La Famiglia di Elefanti: recensione del film Disney+
Per sopravvivere al sopravanzare dell'aridità un gruppo di elefanti intraprende, come i suoi antenati, la lunga marcia verso il Delta dell'Okavango.
Disney ha da tempo intravisto le possibilità che le grandi narrazioni sul mondo della natura e sui suoi abitanti racchiudono per poter offrire ai più piccoli qualcosa che non sia solamente intrattenimento ma che comprenda anche una marcata componente didattica. Prodotto da DisneyNature e messo a disposizione, come anche Echo, Il delfino, sulla piattaforma Disney+ in occasione del Mese della Terra, La Famiglia di Elefanti, diretto da Mark Linfield, si colloca in questa scia, raccontando la grande marcia di una comunità di elefanti del deserto del Kalahari alla ricerca di cibo e, soprattutto, acqua, un cammino che questi pachidermi intraprendono da generazioni sfidando pericoli di ogni sorta, diretti verso il Delta del fiume Okavango.
La vita degli elefanti in marcia alla ricerca di acqua e cibo è raccontata dalla voce narrante della Duchessa di Sussex Meghan Markle per la versione originale e da Elisa per quella italiana
È un lungo viaggio quello degli elefanti del Kalahari, scandito dal passo lento e possente degli enormi animali, ostacolato da predatori, fiumi da attraversare, tempeste di sabbia, assenza di acqua o di nutrimento. A raccontarcelo è la Duchessa di Sussex Meghan Markle (la cantante Elisa nella versione italiana) che nella veste di voce narrante segue gli elefanti nelle loro peregrinazioni.
Come in ogni racconto Disney che si rispetti c’è un cucciolo nel quale i più piccoli possano identificarsi a fare da filo rosso, che in questo caso è il piccolo Yomo, circondato dal resto della grande famiglia degli elefanti: la mamma, la guida della comunità matriarcale Gaia, la sua erede Shawnee e tutti gli altri. Per Yomo il lungo cammino è ancora un gioco, ma l’elefantino è perfettamente in grado di comprendere che nel vasto deserto dove ognuno bada a se stesso c’è poco da scherzare. Fortunatamente per lui, la comunità degli elefanti è tra le più empatiche e vicine e nessuno lascia indietro i compagni: le battaglie per la sopravvivenza si combattono insieme. E nonostante le sfide non siano poche il nemico per eccellenza di Yomo e dei suoi compagni è l’aridità, una condizione dove la vita sembra essere lontana anni luce e il polverone di sabbia che si solleva a ogni passo l’unico rumore. Ambienti di questo tipo non sono nuovi ai pachidermi ma il messaggio ecologista dietro a La Famiglia di Elefanti non manca, mettendoci sotto agli occhi i rischi della desertificazione del pianeta, un pericoloso processo da tempo in corso che va di pari passo con l’inquinamento, ormai fuori controllo, del Pianeta.
Già compositore delle musiche di Games of Thrones e Iron Man Ramin Djawadi fornisce una colonna sonora al viaggio di Yomo e dei suoi compagni
Alcuni passaggi, lungo la migrazione dell’ingombrante branco, sono cinematograficamente più efficaci di altri. Tra questi, ad esempio, i momenti nell’acqua, quando la necessità di abbeverarsi si trasforma presto nell’occasione per rotolarsi nelle pozze con una tale dedizione che presto l’acqua diventa fango, dunque un compagno di giochi – ma anche un elemento importante per gli elefanti per proteggersi dai raggi del sole e persino per assumere nutrimento – ancora più ghiotto, con il quale è però necessario relazionarsi con cautela per evitare di finire imprigionati nella melma. Ugualmente affascinanti sono le nuotate in acque più profonde degli elefanti, colossi perfettamente a loro agio con l’elemento acquatico: raccontata dalle telecamere subacque della produzione Disney+, la traversata del fiume che il branco deve affrontare sembra avere come protagonisti un gruppo di ballerini invece che una mandria di elefanti dal peso di diverse tonnellate. Allontanandosi invece dall’acqua, gli elefanti si imbattono ad esempio nei teschi e nelle ossa dei compagni che li hanno preceduti e non sono riusciti a raggiungere il prezioso liquido che determina le grandi loro marce. Il branco si sofferma a contemplare quel che resta degli animali, passando la proboscide tra le ossa e la sabbia.
Quanto ci sarebbe da imparare dalla pazienza del mondo animale e dalla marcia di centinaia di chilometri del branco di elefanti, nel corso della quale si nasce, si muore, si ha fortuna e si ha sfortuna. Condito da una colonna sonora di musiche africane spesso arricchite dagli archi composta per Walt Disney Records da Ramin Djawadi – già dietro alla musica di, tra gli altri, Games of Thrones e Iron Man –, il viaggio degli elefanti non si ferma. Auguriamoci che non accada mai che a fermali saremo noi, con i nostri comportamenti sconsiderati.