La Grande Scommessa: recensione del film di Adam McKay
La Grande Scommessa di Adam McKay racconta le vicende di tre gruppi di persone che, venuti a conoscenza dell’instabilità del mercato immobiliare americano, si operano per trarne grandi profitti scommettendo contro il mercato stesso. Una materia non semplice, quella raccontata in The Big Short, titolo originale del film: terminologia economica, bancaria, borse, Wall Street, Standars & Poors, insomma un calderone di concetti apparentemente lontani anni luce dal consumatore medio. Trattandosi di una storia vera, il film si sviluppa appunto prendendo tre diverse strade: la prima segue Michael Burry, interpretato da Christian Bale, manager di un hedge fund (un fondo speculativo) che nel 2005 scopre l’estrema instabilità del mercato immobiliare statunitense; prevedendo il collasso nel primo trimestre del 2007, decide, contro la volontà dei suoi investitori, di scommettere contro il mercato immobiliare così da trarne numerosi profitti; le banche visitate da Burry, i quali credono fortemente nella sicurezza del mercato, accettano la sua proposta. Nello stesso momento, l’investitore Jared Vennett, interpretato da Ryan Gosling, sente dell’operato di Burry da uno dei banchieri di cui si occupa; rendendosi conto della veridicità delle previsioni, decide di entrare nel gioco. Una telefonata erronea mette però in allerta l’operatore finanziario Mark Baum, interpretato da Steve Carell, che infine si unisce a Vennett. Come un domino, due giovani investitori Charlie Geller (John Magaro) e Jamie Shipley (Finn Wittrock) scoprono il piano Vennett e decidono anch’essi di partecipare alla rischiosa operazione finanziaria fiutandone il successo. Essendo però inesperti nel campo, decidono di chiedere aiuto al banchiere in pensione Ben Rickert, interpretato da Brad Pitt. I tre si recando all’American Securities Forum, una convention per addetti ai lavori, dove riescono a fare affari con successo.
La Grande Scommessa di Adam McKay si presenta con diverse candidature all’Oscar
Dal 2005 al 2008 ne passa acqua sotto i ponti e la storia è testimone delle vicende raccontate.
La Grande Scommessa mette insieme finzione e realtà documentando una vicenda vera utilizzando piccoli espedienti di grande impatto. Anzitutto, un montaggio dinamico e fresco alterna le tre diverse trame verticali con immagini reali dello scorso decennio, accorpando il processo cinematografico a documenti autentici che ne definiscono la potenza descrittiva. Trattandosi di un argomento difficile ai più, il lavoro del montatore di Assassini Nati di Oliver Stone, Hank Corwin, risulta incredibilmente curato e movimentato tanto da non essere di peso allo spettatore che non sente il macigno della lunghezza del film (circa 140 minuti).
La sceneggiatura, tratta dal romanzo di Michael Lewis The Big Short – Il grande scoperto (The Big Short: Inside the Doomsday Machine), ben scritta da Adam McKay e Charles Randolph – tra l’altro nominati sia ai Golden Globes e ai BAFTAs 2016 – fonde terminologia e dialoghi ben strutturati con grande elasticità. L’idea di porre un narratore che spesso si rivolge allo spettatore, rompendo la quarta parete, è un trucco originale e ben sfruttato che diverte e al tempo stesso lega ancor di più La Grande Scommessa a chi lo guarda.
Il cast corale, infine, è la ciliegina sulla torta: pezzi da 90 come Steve Carell in primis – che continua sulla scia positiva iniziata lo scorso anno con la magnifica interpretazione di John Du Pont in Foxcatcher e conseguente nomination all’Oscar come Miglior Attore Protagonista – Christian Bale, nominato assieme a Carell nella categoria Miglior Attore in una Commedia ai Golden Globes e come Attore Non Protagonista ai Bafta e agli Screen Actors Guild 2016, Ryan Gosling e Brad Pitt, qui anche in veste di produttore con la sua Plan B Entertainment, si uniscono a giovani attori che sempre più si affermano nell’industria cinematografica, parliamo di Finn Wittrock – conosciuto ai più per le sue interpretazioni nelle ultime due stagioni di American Horror Story – e John Magaro. Concludono la rosa anche Marisa Tomei, Melissa Leo, Jeremy Strong, Hamish Linklater, Rafe Spall…insomma un casting tanto variegato quanto azzeccato.
Partito a razzo, La Grande Scommessa perde potenza sul finale. Uno straordinario montaggio, uno script ambizioso ed un gruppo di attori ben calati nei propri ruoli rendono il film un buon prodotto che è stato in grado di raccontare, seppur con l’ausilio di licenze poetiche, il mondo della finanza senza mezzi termini, pur diversificandosi da altre pellicole dalla medesima materia di analisi: differente quindi dal ritratto di The Wolf of Wall Street, ad esempio, che invece ne raccontava la vita estrema degli addetti ai lavori, e non delle operazioni finanziarie in sè. Originale e rischioso: perfetto per la stagione del premi.