Karate Man: recensione del film con Claudio Del Folco

Fare sport ad altissimi livelli convivendo con il diabete è possibile e Karate Man lo dimostra.

È veramente difficile parlare di questo Karate Man, il film diretto da Claudio Fragasso e al cinema il 26 maggio 2022. Si rischia di essere forse troppo cattivi nei confronti di un’operazione che poggia invece su dei principi molto buoni. Sì, perché Karate Man vuole veicolare un messaggio positivo, raccontando una classica storia sportiva di apice, caduta e rinascita, ma nel farlo si perde purtroppo in un comparto di scrittura e di recitazione che non si esprime sempre al massimo e che forse non valorizza pienamente l’idea alla base del progetto.

Karate Man: il film di Claudio Fragasso

La recitazione e la sceneggiatura sono il tallone d’Achille del film, inutile girarci attorno. Ed è un problema che riguarda un sacco di prodotti cinematografici e televisivi italiani ai quali non sembra sempre chiara la differenza tra lingua scritta e lingua parlata. In Karate Man la recitazione è molto impostata, quasi teatrale perché si appoggia su una sceneggiatura che sembra pensata più per la lettura che per l’espressione orale. Il risultato è che in certi casi alcune battute di dialogo risultano poco naturali, ingessate, quasi false. Non è un caso che la spontaneità e la naturalezza emergano invece là dove l’italiano è sostituito dal dialetto. Ci sono un paio di personaggi in Karate Man – specie Stefano Calvagna, l’interprete del losco Pericle – che appaiono più sciolti e più freschi proprio perché si esprimono in dialetto. Lo ripetiamo: non è un problema che riguarda solamente questo film (che, anzi, con il budget e quindi i mezzi a disposizione è riuscito a colmare abbastanza bene queste mancanze), ma un elemento abbastanza comune a molte altre produzioni italiane.

Il cuore di Karate Man: un messaggio che è una piccola pietra preziosa

Che cosa funziona meglio invece? Praticamente tutto il resto e questo accentua la sensazione di amarezza per quegli elementi che sarebbero potuti essere migliorati. Per fortuna, grazie alla sua alta aspirazione, Karate Man non suona come un’occasione mancata. Il comparto tecnico di regia, montaggio e coreografia funziona bene. Le immagini d’archivio dei reali combattimenti di karate e quelle invece ricostruite in studio sono davvero ben ibridate. Quasi non si nota la distanza tra fiction e realtà e dove invece lo stacco è più evidente dà comunque ritmo e pathos al racconto e intrattiene, tanto più se si considera che il karate è uno sport che quasi non esiste per il cinema italiano.

E il messaggio, i valori che vuole trasmettere Karate Man? Sono la cosa migliore del film: onestà, integrità, resilienza. E la capacità di far fronte alle avversità, perfino a quelle su cui non si può avere controllo, come la malattia. L’attore protagonista è un vero karateka, Claudio Del Falco, che ha ispirato il film con le proprie vicende personali: vittorie e sconfitte, rapporti umani, amicizie e, soprattutto, il dover (anzi, il poter) convivere con il diabete praticando allo stesso tempo sport ad altissimi livelli.

Vale la pena fare uno sforzo e dimenticare quello che non va in questo film per poter uscire dalla sala e godere un po’ di questo messaggio, una piccola pietra preziosa che ci è stata donata.

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Regia - 3
Sceneggiatura - 1
Fotografia - 2.5
Recitazione - 1
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.1