La Fossa delle Marianne: recensione del film
Si percepisce fin da subito, dal primo minuto l’ansia che Paula sente, compagna dolente che le sta addosso senza lasciarla mai. Paula pensa, ripensa al fratello minore, morto giovanissimo, e alla sua dipartita di cui si sente in colpa. Racconta la cognizione del dolore, il lutto, la scoperta di sé e delle proprie capacità di rinascere, La Fossa delle Marianne – in sala dal 24 aprile 2025 – della regista e sceneggiatrice Eileen Byrne, che firma un delicato e struggente road movie, tratto dall’omonimo romanzo di Jasmin Schreiber, biologa e scrittrice tedesca tra le voci più interessanti della narrativa contemporanea. Eileen Byrne porta sullo schermo una storia che mette insieme dramma e commedia, l'”inverno” e la primavera, l’elemento acqua e la strada, attraverso due personaggi estremamente diversi ma uniti da una vita non sempre alleata.
La Fossa delle Marianne: un cimitero, due sconosciuti e un camper

Al centro di La Fossa delle Marianne ci sono Paula, interpretata dalla giovane e talentuosa Luna Wedler, e Helmut, interpretato da Edgar Selge, la prima, una giovanissima donna, devastata dalla perdita del fratello minore, il secondo, un anziano eccentrico che una notte, nel silenzio di un cimitero, tenta di dissotterrare l’urna della moglie per portarla con sé in Italia. Proprio lì si incontrano Paula e Helmut, tanto diversi e distanti eppure vicini. Costruiscono un rapporto intenso e pieno di sfaccettature e compiono un viaggio fatto di dolore e risate, confronto e complicità. Entrambi devono fare i conti con la morte, l’una con quella del fratellino, l’altro con quella della moglie dopo quella del loro figlio, hanno un modo diverso di reagire a ciò che è accaduto, se la ragazza si fa sopraffare dallo strazio, non riesce neppure a immaginare come esistere senza il fratellino, sparizione di cui si sente ancora colpevole, l’uomo sa che deve andare avanti, li ricorda, li pensa ma non si è fermato in una stasi soporosa. Dopo l’incontro in cimitero i due scappano con il camper di Helmut alla volta dell’Italia: lui deve andare in Alto Adige, lei a Trieste. La Fossa delle Marianne è un road movie potente e intenso, è uno spostamento fisico ma anche emotivo; Paula e Helmut sono distanti tra loro, anche a causa della differenza d’età, sono distanti da loro stessi e dalla persone che non ci sono più. Lungo questo percorso ci sono momenti importanti, unici e ad ogni passo le “lontananze”, le diffidenze vengono meno e i due protagonisti crescono, si modificano, si conoscono e si riconoscono, mettendo da parte la solitudine. A cambiare è anche il tono della narrazione, è silenzioso, drammatico ma è anche divertito, grazie ad una scrittura che, con alcune trovate, riesce a strappare un sorriso mentre la situazione è triste.
La Fossa delle Marianne: un viaggio intenso di due personaggi diversi ma anche profondamente vicini

Paula viveva in quella fossa delle Marianne che dà il titolo al film, depressione dell’Oceano Pacifico tra il Giappone, le Filippine e la Nuova Guinea, che qui è metafora per esprimere l’abisso di dolore in cui è imbrigliata e intrappolata dopo la morte del fratellino Tim. Di notte si sveglia immaginando di essere inghiottita nelle profondità del mare, durante la giornata, quando si sente persa, dialoga con il fantasma del ragazzino, il cui corpo non è mai stato recuperato, sente il senso di colpa per ciò che è successo e per questo tutto ciò che sta intorno perde i contorni. Paula si è completamente isolata dal mondo e ha appena tentato il suicidio, tagliandosi le vene, incontrato Helmut, ricomincia a pensare che fuori dalla fossa la vita esiste, continua. L’uomo soffre, porta dentro il ricordo costante di chi non c’è più. Sia Paula sia Helmut sono chiusi nella loro sofferenza, quello che stanno compiendo è un cammino di autocoscienza, solo imparando a conoscersi e a riconoscere fragilità, insicurezze, paure, a volersi bene, ad aiutarsi e a prendersi cura dell’altro, inizieranno a uscire dal baratro.
La Fossa delle Marianne: conclusioni e valutazioni

La Fossa delle Marianne è una storia luminosa e malinconica insieme, di solitudine e di unione, un racconto che parla di lutto e rinascita, un film che mescola riso e pianto, profondità e risate.
Eileen Byrne realizza un film che riflette sul dolore e sul lutto, sulla morte e sulla rinascita. Grazie a interpreti intensi, la storia è in grado di mostrare con semplicità ciò che tocca Helmut e Paula, e lo spettatore vive ogni momento del loro viaggio tra comicità e dramma.