La bisbetica domata: recensione del film Netflix di Anna Wieczur-Bluszcz
La recensione de La bisbetica domata. La commedia romantica polacca che rivisita Shakespeare, su Netflix dal 13 aprile 2022.
Più volte di Netflix si è detto di prediligere la quantità rispetto alla qualità. Un accusa per molti riduttiva e semplificatoria, viste le ottime proposte curate da personalità di rilevo nel settore che spesso hanno riscosso i risultati sperati sia in termini di pubblico che di premi ricevuti. Eppure, va detto, sbirciando nel catalogo mensile non è difficile imbattersi in titoli riempitivi come l’ultimo polacco La bisbetica domata, lì per colmare l’enorme richiesta di prodotti usa e getta piuttosto che imporsi con una propria originalità.
Disponibile dal 13 aprile 2022 nella doppia versione originale e doppiata, il film diretto da Anna Wieczur-Bluszcz esiste nel copia e incolla ripetitivo di commedie romantiche mescolate all’equivoco comico, impreziosite, se così si può dire, dalla riscoperta di uno scenario campestre/rurale in contrasto con la routine logorante delle metropoli moderne.
La bisbetica domata: Netflix e Shakespeare per un film deludente
Protagonista del racconto è una giovane apicoltrice-scienziata originaria dell’est Europa, trasferitasi a Chicago per inseguire un sogno di benessere e di amore reciproco ‒ sogno poi frantumato dal tradimento di lui colto in flagrante con la collega di turno. Disperata e furibonda, Kaska, interpretata dall’attrice Magdalena Lamparska di 365 giorni, torna quindi a Zakopane, piccolo centro alpino al nord della Polonia incastonato fra una splendida valle e una collina. Nessuno, lì nel rifugio, si aspetterebbe mai di rivederla in patria, nemmeno il fratello maggiore, ormai proteso per la vendita del lotto di terra che condivide con lei e il socio di una vita.
Decisamente restia alla compravendita, per cercare di dissuaderla l’uomo ingaggia un affascinante ragazzone (Mikołaj Roznerski), braccato dalla malavita e quindi disposto a tutto, con l’idea di sciogliere il suo carattere scorbutico e convincerla che in realtà quello della contadina non è un mestiere che fa per lei. Tra i due però si instaurerà un legame che va ben oltre la finzione, e il sentimento appena nato porterà il secondo a rivelare tutto.
Commedia e caratteri. Boschi e love-story
Rivisitazione a grande linee del canovaccio shakespeariano, La bisbetica domata insiste nella caratterizzazione dell’irascibilità della protagonista femminile (insita nell’opera originale), incapace di tenersi un uomo perché intrattabile nell’indole furibonda. Accanto a lei fanno da contorno dei personaggi altrettanto tipicizzati: il fratello e il compare bisticcioni, la procace infermiera, la locandiera affettuosa, la ragazza incinta di paese. Un ritratto semplicistico e agée di un mondo che sembra ancorato al passato, detentore della vita genuina com’era una volta e sempre minata dall’avidità tentacolare del capitale.
Fiacco e privo di sorprese, soprattutto per chi su Netflix ha già visto operazioni simili (La parola addio non esiste, Resort to Love, Natale in California), La bisbetica domata si accoda alle classiche storie di ambiente e innamoramento: vicende in cui il trasferimento più o meno volontario dalla città alla natura costituisce per l’eroina di turno la possibilità di una rinascita dal torpore metropolitano, rivelatosi insoddisfacente. Un’uscita dalla bolla dell’illusione tecnologica per risvegliarsi e respirare a pieni polmoni l’aria fresca di casa, qui ampiamente giocata visivamente con panoramiche e folklori polacchi per mettere in risalto l’immaginario comune della vita fra i boschi.
Taglialegna, specialità autoctone, gare di paese e camice di flanella. Di questa versione de La bisbetica domata rimane, come spesso accade, la finestra itinerante sulla gradevolezza del paesaggio piuttosto che la godibilità di visione cinematografica. Un film costruito su infantili siparietti comici e tanta noia melensa che non aggiunge nulla al bagaglio culturale dello spettatore, né tanto mento regalare un pomeriggio di svago. Forse allora chi parlava di qualità e quantità non ha poi tutti i torti.