Joker – Wild Card: recensione
Joker – Wild Card è un action thriller uscito abbastanza in sordina nei primi mesi del 2015 e arrivato in Italia solamente ad Agosto, mese solitamente difficile per il botteghino nostrano. Per una volta però, la scelta dei distributori italiani di mandare in sala un film con tanto ritardo è complessivamente innocua, perchè fin da subito appare chiaro che ci troviamo davanti a una pellicola modesta e facilmente dimenticabile, che a fronte di un budget di circa 30 milioni di dollari ne ha racimolati per ora poco più di 3 in tutto il mondo, nonostante l’appeal assicurato da un divo del cinema action come Jason Statham.
Joker – Wild Card è un remake di Black Jack, film del 1986 con Burt Reynolds protagonista, ed è diretto da Simon West, che torna così a dirigere Jason Statham dopo I mercenari 2. La pellicola racconta la storia di Nick Wild, un ex marine interpretato dallo stesso Statham che sbarca il lunario a Las Vegas facendo il tuttofare per i ricchi avventori di Sin City: li protegge fisicamente, li guida e arriva persino a farsi malmenare da loro per fargli fare bella figura con le donne. Il sogno di Nick è quello di mettere da parte una discreto gruzzolo per poi trasferirsi a vivere di rendita in Corsica. A scombussolare i suoi piani arriva però una richiesta di aiuto da parte della sua ex Holly (Dominik Garcia-Lorido), che chiede al protagonista aiuto per vendicarsi del boss Danny DeMarco (Milo Ventimiglia), da cui è stata barbaramente pestata, trascinandolo in una spirale di malavita e violenza.
Joker – Wild Card – un film inespressivo e monocorde, come il suo protagonista
Viene da chiedersi se Jason Statham stesse scherzando dichiarando che Joker – Wild Card è un suo passion project a cui ha cominciato a lavorare ben 5 anni prima della sua uscita, perchè il primo a naufragare in questo film è proprio il suo attore protagonista, sempre apparentemente svogliato, piatto e incapace di fornire al proprio personaggio qualsiasi espressività. Seguono a ruota gli altri due attori più rilevanti, ovvero Milo Ventimiglia e Michael Angarano, mai in parte rispettivamente nei ruoli del boss e del geek arricchitosi nel mondo dell’informatica in cerca di emozioni forti nella vita reale. Gli unici a salvarsi sono la bella e carismatica Dominik García-Lorido (figlia di Andy García) e i più celebri Stanley Tucci e Sofia Vergara, sprecati però in ruoli marginali e non particolarmente influenti ai fini della trama. Il cast non è certamente aiutato dalla sceneggiatura, che si stenta a credere che sia opera di William Goldman, lo stesso autore degli script di capolavori assoluti come Butch Cassidy, Tutti gli uomini del presidente e Il maratoneta: i dialoghi sono spesso banali e privi di mordente, mentre la trama non decolla mai e si avvolge più volte su sé stessa e intorno al conflitto interiore del protagonista, sempre a metà strada fra la voglia di redenzione e il richiamo della sua vita ai limiti della legalità, concetto già usato centinaia di volte e replicato in questo film senza un minimo di creatività e originalità. Completa il quadro un miscuglio abbastanza confuso di spunti buttati sul piatto ma non approfonditi a sufficienza: redenzione, vendetta, crimine, gioco d’azzardo e persino un pizzico di malinconico rimpianto per una storia d’amore finita forse troppo presto. Tutti elementi che nella concezione di sceneggiatore e regista avrebbero dovuto rappresentare il caos interiore del protagonista e la sua incapacità di seguire un piano ben preciso per la sua vita, ma che alla prova dei fatti penalizzano il ritmo del film e ne frammentano la narrazione.
Non bastano le sequenze action immancabili nei film con Statham e una buona scena centrale ambientata al tavolo da Black Jack a salvare un film che, pur senza vistosi difetti tecnici, risulta costantemente privo di spessore, senza una direzione precisa da seguire e nato vecchio di almeno una ventina d’anni nell’uso dei cliché su Las Vegas e delle meccaniche innescate dalla città del vizio. Un finale che riesce a essere al tempo stesso telefonato e forzato sancisce il definitivo e inappellabile naufragio del film, mentre il fallimentare riscontro del box office sembra suggerire a Jason Statham, per il bene della sua carriera, di abbandonare il ruolo del monolitico e inespressivo eroe del cinema action in favore di un genere diverso e meno limitante, come ad esempio la commedia, che ha già dimostrato di saper padroneggiare in film come Spy. Ci auguriamo che il buon Jason segua quanto prima questo consiglio, perchè ci dispiacerebbe vederlo trascinare la sua carriera nel ruolo della macchietta di sé stesso, come purtroppo avviene in questo deludente Joker – Wild Card.