Kiss of the Damned: recensione del film di Xan Cassavetes
Kiss of the Damned è un film del 2012 scritto e diretto da Xan Cassavetes, con Joséphine de La Baume, Milo Ventimiglia e Roxane Mesquida.
Kiss of the Damned è un film horror la cui protagonista è Djuna, una bella, sensuale e misteriosa donna che vive sola con la sua domestica in una villa immersa nel bosco del Connecticut.
Djuna è una vampira, si comprende bene fin dall’inizio la sua particolarità, dalle tracce di sangue sparse per la casa e, soprattutto, dall’incontro con il bel Paolo in videoteca, che la vedrà combattere con i suoi letali istinti. Paolo è uno sceneggiatore in cerca di ispirazione che incrocia Djuna per caso. Tra i due scatta fin da subito qualcosa di forte, di trascinante. Escono a cena e finiscono per andare a casa di lei, da soli, di notte senza che lui possa sapere in che guaio si sia andato a cacciare.
Djuna tenta di resistergli, non è un’assassina, si nutre di sangue animale, ma la tentazione è molto forte; dall’altra parte Paolo non si capacita delle sue difficoltà, tant’è che viene cacciato di casa più volte e più volte si ripresenterà alla sua porta senza alcun timore. Ma la resistenza ha vita breve: pur di stare assieme a lui, Djuna gli rivela la sua vera natura e prima che questa possa prendere il sopravvento, lo morde e lo trasforma in un vampiro.
Djuna e Paolo finalmente possono vivere il loro idillio liberamente, lei gli insegna come ci si comporta da vampiro, come si sopravvive senza essere dei mostri, gli spiega che esistono delle regole, una comunità, alla quale lo presenterà durante una serata in grande stile, vivrà e vedrà con i suoi occhi quali sono i vantaggi di essere un immortale, è quasi un mondo elitario, supponente e in qualche modo imperante. Durante il party i due apprendono che esiste una realtà molto più libera e ampia in cui convivere con gli umani e che ha la sua sede centrale in Italia.
Sembra tutto sofisticato e infrangibile finché nella loro storia d’amore non si crea una frattura, una frattura di nome Mimi. Mimi è la sorella di Djuna, spietata, attraente e glaciale che decide di andare a vivere per qualche giorno nel casale della sorella, ma la sua presenza non è assolutamente gradita da Djuna; lei sa quanto sia abominevole e sregolata la sorella, ma in qualche modo Mimi la tranquillizza, cercando di accattivarsi la sua fiducia e dimostrandole che non è più la sanguinaria di un tempo e che rispetta le regole della comunità.
Mimi è furba, letale e riesce ad ottenere sempre ciò che desidera, dal sangue di una vergine, al puro sesso tra vampiri, va contro la comunità, la sorella, il suo mondo, abbracciando ogni istinto che le appartiene, senza aver paura che un giorno i suoi eccessi potrebbero dividerla per sempre dalla sua immortalità.
Kiss of the Damned è una pellicola ben fatta, con delle musiche particolari create ad arte da Steven Hufsteter che rendono perfettamente il clima prima sofferente, poi orgiastico, poi dissoluto, poi quasi liturgico del mondo di Djuna, che non vuole assolutamente essere scalfito dagli usi e i costumi della sorella Mimi, spirito libero, goliardico e che incarna la vera essenza dell’essere vampiro, sfrenato, assetato, una vita all’insegna del sesso e del sangue e dell’edonismo quasi ostentato.
Kiss of the Damned ha tanti pregi, dal punto di vista strutturale è una pellicola che non cerca di far paura a tutti i costi, non reinventa forzatamente un essere quale il vampiro, tanto descritto e discusso a partire da film da cui sembra prendere alcune atmosfere come Daughters of Darkness, Vampyros Lesbos (o The Hunger) e tutto un panorama anni ’70 che ha saputo far convergere horror, erotismo, sadismo e gore ma certamente con risultati ben più apprezzabili.
Kiss of the Damned: uno specchio singolare della tradizione erotico horror
Alexandra Cassavetes, da cognome già si colgono le sue origini, è la figlia del regista John Cassavetes e sorella di Nick, ed è al suo primo lungometraggio con Kiss of the Damned.
Questa pellicola ha dalla sua una staticità quasi desueta per un horror, ma questo suo vezzo anticlimatico rapisce e non stanca, è un modo di narrare quasi anti paura senza attimi di tensione, senza finzione, senza la volontà di accentuare sodomia o pornografia, è tutto volutamente immutabile, come se si guardasse davvero attraverso gli occhi di un vampiro e si attraversassero i suoi istinti nel bene e male, senza vette, senza cadute ma ipnotizzando lo spettatore con le immagini e le movenze dei corpi che si amano, che si mordono, i colori quasi psichedelici, le musiche bizzarre, irrequiete, non stancando mai. Ed è proprio questa necessità che porta in alto questo film, di non spettacolarizzare un culto tanto sperperato e abusato quale il vampirismo che fa di Kiss of the Damned uno specchio singolare e nostalgico della tradizione erotico horror dagli ’70 ad oggi.