Venezia 74 – La Casa sul Mare (La Villa): recensione del film di Robert Guédiguian
Un film che sprigiona oscurità e nostalgia e attraverso il quale il regista firma un'opera che fa ritorno, che misura le ideologie.
La Casa sul Mare (La Villa), presentato in concorso alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia, è diretto da Robert Guédiguian ed interpretato da Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan e Jacques Boudet.
La Villa è ambientato in una città molto cara al regista, Marsiglia, in cui un signore anziano, proprietario di un casale sul litorale, viene colto da un ictus che lo rende inerte, con lo sguardo fisso e incapace di parlare. I suoi figli, Joseph, Angela e Armand, si riuniscono nella villa per potergli stare accanto. Angela è un’attrice di teatro che vive a Parigi, Joseph condivide la sua malinconia con una ragazza molto giovane e Armand vive a Marsiglia e gestisce il ristorante di famiglia. Questo gruppo di persone si ritroveranno a vivere giornate burrascose, fatte di bilanci, considerazioni e di ideali infranti sullo sfondo di una Francia in continuo divenire.
La Casa sul Mare (La Villa) è un film che sprigiona oscurità e nostalgia, un film diviso in stanze, in momenti che convergono e che si affacciano in maniera aggettante agli occhi dello spettatore. Una pellicola che prodiga ostinazione verso il passato, traghettato da una famiglia che non riconosce i propri passi, che reagisce in modo disordinato al proprio presente.
La Casa sul Mare (La Villa): è un film che sprigiona oscurità e nostalgia
Ed è notevole la cifra stilistica di un regista che naviga con lentezza e affezione verso le sponde di un casale e dei suoi abitanti, personaggi che non riescono più a riflettere nulla di loro stessi, tentano di misurare le proprie parole, i propri gesti rimarcando un vissuto che è inconciliabile con la realtà. La Francia degli ultimi anni non è ben ben redatta, è mostrata in modo ellittico, ma nonostante ciò la fruibilità non è minata in toto, se non altro grazie a pochi soggetti filmici, come Angela e Joseph. Essi si collocano senza strozzature o ricami eccessivi nel mondo odierno, probabilmente i personaggi meglio riusciti della pellicola.
Queste persone che si incontrano e si ritrovano dopo tempo in quei luoghi, vivono lo stesso dramma: il tempo. Non in quanto esso passi ugualmente per tutti, ma nella misura in cui esso cambi tutto, rendendo ogni cosa attorno a loro figlia di una metamorfosi di cui hanno poca responsabilità, o forse ne hanno troppa.
E proprio mentre tutto tace e volge verso il declino, appaiono tre bambini, nascosti tra gli arbusti; rifugiati che tacciono, che come loro sono un’eco della fraternità, una speranza, la possibilità di far sorgere una comunità diversa, che come loro cercano un riparo, un focolare, chi dalla guerra, chi dalla miseria e chi dalla vita stessa.
Guédiguian con La casa sul mare firma un’opera che fa ritorno, che misura le ideologie
Guédiguian firma un’opera che fa ritorno, che misura le ideologie, le mostra solcate dalla fatica, dalle intemperie di una vita, mostra il ricordo sfocato di una dottrina che oggi non convince, è pieno di grinze, di increspature, come in Rouge Midi, o Marius et Jeannette. La Casa sul Mare (La Villa) dimostra come un cinéaste engagé possa a volte perdersi nelle sue storie, possa inciampare in momenti sospesi della narrazione, momenti che si prende per dialogare col passato, che minacciano l’esposizione di un racconto che di per sé appare prolisso e dispersivo.
Marsiglia è una città che si vede negli occhi di chi la abita, non appare, non è sgargiante né ingombrante, si lascia essere, si lascia attraversare e i personaggi le somigliano, tentano di ricomporsi, di trovare un modo di esistere, ma il loro mondo, o meglio quello che li ospitava è deturpato, è il sintomo di qualcosa che sta arretrando, è una vita senza soluzione. Forse una soluzione c’è, e Guédiguian la suggerisce in un’eco di tre bambini silenti.
La casa sul mare (La Villa) è al cinema dal 12 aprile con Parthenos.