La lista dei fan**lo: recensione della commedia su Netflix

La lista dei fan**lo è un film sul conflitto generazionale, sulle reali esigenze dei ragazzi e sull'impatto dei social sulle nostre vite

Distribuito sulla piattaforma di streaming Netflix dal 1 luglio e subito balzato in top ten, La lista dei fan**culo è una commedia sul mondo dei social, un megafono irriverente della generazione Z.  Il film è stato diretto da Michael Duggan, regista prevalentemente televisivo, ed è interpretato da Eli Brown – volto familiare per i fan di Gossip Girl e Pretty Little Liars. Insieme a lui, nel cast, anche Madison Iseman (vista in Jumanji – The Next Level e in Annabelle 3), Jerry O’Connell (interprete storico di numerose commedie minori) e Natalie Zea (Californication, The Shield). Un cast tecnico e artistico proveniente dal piccolo schermo o da film per il cinema non di primo piano, ma che riesce a destreggiarsi in una commedia interessante, che ha diversi elementi per far breccia nei gusti del pubblico più giovane.

La lista dei fan**lo: il valore terapeutico di un vaffanculo

la lista dei fan**lo cinematographe.it

La lista dei fan**lo – che riprende il titolo censurato americano The f**k it list – è la storia del giovanissimo Brett Blackmore, diplomando eccellente alle prese con il delicato periodo che va dalla fine del liceo all’iscrizione al college. Coinvolto dai suoi amici Nico Gomes (Karan Brar), Clint Clark (Marcus Scribner), “Les King” (Tristan Lake Leabu) e – soprattutto  – dall’insistente Stacy Blau (Amanda Grace Benitez) in uno di quegli scherzi fatti dai ragazzi di fine anno, finisce per far saltare in aria la scuola. Da quel momento, il suo futuro spianato e roseo (era stato ammesso in sette college su otto, in lista d’attesa solo per Harvard) di sgretola sotto gli occhi allarmati dei genitori Jeffrey (O’Connell) e Kristen (Zea). Quando non hai nulla, non hai nulla da perdere, cantava Bob Dylan. Così, Brett, finalmente liberato dal peso delle aspettative e dal ruolo di “ragazzo perfetto”, inizia a fare una lista di quello che avrebbe voluto fare, da sempre. E inizia a mandare a quel paese un po’ di cose e di persone.

Questo gesto liberatorio (terapeutico, quasi) viene ovviamente condiviso sui social e diventa in breve tempo virale. Così, un puro sfogo, un’ammissione di fallimento, una messa in discussione di uno stile di vita imposto dall’alto, diventa uno stimolo per i ragazzi (e non solo) di tutto il mondo.

Generazione Z VS Boomers

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photo by: Jessica Perez

Inizialmente, il conflitto più palese e frustrante è quello tra Brett e i suoi genitori. A causa dell’eccessiva responsabilità che la coppia di boomers ha affibbiato al figlio, il ragazzo non è riuscito a godersi neanche un giorno della sua vita. Non per altro, sguazzando annoiato in piscina il personaggio va a citare quello che è il film-simbolo generazionale più alto della storia del cinema, rappresentante anche lui di una fase di passaggio della vita: Il laureato. Le analogie, chiaramente finiscono qui, tanto più che parliamo di epoche storiche completamente differenti. Qualcosa, tuttavia, rimane nonostante il passare degli anni: la difficile comunicazioni tra generazioni e, specialmente, tra genitori e figli.

La generazione Z, quella dei nati tra la seconda metà degli anni ’90 e la fine degli anni 2000, è composta in gran parte da ragazzi abituati a gestire i social come pane quotidiano, a elaborare un sistema di comunicazione tante volte indecifrabile da chi non ne fa parte. Per questo motivo, non appena Brett si sente libero di fare quello che vuole, manda a quel paese il modello di felicità e successo di mamma e papà e si impone (involontariamente, spontaneamente) come punto di riferimento per i suoi coetanei. Il “nuovi” valori (mica tanto, in realtà molto simili a quelli dei Figli dei Fiori degli anni Settanta) sono quelli della libertà e dell’autodeterminazione, e di una ricerca della felicità che trascende gli schemi di classe e di gerarchizzazione economica.

La lista dei fan**lo: la rivoluzione, ma fino a un certo punto

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Questa ribellione adolescenziale si gioca su un terreno che potrebbe risultare ostico o non digeribile da parte dello spettatore adulto. Eppure, La lista dei fan**lo riproduce il modello di successo del suo target di riferimento, e lo fa con una certa verosimiglianza. Indubbiamente parliamo di un mondo dorato, in cui tutti sono bellissimi, ricchi e pieni di possibilità e – soprattutto – in cui i social network agiscono un po’ come deus ex machina, come un miracolo che salva la situazione e ne moltiplica le potenzialità. Tuttavia, c’è una discreta volontà di autoaffermazione e di fare da manifesto di una generazione giudicata senza molta cognizione di causa come troppo superficiale e vuota di contenuti. La lista dei fan**lo, iniziando dal titolo piuttosto accattivante, contribuisce a chiarire quello che è il mondo di questi ragazzi (come lo fa egregiamente anche la serie SKAM, riprodotta in differenti versioni in tutto il mondo).

La lista dei fan**lo è un film che – di per sé – non rappresenta un prodotto eccezionale, ma ha il merito di parlare un linguaggio e di promuovere dei valori nati “dal basso” (e poi manipolati e capitalizzati, ovviamente). Interessante, ma da non vedere se ci si sente irrimediabilmente superiori a tutto ciò che è più giovane e lontano dai propri schemi.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 3
Fotografia - 2.5
Recitazione - 2
Sonoro - 2.5
Emozione - 2.5

2.5

Tags: Netflix