La grande magie: recensione del film di Noémie Lvovsky
In anteprima al 14° France Odeon l’adattamento in versione transalpina del testo omonimo del 1948 di Eduardo De Filippo firmato da Noémie Lvovsky, interpretato da Denis Podalydès e Sergi López.
La poliedricità, oltre alla smisurato talento del quale ha dato prova in tutti questi anni, è senza alcun dubbio una delle qualità principali di Noémie Lvovsky. Ne ha dato ulteriore dimostrazione nel corso della 14esima edizione di France Odeon, dove oltre ad avere messo in mostra le sue doti da attrice in Youssef Salem a du succès di Baya Kasmi e quelle da sceneggiatrice per Les Amandiers di Valeria Bruni Tedeschi, ha anche fatto vedere quanto valide siano le sue capacità dietro la macchina da presa. Nella kermesse fiorentina dedicata alla cinematografia transalpina, la Lvovsky ha presentato in anteprima italiana la sua ultima fatica da regista, la settima per il grande schermo, dal titolo La grande magie, la cui uscita nelle sale francesi è prevista per l’8 febbraio 2023. Nel frattempo, la pellicola ha intrapreso un fortunato percorso nel circuito festivaliero iniziato lo scorso settembre in quel di Deauville, al quale è seguita la tappa a Firenze, suggellata dalla vittoria del premio del pubblico.
La Lvovsky firma un libero adattamento per il grande schermo assai personale, ma profondamente rispettoso della matrice teatrale e del suo illustre creatore, Eduardo De Filippo
Per il suo nuovo film da regista, che la vede impegnata anche davanti la cinepresa in uno dei ruoli principali, la Lvovsky ha deciso di alzare e di molto l’asticella, aumentando il coefficiente di difficoltà scegliendo di confrontarsi con il testo di un vero mostro sacro. Basta pensare al titolo dell’opera in questione, nonostante si tratti di una delle meno note della sua produzione, per capire subito quale gigante della drammaturgia è stato chiamato in causa. Quel maestro è Eduardo De Filippo, autore dell’opera omonima dalla quale la regista ha realizzato un libero adattamento per il grande schermo assai personale, ma profondamente rispettoso della matrice teatrale e del suo illustre creatore. Il punto di partenza, di quella che è la prima trasposizione di un’opera letteraria per la Lvovsky, è proprio La grande magia, la commedia in tre atti scritta e interpretata da Eduardo nel 1948, inserita dallo stesso autore nel gruppo di opere che ha chiamato Cantata dei giorni dispari.
La grande magie è il risultato dell’incontro tra l’artista parigina e l’Arte del gigante partenopeo
Il film è il risultato dell’incontro tra l’artista parigina e l’Arte del gigante partenopeo, un colpo di fulmine avvenuto nel 2014, quando alla Comédie-Française andavano in scena delle rappresentazioni delle opere di Eduardo. Tra l’altro in un Paese in cui inspiegabilmente De Filippo e il suo teatro erano sconosciuti, come lo sono ancora oggi. Ecco allora che La grande magie acquista un peso specifico, un valore e un’importanza ancora maggiori, in quanto veicolo di scoperta e conoscenza in Francia del maestro napoletano. In tal senso, ci auguriamo che il film della Lvovsky possa rappresentare un primo passo per iniziare a colmare una simile e imperdonabile mancanza, portando la scrittura di Eduardo ai francesi. La regista si è fatta carico di una responsabilità non da poco, di quelle che farebbero tremare polsi e gambe a tutti, ma evidentemente non a lei che con lo stesso rispetto con il quale si è avvicinata a Eduardo, ha poi lavorato all’adattamento del testo in questione con la complicità in fase di riscrittura di Florence Seyvos e Maud Ameline, rendendo a entrambi un giusto e doveroso omaggio. Un processo, questo, che è stato portato avanti su un doppio binario che ha gettato le basi di un saggio e intelligente compromesso che sembra avere convinto il pubblico, gli addetti ai lavori e soprattutto gli eredi di De Filippo, con quest’ultimi notoriamente difficili da convincere quando si tratta di concedere i diritti. La Lvovsky ha dunque fatto a sua volta una grande magia portando a sé il testo, avvicinandosi e allontanandosi da esso e dal suo autore. Come? Semplicemente rispettando lo spirito quando c’era da farlo e tradendolo quando al contrario era necessario distaccarsene.
La grande magie è una piacevole commedia musicale che fa della leggerezza e dei tocchi di lirismo la propria cifra stilistica
La riuscita dell’operazione sta a nostro avviso proprio in questa capacità di scegliere la giusta distanza dalla sorgente, mantenendo però ben salde le colonne portanti del racconto in tre atti e gli ingredienti della ricetta originale: la magia e l’irrazionale, l’onirico e il poetico, ma soprattutto l’illusionismo, già affrontato da Eduardo in Sik-Sik, l’artefice magico. La Lvovsky aggiunge colori e sfumature alla tavolozza a sua disposizione e con pennellate personali dipinge sullo schermo una piacevole commedia musicale che fa della leggerezza e dei tocchi di lirismo la propria cifra stilistica. Ha preso in carico il testo, ill plot e i personaggi che lo animano, raccontando a modo suo la storia di Calogero Di Spelta, ora Charles, un marito geloso che si vede letteralmente scomparire la moglie in uno spettacolo di magia. Da qui nasce una catena di eventi tragicomici che l’autrice narra apportando piccoli ma significativi tradimenti rispetto al testo originale, a cominciare dallo spostamento dell’azione da un albergo di una località termale al grand hotel per ricchi borghesi situato nella Normandia di inizio Novecento. A questo aggiungiamo dei cambi sostanziali nei personaggi femminili, che qui sono più numerosi e presenti, una maggiore coralità nell’impianto drammaturgico che può contare su un gruppo di attori che, dal primo all’ultimo ruolo, contribuiscono a comporre un ricco e variegato affresco (su tutti Denis Podalydès e la stessa Lvovsky che veste i panni dell’assistente e moglie del mago interpretato da Sergi López), ma soprattutto la scelta di ricorrere nel corso della timeline a parentesi canore e danzanti che non ne fanno però un musical a tutto tondo come molti erroneamente sostengono. Ne scaturisce un film che commuove e diverte, mescolando senza soluzione di continuità cinema, teatro, canto, ballo, sentimenti, emozioni, sogno e realtà, vita e morte.