Venezia 73 – La Luce sugli Oceani: recensione del film con Alicia Vikander e Michael Fassbender
La Luce sugli Oceani (The Light Between Oceans) è un film in concorso di Derek Cianfrance. Alicia Vikander, Michael Fassbender e Rachel Weisz sono una triade di esseri persi nell’indeterminatezza della loro singolare condizione, le loro vite sono legate dal dramma e dalla rinascita, dal passato e dal presente, tematiche che si instaurano come veri simulacri attoriali presenti e reali per tutta la narrazione.
Tom Sherbourne è un soldato, rimesso al mondo dopo la Prima Guerra Mondiale, che decide di vivere da eremita e in pace come guardiano di un faro sull’isola di Janus, in Australia, all’incrocio dei due oceani, quello Australe e quello Indiano. La sua epopea non ha modo di tormentalo lì, il suo lavoro è schematico e rigido, deve annotare ogni cosa, ogni nave che solca le sue rive, ogni oggetto che naufraga, ogni barlume di vita che arriva a sottrargli il silenzio.
La Luce sugli oceani: una storia legata dal dramma e dalla rinascita
Le sue uniche visite sono da parte di due uomini della cittadella di Point Partageuse che di tanto in tanto lo invitano a sottrarsi dalla solitudine invitandolo nel casale in città. Durante le sue temporanee fughe dal faro incontra Isabel Graysmark.
Lei si rivela fin da subito essere il suo riscatto, l’amore salvifico, il bene assoluto dopo tanto male ancora da scrollarsi di dosso.
Entrambi si trasferiscono in modo definitivo su quell’isola, cominciamento ultra simbolista di una nuova vita: Janus non è solo un’isola, è l’inizio e la fine, è l’incrocio di due oceani, di due venti, di due realtà, è una porta che collega passato e futuro, ha due volti, è dentro ma è anche fuori.
La loro vita matrimoniale è sconvolta fin da subito dall’impossibilità di mettere al mondo un figlio, Isabel è tormentata dal desiderio di essere madre, rimane incinta due volte e per due volte nello stesso mese di gravidanza ha due aborti spontanei che le infliggono un dolore senza via di scampo.
Ma dopo le tante lacrime spese ad attendere due creature spezzate in divenire, sull’isola di Janus approda una barca. All’interno di questa barca a remi Tom trova un uomo deceduto ormai da giorni e una bimba in fasce sopravvissuta alle intemperie.
Quella creatura è un segno, è il volere di Dio, non c’è motivo per cui loro non debbano tenerla.
L’incertezza di Tom nell’andare contro ogni regola e contro ogni tipo di legge che per una vita ha rispettato e temuto non ha la meglio quando sul volto di Isabel si rischiara la pace, la serenità, una vita ritrovata alla quale non vuole rinunciare. Isabel e Tom allora mentono sul secondo aborto, tengono la bambina e la chiamano Lucy.
Un lieto evento che riescono a portare avanti per anni: Lucy cresce ed è una bambina meravigliosa, tutti la adorano, la sfiorano, e un giorno in cui tutta la famigliola torna nel paesello per partecipare ad un evento a sorpresa conoscono una donna che rimane ammaliata da quell’esserino biondo e dagli occhi cerulei; Hannah Roennfeldt rivede in lei la sua mancanza, il suo dolore e rivela ai loro occhi attoniti che in passato ha perso la figlia e il marito dopo che erano partiti in barca e da lei non hanno mai più fatto ritorno.
Quell’incontro é tempestivo e determinate, Tom comincia a vivere il suo amore come una colpa, il suo fronte occidentale non è mai scomparso, ha tracciato nuove geografie strappando quella vita dalle braccia della vera madre, rinnovando la vita sua e di Isabel in modo totale e sincero. Ed è proprio li, quando i loro occhi si incontrano nasce una nuova consapevolezza, l’amore va contro se stesso, la trama viene stravolta da attimi di sintetica emotività e viene fatta giustizia laddove non esiste giustizia da mettere in pratica.
Derek Cianfrance mette in scena un amore cadenzato da una precisa dottrina temporale in linea con la propensione registica per la ciclicità narrativa: l’uso di questo espediente è presente anche in Blue Valentine che fa del passato un modo di ricostruire il presente, non vivendolo come un torpore ancestrale ma come pietra di paragone agli errori di oggi, senza intaccare in alcun modo la credibilità delle scelte istintive, come accade soprattutto qui, ne La luce sugli oceani.
La storia d’amore di Tom e Isabel è fotografata con riservatezza, quasi con inerzia, poiché la cinepresa è tutta orientata sul dramma interiore, ecatombe filmica che si dipana come può sul resto della pellicola.
La loro relazione è forse qualcosa di diverso, lo spettatore è trascinato tra i battiti alteri e finali di una belle époque australiana, in cui si credeva ancora di potersi creare una felicità che fosse assecondabile all’interno di un coacervo familiare, cattolico, e di farsela bastare come unica fonte vitale dalla quale nutrire il proprio spirito.
Ma nella rinascita post bellica Tom non desidera perdono, non desidera dimenticare, nemmeno ottenere una seconda opportunità di vivere in un posto che non ha spazio per persone come lui, troppo schive per soffermarsi sul passato e troppo serrate per guardare al futuro, bloccato come lui in un limbo esistenziale dal quale sente di non potersi divincolare.
Il rischio di un’ingessatura attoriale è alto, Fassbender non tocca vette notevoli, il suo personaggio è inabissato e adombrato dal peso e dall’importanza di ciò che va a rappresentare: gli orrori della guerra, l’impotenza dell’aborto, la paternità desueta, la solitudine del guardiano, gli stimoli della natura. Queste tematiche sono pressanti e considerevoli, e Fassbender non riesce in nessun modo a convincere in nessuna di queste che egli abbia minimamente solcato quelle brutture, nemmeno per un attimo, nemmeno per un’ erronea fatalità.
Michael Fassbender non convince ma Alicia Vikander è una forza della natura
Alicia Vikander è una forza della natura, riesce a suggerire allo spettatore una propria storia, a parte, personale, un gioco di sguardi e lacrime dense che scorrono senza temporalità, il suo destino sembra essere determinato da scelte non proprie, la pellicola si insinua nei suoi fardelli, non teme di insorgere nel dramma da romanzo rosa certa che lo spessore della sua recitazione non lasci dubbi in merito. L’unica attrice in grado di superare l’abulica propensione di Tom di vivere una vita a subire ordini mantenendo un’austerità da soldato anche nelle scelte emotive.
Le loro forti contraddizioni si ritrovano all’incrocio di una narrazione che guarda al passato, al futuro, trascende ogni sintagma filmico costretto apparentemente a scorrere solo in una direzione, sublimandosi nelle feritoie esistenziali per cui la Vikander sembra assurgere in modo singolare, dall’inizio alla fine, in modo sicuramente meno visibile e preciso nel caso sia di Fassbender che della Weisz, che portano a casa una recitazione scarna e opaca in totale disarmonia al lirismo dei personaggi che tanto avrebbero potuto sincerare.
La luce sugli oceani (trailer) uscirà nelle sale giovedì 16 febbraio 2017.