Julie ha un segreto: recensione del film di Leonardo Van Dijl

Il lungometraggio di debutto di Leonardo Van Dijl, Julie ha un segreto, è un intenso dramma psicologico di ambientazione tennistica. Dal 24 aprile 2025 in sala.

Ancora una volta, il modo più sensato di cominciare è dal titolo. Eccolo qui: Julie ha un segreto. È stato scelto dalla distribuzione italiana per massimizzare la curiosità verso il dramma psicologico di ambientazione tennistica diretto da Leonardo Van Dijl – al suo debutto nel lungometraggio – e in sala il 24 aprile 2025 per I Wonder Pictures. La protagonista è la brava esordiente Tessa Van den Broeck, che fuori dal set è una promessa del tennis e non era mai stata attrice, prima. La verità del suo personaggio è un doppio affare, fisico e spirituale. Il film, premiato alla Semaine de la critique a Cannes 2024 e più tardi passato anche alla Festa del Cinema di Roma, racconta il corpo per spiegare l’anima, e l’anima di Julie è custodita dal suo silenzio ostinato. Il titolo originale, che andrebbe tradotto più o meno così, Julie sta in silenzio, avvicina lo spettatore al film senza disperderne l’ambiguità; ci fa intuire qualcosa, senza eccessi didascalici. L’italiano Julie ha un segreto ci porta un centimetro più vicini alla verità. È una scelta comprensibile, sul piano commerciale, ma toglie qualcosa alla leggibilità del film. Quello che conta, di Julie, non è che abbia un segreto. Ma perché resti in silenzio.

Julie ha un segreto: anatomia di un silenzio

Julie ha un segreto; cinematographe.it

Julie resta in silenzio. Per Leonardo Van Dijl, che, oltre ad averlo diretto, il film lo ha anche scritto insieme a Ruth Becquart, il modo migliore di affrontare il segreto della protagonista è raccontare il silenzio che precede lo svelamento. L’alchimia di Julie ha un segreto è costruita su due paradossi e una scelta morale precisa. Primo paradosso: l’interiorità della protagonista deve essere dedotta dall’esteriorità (la routine fisica, i rapporti con gli amici, la vita in famiglia, la scuola). Secondo paradosso: aderendo scrupolosamente al voto di silenzio di Julie, evitando di forzarla a uscire dal guscio, si rende il suo silenzio il più rumoroso possibile. La scelta morale, che chiarsice il senso del cinema di Leonardo Van Dijl, è questo: non giudicare, spiegare il meno possibile, accompagnare la protagonista e lasciare che sia lei a dettare il tono. In altre parole: costruire la forma e l’estetica del film sul silenzio, le scelte e la personalità di Julie, e non il contrario.

Chi è Julie (Tessa Van den Broeck)? È un’adolescente, una promessa del tennis, dalla vita apparentemente normale. Va a scuola, ha buoni voti, tanti amici e un cagnolino di cui è innamorata. Da un po’ di tempo, però, le cose non vanno più come prima. Julie, che non è mai stata la persona più socievole del mondo, è diventata particolarmente accigliata e taciturna. Non è apertamente ostile con chi le si avvicina, ma non cede di un millimetro quando provano a convincerla a esporsi. Sono successe cose gravi.
È morta suicida una collega tennista, Aline. Aveva solo sedici anni. È stato allontanato con il sospetto di abusi il maestro di Aline, Jeremy (Laurent Caron), che per inciso è anche l’istruttore di Julie; all’inizio lei lo difende a spada tratta, addirittura lo sente di nascosto al telefono. Tutti vorrebbero saperne di più su Jeremy, anche da Julie se è possibile, ma lei, appunto, sta in silenzio. Julie ha un segreto è l’anatomia di un doloroso silenzio. Il film non chiarisce cosa sia successo, né come. Concentrandosi sulla tenacia, la forza plastica dell’allenamento, la rigorosa disciplina mentale della ragazza, ci mostra la sua doppia sfida. Esteriormente: diventare la migliore tennista possibile. A livello spirituale: prepararsi al momento in cui il silenzio dovrà lasciare spazio alla verità. Due cose da aggiungere. C’è una connessione fortissima tra la forma del film e la sua sostanza. E, vale la pena di aggiungere, non è Challengers. Neanche un po’.

Un film costruito sul carattere e le scelte della sua protagonista

Julie ha un segreto; cinematographe.it

Non c’è traccia, qui, dell’esuberante e carnale messa in scena che era il cuore del film di Luca Guadagnino. Il tennis non è, neanche per un momento, l’incarnazione plastica di una ragnatela di passioni e bisogni da rileggere in chiave erotico-sentimentale. Se immaginiamo lo spettro dello sport al cinema, Julie ha un segreto è al polo opposto rispetto al successo del grande autore italiano. Leonardo Van Dijl, molto semplicemente, ha altri interessi e altre preoccupazioni: il suo film è un’opera di fiction (e un documentario) sul corpo e l’anima di una giovane donna. La fotografia in 35 millimetri del bravo Nicolas Karakatsanis aiuta la storia in due modi. Dà spessore e visceralità all’immagine, e lo spessore è necessario a suggerirne il doppio piano di lettura (le cose che Julie fa, le cose che Julie pensa). Esaspera l’accento documentaristico, il rigoroso bisogno di verità del film.

È puro cinema, d’altronde; non sappiamo l’estensione la portata dell’abuso, ma intuiamo dal silenzio di Julie che è qualcosa di molto, molto serio. Julie ha un segreto è un film sulla costruzione del sé di una giovane donna. Julie resta in silenzio per sfuggire alla vittimizzazione, perché subisce il peso dello shock e del trauma, per prepararsi a dire la verità. Il film la accompagna senza posture giudicanti, modellandosi, a un livello formale, sul suo carattere e il suo modo di fare. La pulizia dell’immagine e la geometrica costruzione dell’inquadratura rispondono a un bisogno forte: costruire un film sobrio, dignitoso e rigoroso per una protagonista sobria, dignitosa e rigorosa.

Leonardo Van Dijl sfrutta l’estraneità alla macchina da presa di Tessa Van den Broeck per tenersi alla larga da vezzi, narcisismi e enfasi, anche non voluti, che avrebbero segnato la prova di un’attrice professionista. Mette il suo film al servizio del personaggio e dell’interprete, provando a tirarne fuori il massimo grado di verità senza mai sottrarla alla comfort zone tennistica. La forza di Julie ha un segreto è il rifiuto ostinato nel giudizio. Leonardo Van Dijl sostiene la protagonista e il suo silenzio ascoltandoli, senza (pre) giudizio, senza giocare la carta del sentimentalismo e la facile retorica sugli abusi. Ovviamente, ci sono dei difetti. Il film si modella sul passo della protagonista e finisce per assumere un tono monocorde; dovrebbe tradire, specie sul finale, il suo stile, ma paga dazio a una coerenza intransigente. E un approccio antiretorico spinto fino al limite, come è questo il caso, risulta involontariamente retorico. Ma conta poco: il film ha un’idea sul mondo e un’idea sul cinema, e sa legarle bene.

Julie ha un segreto: valutazione e conclusione

Julie ha un segreto; cinematographe.it

La costruzione dell’identità di Julie è specchiata dalla costruzione del suo corpo di atleta, di tennista. E il silenzio, fa più rumore delle parole. Julie ha un segreto è il lungometraggio di debutto di un autore che ha le idee chiare su quello che vuole e come ottenerlo, e che sa sfruttare la tecnica pura – senso coreografico della performance, montaggio, fotografia, taglio documentaristico – per produrre un’emozione sconcertante e molto attuale. C’è un bel contrasto tra il rigore formale del film, la purezza dell’immagine, il silenzio ostinato della brava esordiente Tessa Van den Broeck e l’incendio sotterraneo, la verità nascoste in attesa di essere scoperchiate. Servirebbe maggiore flessibilità nell’adattare l’atmosfera alle varie fasi della storia. Aver permesso a Julie di stare in silenzio così a lungo – senza forzature retoriche – è comunque un saggio della maturità e della bella modernità nello sguardo di Leonardo Van Dijl.

Regia - 3
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 4
Recitazione - 3
Sonoro - 3
Emozione - 3

3.2