Venezia 78 – La dernière séance: recensione del film di Gianluca Matarrese
L'opera è un'esplorazione intima e sincera della vita quotidiana di un sopravvissuto, tra il tormento del passato e una vita in continua trasformazione.
La dernière séance (titolo internazionale The Last Chapter), ultimo documentario scritto e diretto da Gianluca Matarrese (Fuori Tutto, Barbara Pravi, voilà qui je suis) è un inno puro alla vita di un uomo comune di 63 anni, Bernard, realizzato in prima persona dal suo amante, che è lo stesso Matarrese. L’occhio artistico e umano della cinepresa ci consente di vivere direttamente tutto il percorso anagrafico del protagonista, soffermandosi su aspetti molto delicati e sensibili della sua esistenza, dal suo rapporto con la sessualità (in particolare alcuni dei suoi feticismi come il bondage e il sadomasochismo) e l’immenso dolore che ha dovuto affrontare nel corso del tempo, avvertendo la morte sulla sua pelle più di una volta, ma riuscendo comunque a sopravvivere.
Il ritratto che ci offre il lungometraggio è di rara bellezza perché, oltre a raccontare senza filtri una quotidianità privata ed intima, lo fa con una delicatezza ammirevole che cattura ogni singola briciola della vitalità e della passionalità di Bernard, un uomo spinto e alimentato dalla sessualità, vera e propria essenza rappresentativa del suo io più profondo e personale. Il risultato è una pellicola sicuramente controversa, dalla personalità e identità forte e decisa, capace di scuotere gli animi e di colpire direttamente lo spettatore senza troppi giri di parole, perché i fatti parlano da soli. L’opera è l’evento di chiusura della Settimana Internazionale della Critica alla Biennale di Venezia 2021, sezione parallela e autonoma rispetto alla kermesse principale.
La dernière séance: cronistoria degli amori perduti
Fin dalle prime battute di La dernière séance capiamo l’importanza della sessualità e dell’amore per Bernard. Secondo il protagonista, cercando di interpretare un po’ la sua filosofia, le due sfere sopracitate sono la stessa cosa: lui stesso sostiene che la passione e il rapporto intimo sono il nucleo fondamentale dell’esperienza amorosa. Da questo si capisce che, durante il corso della pellicola, ogni singola esperienza o insegnamento di vita che l’uomo vuole trasmetterci, va letto attraverso questo filtro. Mano a mano che passano i minuti, tra un passaggio sulla quotidianità del personaggio all’altro, scopriamo aneddoti e racconti su cosa significa, dal suo punto di vista, la parola affetto.
Centrale in tal senso è il rapporto sadomasochista che Bernard intraprende con i suoi amanti, che, se un occhio bigotto e disattento potrebbe semplicemente ricondurre ad una perversione sessuale, in realtà nasconde una ritualità e un’attenzione ben precisa, dalla scelta accurata degli “strumenti del mestiere”, alla ricerca più profonda e intima del piacere attraverso gesti e movimenti ben precisi. Il regista, concentrandosi su questi aspetti, riesce ad evocare arte, natura e sentimento, senza mai essere volgare, veicolando un messaggio libertino con una immediatezza e spontaneità sconvolgente.
Dall’estremo più alto e intenso dell’Eros, raccontando le esperienze dell’uomo, si scivola anche nel Thanatos più drammatico e doloroso, espresso dalla scomparsa di due indimenticabili amanti di Bernard, morti entrambi a causa dell’AIDS. In uno dei momenti più toccanti de La dernière séance, Matarrese inquadra le diapositive fotografiche che gli mostra il protagonista, che non solo rappresentano parti gioiose e allegre della sua vita, ma anche il declino psico-fisico dei due giovani amati dall’uomo, in pochi anni distrutti e logorati da una malattia che non lascia scampo e che rendono a tutti gli effetti Bernard uno scomodo e inconsolabile sopravvissuto ad un male crudele.
I due non sono mai stati dimenticati dal protagonista, che anzi, li ricorda con molta dolcezza e commozione, diventando inoltre dei memento mori viventi, degli spenti sudari che continuamente gli sussurrano che, nonostante se la sia scampata perché è sieronegativo, la morte si riprende tutto, è solo questione di tempo. Ecco svelato il motivo del titolo internazionale: il trasloco di Bernard in una nuova casa viene visto da lui come l’ultimo capitolo della sua vita che, anche se non sa quanto durerà, stacca profondamente con tutta la sua esistenza precedente, quasi si stesse avvicinando ad un deterioramento spirituale e mentale, stanco oramai di essere un sopravvissuto, attanagliato da troppa morte e rimpianti.
La dernière séance: uno sguardo puro e intenso, intriso di amore ed emozione
Il tenero rapporto tra il regista e sceneggiatore della pellicola (scritta anche da Nico Morabito), Gianluca Matarrese e Bernard, è il fulcro principale dell’esperienza sensoriale e contenutistica dell’intero progetto: lo sguardo che infatti il film-maker ha riservato al suo amante più maturo è pregno di significato, di amore, rispetto e tanta tanta ammirazione. Perché Bernard, nonostante le continue avversità della vita, non abbandona mai il sentiero. L’autore lo inquadra molto spesso in primo piano, alternando messe a fuoco del suo volto ad altre che invece indirizza ai suoi oggetti, sia sessuali che non, che fanno parte del vissuto del protagonista e sono estensione della sua potente e intensa vitalità.
Il risultato è toccante e poetico e riesce a creare un particolare canale di comunicazione tra il pubblico e il 63enne, senza l’utilizzo di nessun filtro, ma anzi, puntando proprio alla verità così come appare. Certo, si tratta pur sempre di un documentario, ma è straordinario notare che la barriera filmica si assottiglia sempre di più, squarciando il velo della realtà in maniera davvero palese, quasi fosse un dialogo a tre tra Gianluca, Bernard e lo spettatore stesso.
In ambito narrativo, abbiamo una sceneggiatura piuttosto scarna: principalmente, i dialoghi, gli scambi di parole della coppia e i monologhi di Bernard non sembrano costruiti, quasi segnalando una non utilità di un copione vero e proprio. Quest’ultimo si rivela invece in modo palese nella costruzione de La dernière séance in singoli capitoli, che introducono, tramite delle frasi significative, alcuni passaggi e momenti del trasloco del protagonista, occasione spesso di parlare del passato e dell’imminente futuro. Tale divisione è l’unico confine che ci fa capire che ci troviamo di fronte ad un documentario, sennò avremmo dubbi sul fatto di aver vissuto quegli attimi in prima persona. Un necessario distacco che sposta l’attenzione nuovamente sui due amanti, allontanando spesso il pubblico da alcuni eventi specifici.
Se è indubbio che la realizzazione sia effettivamente un’opera sincera, emozionante e riuscita brillantemente, il timore più grande è insito nel target al quale si rivolge. Il rischio che incontrano titoli di questa tipologia è che potrebbero incontrare opposizione da parte degli spettatori, se non predisposti mentalmente ad un certo tipo di cinema e argomenti delicati. Di per sé la cosa non è particolarmente importante, ma contestualizzando il tutto in un’ottica commerciale è chiaro che è un problema da mettere in evidenza, soprattutto pensando ai potenziali fruitori della pellicola.
La dernière séance è un’opera estremamente coraggiosa e atipica, frutto da un lato dalla reinterpretazione, in chiave moderna e innovativa del concetto di Eros e Thanatos, dall’altro di una visione della sessualità che scardina completamente i tabù e la standardizzazione dell’argomento alla quale siamo abituati. L’occhio del regista, complice l’intimità con il protagonista, è incredibilmente naturale, sincero ed emozionante, senza nessun costrutto artificiale tra spettatore e contenuto stesso del documentario. Se quindi la regia e la scrittura sono mirabili e puntano sull’intensità e il sentimento, ciò che potrebbe far leggermente storcere il naso è l’audience al quale è rivolto il progetto, forse un po’ troppo esclusivo nella forma e sostanza. In conclusione, un lavoro da tenere d’occhio, brillante e sfavillante, come l’estro creativo e la passionalità di Bernard.