Kino Volta: recensione del film di Martin Turk dal TSFF35
Un film interessante e coinvolgente, che diverte e incuriosisce lo spettatore.
Sembra una fiaba divertente quella di James Joyce che assieme ad un gruppo di imprenditori triestini decide di aprire diversi cinema prima a Trieste e poi oltre i confini dell’Impero. Da questa storia nasce Kino Volta, il film di Martin Turk, anteprima assoluta al Trieste Film Festival (19 -27 gennaio 2024), che narra appunto l’impresa fantasmagorica di Joyce e Antonio Machnich, Vincenzo Giuseppe Caris, Giovanni Rebez e Lorenzo Francesco Novak. Un’odissea si potrebbe proprio dire.
Kino Volta: un film corale e collettivo che coinvolge
Turk, regista e sceneggiatore nato a Trieste, ha scelto di portare sul grande schermo il grande progetto di un giovanissimo James Joyce, arrivato in città, insegnante di lingua inglese, convinto della potenza, delle potenzialità della nuova arte e che si potesse guadagnare aprendo delle sale. Entrato in contatto con Machnich, Caris, Rebez e Novak, incominciano insieme a pensare a come procedere. Il regista realizza un film corale e collettivo, molto complesso sotto vari punti di vista, sia a livello strutturale, sia per quanto riguarda le poche fonti e i pochi dettagli a disposizione sull’argomento.
Kino Volta gioca con i piani, con i personaggi, con la Trieste di oggi e quella di ieri, grazie ad un gruppo di attori e attrici, vengono costruiti dei personaggi che mettono in scena entusiasmo, scontri, fantasie e coraggio di persone diverse ma con uno scopo comune. Tra finzione e realtà, tra Joyce e l’attore che lo interpreta, lo spettatore viene portato in una messa in scena utile a narrare una pagina conosciuta ma non a molti che può arricchire l’identità di un luogo, Trieste, e di un autore, lo scrittore dell’Ulisse.
Kino Volta: una struttura fantasiosa in cui splendono James Joyce e la sua impresa
Un’impresa fantasiosa, una struttura fantasiosa che lavora sull’oggi – gli attori che sono alla ricerca di Joyce e di dettagli su questa storia -, sul passato – le fonti e le immagini di repertorio vere e quelle inventate -, i super8 di Joyce e gli altri (ovviamente interpretati dagli attori) in un meraviglioso bianco e nero. Il centro di questo lavoro è il cortocircuito che lo spettatore ha quando vede i triestini di oggi e il cast del film vestito come uomini e donne del 900, questa è la chiara rappresentazione dell’affascinante e mirabolante divertissement.
Tutto questo si concentra sul James Joyce di celluloide, buffo, istrionico, un artista a tutto tondo che canta e balla, che racconta le sue gioie e i suoi dolori, la tristezza per il fallimento e il fastidio per i tradimenti subiti, l’amore con Nora, sua moglie, per lui faro e sostegno.
Kino Volta, proprio come la sua struttura, ha tante componenti, è un film su una città, su un autore fondamentale e unico nel suo genere, un’opera su un’impresa, un viaggio alla ricerca delle tracce lasciate dal Cinema Volta.
Kino Volta: valutazione e conclusione
Kino Volta è un film interessante e coinvolgente, che diverte e incuriosisce lo spettatore che si sente un abitante del passato e del presente. Tra una lettera di Joyce e un racconto, Kino Volta si mostra come quei prismi con varie facce che si incastrano molto bene e dimostrano il lungo lavoro alla base.