La cosa migliore: recensione del film con Luka Zunic
Federico Ferrone, regista molti documentari, si approccia al primo film interamente di finzione con La cosa migliore, è stato presentato alla 22ª edizione di Alice nella città, durante la 19ª Festa del Cinema di Roma. Raccontando con grande sensibilità la storia di Mattia, volto di Luka Zunic, La cosa migliore affronta anche numerose altre tematiche, come la musica, l’elaborazione del lutto, la difficoltà di comunicazione, le afflizioni dell’adolescenza e la fede islamica. Nel cast sono presenti, oltre a Luka Zunic, Fabrizio Ferracane, Lawrence Hachem Ebaji, Abdessamad Bannaq, anche consulente del film, Laura Pizzirani, Giulia Valenti, Davide Lora, Francesca Rabbi e Giuseppe Sepe.
La cosa migliore e la vulnerabilità dell’adolescenza
Mattia, 19enne fragile e sensibile, è vittima di un senso di colpa che lo attanaglia. Da pochi mesi suo fratello è morto e lui non riesce a smettere di sentirsi responsabile. Ci sono segreti da svelare e drammi da superare, ma sopratutto un mondo nuovo al quale affacciarsi, prima da solo, poi in compagnia di coloro che gli illustreranno quel delicato percorso che aveva intrapreso il fratello. La cosa migliora si colora così di figure e personaggi interpretazione di concetti teorici e metafisici e di punti di vista sul mondo. L’universalità del film tocca tutti i temi espressi: la generazione degli adolescenti di oggi, la musica come espressione del disagio giovanile e dei turbamenti dell’animo umano, la famiglia con la quale è difficile comunicare se si tratta di due genitori che hanno affrontato il lutto più doloroso e cioè quello della perdita di un film, e l’estremismo, legato nel film alla religione, che rischia di fuorviare le menti e distorcere la realtà del mondo.
Soprattutto quest’ultimo punto è centrale nel film di Federico Ferrone che si pone, oltre che come un ritratto generazionale di un ragazzo distrutto dal senso di colpa, arrabbiato con un mondo che non lo capisce, e ingenuo come è giusto essere da adolescenti, anche come una riflessione sulla fede. In particolare quella islamica. Una scelta che il regista prende con il chiaro intento di mostrare come l’Islam sia solo un pretesto e che il percorso di conversione intrapreso da Mattia poteva avere fondamenta differenti e interessare altri ambiti. Il confronto interreligioso è però comunque un’altra importante tematica del film, che mostra, come in ogni religione e in ogni situazione, esistano gli estremi opposti, e come, nel caso dell’Islam, spesso si confonda l’essere musulmano con il far parte dell’aspetto più radicale e violento della fede islamica, facendo del fanatismo religioso e dell’integralismo l’unica modalità per definire l’Islam. La cosa migliore mostra due diverse forme di vivere la religione, rappresentando anche ciò che attira Mattia, che caratterizza l’islamismo.
Ogni ambito ha più di una sola direzione
Nelle strade che percorre Mattia cerca di dare un senso alla propria vita, confuso e turbato. L’attore che lo interpreta, Luka Zunic, è capace di trasmettere tutta la sensazione di affanno, tensione e ansia propria dell’adolescenza, in particolare di quella attuale. Mattia in La cosa migliore è prefigurazione allegorica della depressione e dello sconforto che arrivano a seguito di un lutto e che, nella sua evoluzione, fa esplodere l’inquietudine. Alla ricerca del proprio posto nel mondo, cercando di capire l’essenza più profonda dell’esistenza, si accorge come lui stesso sia ora improvvisamente senza una guida e senza punti di riferimento. La cosa migliore, all’inizio, presenta anche il Mattia più spensierato e imprudente, ma anche allora, si sta inserendo, in lui, un frastuono di sensazioni, che diventa poi caotico e indomabile. L’atmosfera che pervade il film è quella del significato e del criterio percettivo di scoperta, di sé e degli altri. Dove gli altri sono il collega marocchino Murad, l’Islam più liberale e moderato, e quello di Rashid, fratello di Murad, e che si è avvicinato al fondamentalismo religioso.
La cosa migliore: valutazione e conclusione
Federico Ferrone rappresenta entrambi i segmenti di tutto cioè che viene raccontato, senza giudicare e, soprattutto, accentuando e marcando le sfaccettature dell’essere umano, che si modificano e districano nel passaggio dall’adolescenza all’età adulta. Si respira un clima di fiducia nei confronti del personaggio di Mattia, immagine simbolica dei giovani d’oggi e che Ferrone snocciola, con prudenza e cautela, nell’esplicazione che non esistono regole giuste da seguire, percorsi da attuare o leggi alle quali sottostare. La conversione di Mattia ha radici profonde, nell’Islam lui ritrova quel senso di accoglienza e fratellanza che ha perso in qualsiasi altro luogo e che non ritrova più in nessuna delle persone che componevano la sua vita. L’Islam è chi era il fratello prima di morire, e quel sentirsi diverso insieme agli altri; è quello scopo nella vita, quel far parte di una comunità. Quel pericolo che rappresenta Rashid, un pericolo non legato alla religione islamica, ma a qualsiasi estremismo e fanatismo che, Ferrone descrive con serietà, non va intenso come sinonimo di Islam.
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