La mafia uccide solo d’estate – La serie: recensione del finale di stagione
Dopo il primo appuntamento di La mafia uccide solo d’estate – La serie, avevamo l’impressione di avere davanti un progetto nuovo, innovativo, originale e di ottima qualità. L’impressione, alla luce del finale di stagione, si è rivelata corretta. Con qualche scivolone – che forse sarebbe meglio definire piccoli inciampi, più che veri scivoloni – la fiction ha portato avanti una serialità che, probabilmente, dovrebbe diventare un esempio da imitare nel futuro della produzione Rai.
La coproduzione Rai Fiction – Wildside, prodotta da Mario Gianani e Lorenzo Mieli, è andata in onda per sei prime serata su Rai 1, raccogliendo un grande successo di pubblico e di critica. Ieri sera, martedì 20 dicembre, è andato in onda il finale di stagione.
La serie – tratta dall’omonimo film del 2013 di Pif – ruota attorno alla famiglia Giammarrese, una normale famiglia palermitana. Il padre Lorenzo (Claudio Gioè) è un uomo onesto, semplice e cauto; la madre Pia (Anna Foglietta) è una maestra precaria tentata dai favori della mafia; la figlia ribelle Angela (Angela Curri) e il piccolo Salvatore (Eduardo Buscetta), motore della narrazione. Attorno a loro ruotano altri personaggi: lo zio maneggione Massimo (Francesco Scianna) e la sua bellissima fidanzata Patrizia (Valentina D’Agostino); Alice (Andrea Castellana), la compagna di scuola di cui Salvatore è perdutamente innamorato e Fra Giacinto (Nino Frassica), il losco padre spirituale della famiglia.
La storia, con la regia di Luca Ribuoli, viene raccontata dalla voce narrante di Pif che, esprimendo i pensieri e le paure di Salvatore ci mostra una Palermo del 1979, corrotta e corrosa da una mafia ancora avvolta nell’ombra dell’indifferenza.
La grande forza di La mafia uccide solo d’estate è il gruppo di giovanissimi attori che fa da contraltare alle tragiche storie degli adulti: Edoardo Buscetta (Salvatore), Andrea Castellana (Alice) e Pierangelo Gullo (Sebastiano).
I tre giovanissimi ed esordienti hanno messo in scena, nelle dinamiche di amicizia e primi amori, un microcosmo di emozioni e sotto-trame che la mafia, la corruzione, gli assassinii e in generale gli adulti, non sono riusciti ad oscurare. Questi adulti, però, si fanno rispettare: il cast della serie è composto da interpreti talentuosi e camaleontici (tra i quali spiccano Claudio Gioè, Anna Foglietta e Francesco Scianna) che coprono l’intero spettro emotivo. Dalla leggerezza delle scene familiari comiche e tenere, al dramma di dover affrontare una vita piena di ostacoli resi sempre più impervi dalla realtà mafiosa.
E proprio questo spettro emotivo sta alla base di La mafia uccide solo d’estate: la serie riesce a far passare lo spettatore senza fatica dalla risata al sorriso amaro, dalla gioia di un riscatto, di una soluzione, agli occhi lucidi per una perdita. Il tutto guidato da un grande fine ultimo: spiegare la mafia, quello che è stata e come sconfiggerla con la satira intelligente.
La mafia uccide solo d’estate: l’ultimo appuntamento con la fiction
L’ultimo appuntamento con La mafia uccide solo d’estate ha portato con sé un evento tragico: l’uccisione dell’investigatore capo Boris Giuliano. L’assassinio, che nel film era stato compiuto in modalità diverse, nella serie rimane fedele alla realtà. Il piccolo Salvatore è testimone del fatto, ma il padre lo avverte di non dire a nessuno ciò che ha visto.
L’ultima puntata della serie ha parlato di uccisioni violente, amore, famiglia, amicizia, omertà, collusione. L’ultima puntata ha concluso il racconto della Palermo 1979 proiettandosi al futuro a suon di walkman, tra baci rubati e amicizie pericolose, coraggio e paura.
Il messaggio finale di La mafia uccide solo d’estate è un messaggio d’onestà, sempre e comunque, nonostante tutto. Un’onestà che, per dirla con le parole di Massimo, viene trattata come un “brutto virus contagioso”. Un messaggio scontato? Forse, ma in una città, una regione, forse un Paese intero, dove “gli eroi non esistono, esistono solo gli spioni” e dove le conseguenze di questa onestà sono mortali, dove essere eroi coraggiosi non è una vanto, ma una vergogna, questo messaggio è un promemoria da fissarsi bene in mente.
Ora, aspettiamo la seconda stagione sperando che quella guerra, davvero, non la vincano “loro”.