Jurassic Park 3: recensione del film di Joe Johnston
Jurassic Park 3 tenta di cambiare la pelle al giurassico franchise nella direzione del disaster movie, privandolo però delle complicazioni filosofico-etiche alla base del capolavoro del 1993 di Steven Spielberg.
Nell’ottica della saga di Jurassic Park, tratta dall’omonimo romanzo di Michael Crichton e inaugurata nel 1993 con il mitologico capolavoro di Steven Spielberg; Jurassic Park 3 (2001) è stato una sorta di punto di svolta (in negativo). Il film di Joe Johnston (Captain America: Il Primo Vendicatore) infatti, pur mantenendo la confezione narrativa originale e tentando di rievocare un po’ le atmosfere dei primi due capitoli, si spinse verso le più ridenti e narrativamente confortevoli terre del disaster movie. Jurassic Park 3 si creò così una sorta di patina di “rispettato” guilty pleasure per i fan della saga, principalmente per aver riportato in scena il personaggio più amato dopo l’assenza ne Il Mondo Perduto (1997) di Spielberg – il Professore Alan Grant di Sam Neill (Punto di Non Ritorno, Il Seme Della Follia, Hunt For The Wilderpeople).
Unite il Professor Grant a uno studio sull’intelligenza di branco dei velociraptor – assieme al T-Rex la specie preistorica più amata della saga – e capirete immediatamente il perché dello status di guilty pleasure di Jurassic Park 3. Da non trascurare infatti, il peso narrativo di una teoria simile nell’economia della saga stessa, visto che verrà ripresa – seppur non citata in modo esplicito – anche nel sequel/reboot Jurassic World (2015).
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Jurassic Park 3 – Uno script efficace, dalla forte caratterizzazione dei personaggi in scena
Attraverso una struttura narrativa dall’incedere lineare, ma molto stratificata, Jurassic Park 3 porta in scena dei personaggi dalla caratterizzazione non indifferente perché dotati di doppia natura. A partire dall’Alan Grant di Sam Neill, declinato nella figura dell’avventuriero-studioso troppo impegnato nelle ricerche sui raptor – suo chiodo fisso sin dal capostipite della saga del 1993 – per costruirsi una vita privata come chiunque, rievocante un immaginario da film western. Il Grant di Neill però non è un solitario, vista la sua incidenza, nel corso della narrazione, di creare surrogati familiari tra l’ex conoscenza di Jurassic Park, Ellie (interpretata da Laura Dern) e il suo assistente sul campo Billy (interpretato da Alessandro Nivola).
Da sottolineare, nell’ottica dei personaggi dalla doppia natura anche i ruoli della Famiglia Kirby. Gli ingenui e inesperti coniugi Paul e Amanda Kirby – interpretati rispettivamente da William H.Macy (Fargo, Boogie Nights, Shameless) e Téa Leoni (Ragazze Vincenti, The Family Man, The Naked Truth) – ricalcano di base gli stereotipi dell’uomo d’affari di successo e della madre apprensiva, rivelandosi però una coppia di divorziati di cui lui un modesto venditore – sulla falsariga del Jerry Lundegard di Fargo (1996), in cerca del proprio figlio Eric (interpretato da Trevor Morgan) sperduto ma pieno di risorse a Isla Sorna, nella sequenza che funge da prologo narrativo.
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Jurassic Park 3 – Un montaggio e una regia non all’altezza delle premesse per una produzione low-budget
Jurassic Park 3 presenta alcune sequenze iconiche nel corso della pellicola, come la battuta di caccia dei raptor – la cui presenza si avverta nella narrazione sin dalle battute iniziali – e quella conclusiva con la visione del branco di brontosauri sulle note del tema musicale di John Williams, che rievoca in forma opposta, la celebre sequenza del film di Spielberg.
Sequenze suggestive vanificate tuttavia da un montaggio che nel suo incedere volto a determinare un sempre più crescente aumento del pericolo e della posta in gioco, determina una visione disorganica, quasi episodica della narrazione, vanificando il lavoro di uno script non eccelso ma comunque efficace.
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Questo anche per via della produzione dietro, certamente non quella dei primi due capitoli, riducendo Jurassic Park 3 a un comune disaster movie – sulla falsariga dei film “giurassici” della The Asylum – ma con un cast di livello (sprecato), soffocato da una visione low-budget che influisce sugli effetti speciali, e in una regia – quella di Joe Johnston – di genere, ma ben lontana dalla mano di un maestro come Steven Spielberg.
Jurassic Park 3 – l’assenza di Spielberg per un film Razzie
Lo Spielberg produttore non è lo Spielberg regista, e si vede. In Jurassic Park 3 infatti vengono meno le implicazioni filosofiche ed etiche del creare una nuova vita come accaduto nelle pellicole precedenti, declassando e non poco il valore di un film che in altri frangenti avrebbe potuto avere un peso maggiore nella storia del cinema, e che invece verrà ricordato per una candidatura ai Razzie Awards 2001 nella categoria Peggior Film Sequel e/o Remake.
Jurassic Park 3 è una grande occasione mancata di poter rilanciare il franchise giurassico anche nella nuova veste di “semplice” disaster movie; dimostrando ancora la teoria tacita di Hollywood, ovvero che, a meno di franchise con una pianificazione a lungo termine come Star Wars o il Marvel Cinematic Universe, ma dopo il secondo sequel – e Alien e Terminator lo sanno bene – sarebbe il caso di lasciare un buon ricordo e non accanirsi più.