La casa degli oggetti: recensione del film di Jorge Dorado
Il film con Álvaro Morte, China Suárez e Verónica Echegui è disponibile su Sky e NOW tv
L’aggiustamento di una rottura interna passa per l’oggettificazione di uno stato d’animo nel nuovo film di Jorge Dorado (Anna, The Head), La casa degli oggetti, opera che vede come protagonista il celebre “professore” de La casa di carta, Álvaro Morte. Non è certo un caso che la pellicola, sorta da una coproduzione tra Spagna, Germania e Argentina, che vede l’unione di Tandem Films, Setembro Cine, Tormenta Films, La Maleta Perdida AIE, Pampa Films, In Post We Trust e Rexin Film, riprenda nella sua titolazione italiana la nomenclatura del fenomeno di massa che ha dominato le classifiche Netflix per alcuni anni, puntando tutto sulla fama dell’interprete, nonostante la sua quasi indelebile identificazione nel personaggio della serie. Sorto in patria come Objectos, e divenuto poi Lost & Found per la distribuzione internazionale, il film dalle venature thriller, oggi disponibile su Sky e NOW tv, vede però anche la partecipazione di China Suárez (Abzurdah), Verónica Echegui (L’ofrena) e Zorion Eguileor (Il buco).
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La trama de La casa degli oggetti
Mario (Álvaro Morte) è impiegato presso l’ufficio oggetti smarriti, luogo in cui l’accumularsi di stralci di esistenza, rinvenuti dalla polizia o semplicemente giunti sino a lì, dà a lui l’opportunità di restituire nuova vita alle cose, riponendo in questo suo lavoro restaurativo lo sfogo dei tormenti di un passato sottaciuto per gran parte del film. Gli occasionali incontri con Helena (Verónica Echegui), agente di polizia a stretto contatto con il suo ufficio, non sembrano destarlo più di tanto dal suo impegno riabilitativo ma è invece l’arrivo di una misteriosa valigetta rossa a calamitare ogni sua attenzione, soprattutto dopo il rinvenimento, al suo interno, dello scheletro di un neonato avvolto dalle proprie vesti e dal fango.
Informata la polizia, il protagonista decide di investigare per proprio conto, arrivando molto presto a scoprire un giro di prostituzione d’alto borgo e a conoscere la meravigliosa Sara (China Suárez), identificata fin da subito come la madre dell’infante trovato morto. Mario decide di occuparsi della donna ma l’accrescere del loro rapporto porterà lui a scontrarsi con il mondo della criminalità e lei a conoscere il torbido passato del suo salvatore.
Uno smarrimento che parte dall’interno
L’oggetto qua non è altro che la metaforica concretizzazione della disperazione del protagonista, sempre sul punto di crollare, visibilmente tormentato da qualcosa e bisognoso del suo lavoro perché lui, convinto di essere “veleno che uccide tutto quello che tocca“, possa restituire vita, prima alle cose, poi alle persone, come se la salvezza Sara possa fungere da sua redenzione e da rinascita non solo per lei, ma anche per lui. Mario è smarrito come i suoi oggetti, come il corpo decomposto di quel minuscolo individuo, e la ricerca di una strada per esso corrisponde ad una ricerca per sé stesso.
La casa degli oggetti: valutazione e conclusione
Sebbene le premesse e questo suo intento metaforico di fondo sembrino attribuire al film una valente chiave di lettura e uno status d’alto interesse, sono le lacune e le defezioni soprattutto in fase di scrittura e d’interpretazione a depauperarne le possibilità. L’intreccio appare come un climax inverso, che parte brillante ma si offusca e non riesce a soddisfare le interessanti premesse iniziali, andandosi a perdere in un susseguirsi di situazioni inverosimili, di risvolti sin troppo repentini e quasi sempre privati di un apporto patetico che, se sviluppato in maniera differente, avrebbe invece arricchito l’opera di emozionalità. Un’emozione che va a perdersi anche sulla prova di Álvaro Morte, la cui credibilità non appare mai veritiera ma bensì forzata, con l’immagine di lui che, per il pubblico, rimane ancorata a quella dell’ideatore del colpo alla Zecca di Stato spagnola. De La casa degli oggetti rimane l’intento, rimane l’idea, ma il risultato si smarrisce, si depotenzia e urla ad un aggiustamento che nemmeno la disperata determinazione del protagonista riesce a compiere.
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