggiosa, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, è sincera e si dimostra così anche in collegio.
Zeffirelli coglie la voce di Charlotte Brontë ed è in grado di parlare non solo a chi ama il romanzo ma anche a chi non lo ha mai letto, a chi è attratto dai racconti inanellati e intrecciati (la storia della piccola Jane, quella della grande Jane, quella d’amore tra il ricco e la povera, la rinascita di chi non aveva alcuna possibilità) che poi si sciolgono e si accomodano. I due protagonisti sono complessi, bruschi, impulsivi, e sembrano avere molto a che fare con il cinema di Franco Zeffirelli. Il regista segue e insegue Edward e Jane, il loro avvicinarsi e allontanarsi, fin dalla prima volta in cui si vedono si innamorano, lo si capisce subito, nonostante le differenze, le ombre, o forse proprio per tutto questo. Il dramma del matrimonio precedente di Rochester, la nascita della piccola Adele, sembra combaciare con quello della vita di Jane, rimasta sola da piccolissima e non voluta né dalla zia né dai cugini. Lui resta folgorato da lei:
Jane, meravigliosa creatura
Lei è la parte buona e ingenua del mondo, è un’anima bella che porta luce e candore in un mondo in cui tutto è oscurità e disagio – stanze vuote, poca luce, il padrone non c’è mai –, e anche per lei lui è un dono, un luogo che è casa.
Quando i due decidono di sposarsi tutto sembra andare per il meglio, invece non sono ancora pronti alla felicità, infatti la celebrazione viene fermata nel momento in cui viene data una notizia: la moglie di Rochester è viva ed è segregata in una stanza della casa in cui i due promessi sposi vivono ed è affetta da una grave malattia mentale. Jane se ne va ma per i due non è finita.
Jane Eyre: un buon adattamento
Jane Eyre è un film segnato da una narrazione semplice e fluida, che porta al cinema una versione che sa catturare lo spettatore immergendolo nel bel mezzo del gorgo drammatico di Jane. L’opera di Zeffirelli riesce a raccontare Jane, il suo amore per Rochester, i suoi squarci nel cuore, i baci e gli sguardi tra loro, la comparsa di quella donna nascosta che sembra la strega cattiva delle favole ma che in realtà è solo una bambina egoista e sofferente per i suoi pensieri tristi.