Venezia 74 – La mélodie: recensione del film di Rachid Hami
La mélodie è una nota stonata in questa 74ma Mostra del Cinema di Venezia?
La mélodie è il film presentato fuori concorso alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia diretto da Rachid Hami e scritto insieme ai co-sceneggiatori Guy Laurent (Alba nuova, Non sposate le mie figlie!) e Valérie Zenatti (Ultimatum, A Bottle in the Gaza Sea). Storia di formazione tra le quattro mura di una classe di musica non solo per dei giovanissimi ragazzi, che troveranno nella meraviglia delle note un miglior modo di approcciarsi alla vita, ma anche per un violinista improvvisatosi professore.
Smunto e distaccato, senza particolari legami interpersonali e in fermo da tempo con tournée all’interno di una qualche orchestra, Simon (Kad Merad) viene introdotto nella realtà della scuola pubblica come insegnante di violino, carica a lui del tutto non confacente e che cerca di rivestire con molta difficoltà. A rendere più ardua la sua prima esperienza in aula sono i giovanissimi alunni della sua classe, bambini iperattivi, sboccati, i quali faranno vacillare l’autorità e la fermezza del musicista, deciso sempre più a rinunciare alla sua nuova carica. Ma la musica ha il potere di unire e i bambini, se guidati, hanno la capacità di maturare: arriverà così per Simon il momento di compiere una crescita e lo farà assieme ai suoi disadattati studenti.
La mélodie – Una storia che ha preso la nota sbagliata
La passione può muovere tutto, è in grado di farci cambiare in meglio, di raggiungere obiettivi nella vita e di spingerci oltre le nostre possibilità. La musica è una grande passione, incredibilmente però non è il tema de La mélodie, ultimo film del regista Rachid Hami, opera che con difficoltà si riesce ad incanalare in una qualche sorta di genere cinematografico. Leggero pur non dimostrandosi non commedia, impegnato pur non dimostrandosi drammatico, la pellicola sull’imbronciato maestro di violino è un piatto lavoro di regia, ma soprattutto di sceneggiatura, che tiepidamente si apre allo spettatore, fallendo nell’intenzione di attrarlo non avendo nessuna facoltà sotto qualsiasi punto di vista di farlo.
La mélodie si perde, allungandosi eccessivamente sul mestiere di assistente sociale del protagonista nei confronti dei suoi alunni, lasciando per lungo tempo il pubblico in balia di un racconto che sembra non aver alcuno sbocco narrativo efficace e rivelando solo sulla conclusione una sorta di morale, bruciando così ogni opportunità di poterla maggiormente sfruttare. Se infatti l’insoddisfazione costante del personaggio principale è più che evidente – a volte anche eccessivamente –, le sue decisioni sono lente quanto in fondo il personaggio stesso è, lasciando che tale stato di cose si ripercuota sul film di Hami.
La mélodie – L’inutile irriverenza dei bambini del film
Non basta un uso interessante della luce – merito del direttore della fotografia Jérôme Alméras (Ti amerò sempre, Nella casa, Il capitale umano, Un amore all’altezza) – né una poetica immagine di un bambino sul terrazzo mentre suona il violino in controluce con la Torre Eiffel alle spalle per confezionare un film autoriale che non vuole prendersi troppo sul serio mantenendo però pur sempre un certo tono alto, abile purtroppo solo nel trasformare la maggior parte delle scene in tediose convenzionalità a dispetto dei minimi, ma pur sempre presenti appigli che il film avrebbe potuto utilizzare.
L’irriverenza dei bambini in La mélodie, la loro innocenza, si percepisce in consistente misura dal grande schermo, ma non stimola abbastanza lo spettatore tanto da spingerlo ad affezionarsi alle loro storie, limitandosi a mostrare un più che previsto cambiamento, portandoli ad agire come tutti i bravi studenti dei film che non deluderebbero mai il loro professore. Un’opera che fatica a funzionare, una nota che suona leggermente stonata in questa Mostra del Cinema di Venezia.