La bicicletta di Bartali: recensione del film d’animazione
Sull’amicizia ancor prima dello sport ed il conflitto ideologico e religioso che pur guardando al passato, dialoga fortemente con il presente. Gentile, ma mai incisivo
È curioso. Non appena terminata la visione di La bicicletta di Bartali, interessante esempio di cinema d’animazione diretto da Enrico Paolantonio e scritto da Marco Beretta ed il recentemente scomparso Israel Cesare Moscati, al quale il film è dedicato, si ha la sensazione che qualcosa rispetto a questa grande storia di amicizia, lotta tra classi ed etnie e differenti fedi religiose ci abbia già attraversati in precedenza.
Pur essendo infatti l’adattamento cinematografico dell’omonimo testo Simone Dini Gandini sul campione, medaglia d’oro al valore civile per aver fatto espatriare più di 800 ebrei, il film di Paolantonio sembra guardare molto più alla letteratura di Fred Uhlman e John Boyne, aggiornata come giusto secondo le estetiche e i linguaggi propri dell’oggi. Distribuito nelle sale cinematografiche italiane da Lynx a partire da giovedì 1° agosto, La bicicletta di Bartali dopo una presentazione in anteprima al Giffoni Film Festival 2024 è finalmente pronto a raggiungere il suo pubblico, abbracciando giovani e meno giovani.
Lo sport sopra ogni cosa, ma l’amicizia è oltre
“Nella mia classe non c’era nessuno che avrebbe potuto rispondere all’idea romantica che avevo dell’amicizia, nessuno che ammirassi davvero o che fosse in grado di comprendere il mio bisogno di fiducia, di lealtà e di abnegazione, nessuno per cui avrei dato volentieri la vita” tra le righe e le pagine del memorabile L’amico ritrovato di Fred Uhlman sembra di scorgere l’anima più profonda e sincera di La bicicletta di Bartali, che ancor prima di una competizione sportiva in sella alle biciclette, racconta dell’incontro dapprima spirituale e solo in un secondo tempo amicale tra due adolescenti, David, un giovane ciclista ebreo israeliano e Ibrahim, un ragazzo musulmano israeliano della squadra avversaria nella Gerusalemme dei nostri giorni.
Due squadre differenti, due fedi religiose differenti eppure l’amicizia resiste al conflitto e al tempo. E se non si trattasse esclusivamente di amicizia? Sotterraneamente o ancor meglio, sublimatamene qualcosa sembra suggerirci la presenza di un sentimento maggiore, vuoi per un desiderio irrefrenabile da parte dei due giovani di sentirsi, incontrarsi o anche soltanto vedersi, vuoi per l’atmosfera, così sospesa, estiva e fortemente ormonale. Allo scontro ideologico e religioso, si accompagna ben presto un sentimento rabbioso, che ha a che fare con l’impossibilità di legarsi e unirsi in una società – e in un mondo – sempre più discriminatoria, conflittuale e rinchiusa in sé stessa.
La bicicletta di Bartali: valutazione e conclusione
Seppur la scrittura di Beretta e Moscati propenda in una direzione di diniego d’ambiguità e rispettoso racconto d’amicizia adolescenziale, perciò quasi sempre innocente e spogliato di qualsiasi fraintendibile riferimento a emotività turbolenta o altrimenti evidente, La bicicletta di Bartali riesce laddove molti altri prodotti similari, dunque d’animazione destinata un pubblico estremamente ampio capace di abbracciare e dialogare con spettatori di ogni età, solitamente falliscono.
La struttura narrativa vede alternarsi tra loro, un presente dalla complessa collocazione temporale – giorno d’oggi? Anni 2000? Forse oltre? Non ci è dato saperlo – ed un passato che ritrova il celebre Gino Bartali alle prese con il salvataggio di 800 ebrei in un’Italia non più soleggiata ed estiva come quella vissuta da David e Ibrahim, piuttosto autunnale, cupa e feroce, nonostante il dramma appaia soltanto per qualche attimo. Tra la cura per i personaggi disegnati da Corrado Mastantuono e quella per i fondali ad opera di Andrea Pucci, l’animazione 2D di La bicicletta di Bartali, seppur convenzionale, non perde mai né di agilità, né di concretezza, riservandosi se non altro il merito d’essere facilmente godibile e d’intrattenimento.
Se è vero che una perdurante forma di innocenza e di già visto sembri accompagnarci dai titoli di testa fin quasi ai titoli di coda, è altrettanto vero che Paolantonio e così i suoi due sceneggiatori non perdano mai una singola inquadratura, concentrandosi maniacalmente sull’importanza di ognuna di esse, scomponendo il racconto per poi formarlo e riformarlo ancora, fino alla sovrapposizione conclusiva, dunque il commiato dal pubblico servito dal messaggio di fede, in questo senso profondamente ateo poiché riferito all’amicizia e all’unione familiare e di anime simili tra loro, seppur separate dal sangue, ma riunite dallo sport e dalla convinzione che nel mondo non ci sia soltanto spazio per la cattiveria, bensì anche e soprattutto per la bontà. Un film gentile per grandi e piccoli, che non incide né schermo, né memoria, riservando però un buon intrattenimento e così un doveroso messaggio, tanto sulla fede, quanto sull’amicizia e la tolleranza. In sala da giovedì 1° agosto 2024 e disponibile su Rai Play.