La dolce arte di esistere: recensione
Il mondo cinematografico è popolato da personaggi eroici, uomini o donne che vedono nella loro straordinarietà la possibilità di un intervento salvifico sul mondo. Nella vita reale, tuttavia, l’essere “diversi” spesso non è sinonimo di successo ma di invisibilità sociale, specie in un mondo come quello odierno, caratterizzato da una perenne frenesia e da un malsano quanto necessario istinto di omologazione, pena l’esclusione e l’emarginazione.
Proprio l’ ansia da prestazione sociale è il tema de La dolce arte di esistere, secondo lungometraggio per la regia di Pietro Reggiani che, lungi dalla prospettiva di Salvatores ma involontariamente profetico per l’argomento trattato (il film è stato girato con due anni di anticipo rispetto a Il ragazzo invisibile), ha deciso di portare sul grande schermo il tema dell’invisibilità psicosomatica, una patologia mentale qui riconosciuta, causata da carenze o eccessi nelle cure genitoriali e che si manifesta in conseguenza a stimoli sociali ritenuti eccessivamente stressanti per la psiche di chi ne è colpito.
Roberta (Francesca Golia) ha avuto genitori molto “discreti”: dopo aver passato l’infanzia a richiedere timidamente e invano le giuste attenzioni, è divenuta una ragazza fragile, costantemente bisognosa dell’attenzione di chiunque, pena scomparire; contemporaneamente Massimo (Pierpaolo Spollon) è cresciuto sotto la pressione di genitori fin troppo “attenti”, determinati contro ogni evidenza a crescere un figlio intellettivamente superdotato e circondato da coetanei di alta estrazione socio-culturale: di conseguenza, Massimo non sopporta la minima pressione sociale e, non appena avverte le attenzioni e le minime aspettative di qualcuno, come Roberta diventa invisibile.
Cosa succede quando i due casi clinici casualmente si incontrano? Riusciranno i due ragazzi a trovare un loro posto nel mondo?
La dolce arte di esistere utilizza un tono sottilmente parodistico per raccontare con ironia ed intelligenza le difficoltà di due ragazzi straordinari, ed allo stesso tempo comuni, nell’affrontare la vita: in una società che oscilla schizofrenicamente tra l’indifferenza più aberrante e il desiderio di sapere tutto di tutti, è difficile anticipare e soddisfare le aspettative del prossimo e, se non si è abbastanza equipaggiati, il rischio di esistere senza vivere è pericolosamente in agguato.
Ecco quindi la necessità di trovare degli espedienti che rendano le debolezze un punto di partenza per inventare un buon modo di essere, a dispetto dei propri limiti ma anche di quelli di chi si professa vincente: la propria, personale, dolce, arte di esistere.
Pietro Reggiani sceglie uno spunto originale ed altrettanto difficile, basando la sceneggiatura su poche battute di grande effetto, posizionate con magistrale competenza, ed una voce narrante (quella del grande Carlo Valli) che accompagna lo spettatore alla scoperta del magico mondo di Roberta e Massimo, un po’ come Jean-Pierre Jeunet ne Il Favoloso Mondo di Amélie, altro personaggio meravigliosamente atipico alla ricerca della propria strada.
Il resto lo fanno le espressioni dei protagonisti, intenti a conferire sempre il giusto tono agli accadimenti e abili nello schivare il rischio altissimo di risultare caricaturali.
Il risultato è una commedia giocata su equilibri sottilissimi, che riserva numerosi momenti di umorismo esilarante e arguti spunti riflessivi sulla nostra società ed i “nuovi mostri” da essa creati. Unica pecca la sensazione che si sia faticato un po’ nel trovare una risoluzione alla tanta carne messa al fuoco, con la conseguenza di un rallentamento del ritmo di narrazione nell’ultima parte, seguito da una brusca accelerata finale che forse non chiude perfettamente il cerchio. Un piccolo neo che merita assoluta indulgenza, per questa piccola grande opera che ci ricorda quanto e come il cinema indipendente sia una presenza qualitativamente forte ed indispensabile nel non proprio roseo panorama della distribuzione cinematografica italiana.
La dolce arte di esistere sarà distribuito in selezionati cinema italiani a partire dal 9 aprile, grazie ad Adagio Film in associazione con Emmedue Videoproduzioni; nel cast anche Anita Kravos, Rolando Ravello, Salvatore Esposito.