La bambina che non voleva cantare: recensione del film con Tecla Insolia
Mercoledì 10 marzo su Rai Uno il biopic su Nada Malanima, tratto dal suo romanzo autobiografico, Il mio cuore umano.
Ci sono delle storie che hanno un potere narrativo innato e che meritano di essere raccontate. È quello che ha pensato la talentuosa regista Costanza Quatriglio quando è incappata nella storia di Nada Malanima, o meglio quando ha letto la sua autobiografia Il mio cuore umano. La celebre cantante italiana ha messo il suo cuore in quelle pagine e la regista si è detta da subito che quella era una storia che meritava di essere raccontata. Ecco quindi nascere La bambina che non voleva cantare, un racconto in cui, con delicatezza e maestria, la Quatriglio ha dato voce a quella bambina che cantava nella speranza di guarire sua madre dalla depressione. Quella bambina che rifiutava il talento che le era stato donato, ma che alla fine lo ha abbracciato facendolo suo e diventando una delle più apprezzate cantanti della storia della musica italiana. Gran parte della buona riuscita dell’opera di deve all’interpretazione intensa del cast, a partire dalla giovanissima Tecla Insolia, che si è ritrovata sotto le luci della ribalta più o meno alla stessa età della protagonista che interpreta. Una bella storia di crescita, di amore, di famiglia. Un racconto che esula quasi dal biopic, diventando un messaggio per tutti coloro che sono in cerca della loro strada.
La storia di una bambina che non voleva cantare, ed è diventata la celebre Nada
Nella campagna toscana dei primi anni sessanta vive la piccola Nada (Tecla Insolia). Il suo universo è composto da nonna Mora (Nunzia Schiano), dalla sorella Miria (Giulia Battistini), dal babbo Gino (Sergio Albelli), un uomo buono e silenzioso, e dalla mamma Viviana (Carolina Crescentini), spesso preda di forti depressioni che la tengono lontana dalla figlia e dal mondo. Quando viene scoperto il talento di Nada per il canto, il cuore fragile della bambina si convince che solo la sua voce prodigiosa ha il potere di far guarire la mamma. E così, tra la gioia di veder la madre finalmente felice e la paura che la malattia si possa riaffacciare all’orizzonte, Nada cresce accettando ciò che Viviana desidera per lei, fino a quando quel grande talento sopravvivrà persino alle sue stesse paure: tutti scopriranno presto la voce unica di quella bambina che non voleva cantare.
La bambina che non voleva cantare: la prova intensa di una giovane attrice/cantante
A dare il volto e la voce alla piccola Nada sono i tratti dolci di Tecla Insolia. Se della sua dolce voce avevamo avuto un assaggio quando ha vinto Sanremo Young ed è arrivata seconda tra le Nuove Proposte, del suo talento di attrice avevamo avuto solo un piccolo assaggio in Vite in Fuga e L’Allieva. Ma bastano un paio di scene de La bambina che non voleva cantare a rendere palese come la giovane artista sia a proprio agio nella recitazione quanto nel canto. Nonostante la sua giovanissima età (è del 2004, ha appena 17 anni) riesce a dare alla sua Nada una dolcezza commovente, non cadendo nel gioco dell’imitazione, ma dando vera vita al personaggio, con rispetto ma a modo suo.
Tecla è la prova che delicatezza e timidezza possono essere forti e potenti, esattamente come è stato per la giovane Nada. Merita un encomio anche la splendida prova di Carolina Crescentini, in quello che per noi è uno dei suoi ruoli migliori. Il viso espressivo dell’attrice dà un’intensità rara a mamma Viviana, e senza nemmeno bisogno di parlare ci racconta di una malattia su cui c’è ancora troppo tabù. Carolina riesce a dare delicatezza a un argomento così duro, e umanità a un rapporto madre-figlia complesso, ma ricco di un amore che possiamo quasi toccare. Anche se le interpretazioni della Insolio e della Crescentini sono quelle che colpiscono di più, il resto del cast non è da meno, e tutti risultano convincenti e credibili. In particolare, spiccano Sergio Alebelli nel ruolo del papà di Nada, Nunzia Schiano che appare nelle vesti della nonna e la piccola Giulietta Rebeggiani, deliziosa interprete di una ribelle Nada di appena sette anni.
Una storia di formazione che va oltre il classico biopic
Prodotto da Roberto Sessa, Picomedia e Rai Fiction, La bambina che non voleva cantare nasce dall’ispirazione di Costanza Quatriglio, che cura anche la sceneggiatura a quatto mani con Monica Rametta. La regista palermitana ha grande merito nella buona riuscita del prodotto: la sua regia è lineare, pulita e attenta. Soprattutto, ha il grande merito di non cadere in virtuosismi esagerati, o di giocare al “tale e quale” che spesso è il difetto maggiore dei biopic di personaggi celebri. La Quatriglio incentra il suo racconto sui sentimenti, e si affida alla nostalgia creata dalla musica e all’emotività suscitata da alcuni semplici gesti. Insomma, con La bambina che non voleva cantare racconta esattamente come si è sentita la prima volta che ha ascoltato la storia di Nada, alla presentazione del libro Il mio cuore umano:
L’amore per Nada è nato leggendo il suo libro e conoscendola alla presentazione. Mi sono innamorata del clima descritto nel libro, la chiave di lettura della voce quasi terapeutica per la madre malata di depressione. Con Nada abbiamo fatto prima il documentario che nel 2009 andò a Locarno, in cui mette a nudo le sue fragilità attraverso la lente del rapporto con la madre, fatto di contrasti e momenti di pacificazione. Poi Roberto Sessa e RaiFiction mi hanno permesso di fare il film.
A rendere ancora ancora più viva la storia ci pensa la tecnica del flashback, che la regista usa per un continuo confronto tra la Nada bambina e quella adolescente. Un modo di tenere accesa la narrazione, e di stuzzicare la curiosità dello spettatore, che non vede l’ora di andare avanti nella visione per arrivare al punto di congiunzione tra passato e futuro. Molto ben riuscita anche la fotografia che viene data del periodo storico, una Toscana rurale in contrasto con la frizzante energia degli anni Sessanta, di cui vengono toccati diversi aspetti, da quelli musicali a quelli televisivi, da quelli familiari a quelli sociali. Il punto di forza maggiore de La bambina che non voleva cantare, però, è la scelta di Costanza Quatriglio di incentrare il racconto sui personaggi, sul rapporto madre-figlia, sull’amore incondizionato. Racconta ancora la regista:
Ho curato questa storia col desiderio di raccontare i personaggi: dal maestro, un romanticone, alla suora, alla mamma prigioniera del male di vivere, felice solo quando sente la sua bambina cantare. Questo crea l’equivoco: Nada pensa di poter guarire la madre, impara a fare i conti col proprio talento attraverso di lei. È un racconto che supera la specificità di Nada per toccare corde universali che appartengono a tutti.
E se vi state chiedendo che cosa ne pensi la diretta interessata, Nada è rimasta entusiasta del film, nonostante all’inizio fosse un po’ titubante, essendo ancora viva non solo lei, ma buona parte dei personaggi che vengono rappresentati. Alla fine, però, ha amato La bambina che non voleva cantare: “Costanza Quatriglio ha fatto un lavoro importante sui sentimenti, e tutti gli attori sono veramente bravi, mi hanno emozionato. Guardando il film mi sono dimenticata di me, è una storia di emozioni, di sentimenti veri.”