La natura dell’amore: recensione del film di Monia Chokri
Gli opposti si attraggono nella commedia sentimentale scritta e diretta dalla canadese Monia Chokri. La natura dell'amore arriva al cinema il 14 febbraio 2024.
Tenetevi forte. Non è un caso se la data scelta da Wanted Cinema per l’uscita nelle sale italiane del nuovo film scritto e diretto dalla canadese Monia Chokri, il titolo è La natura dell’amore, sia proprio il 14 febbraio 2024. Il film, protagonisti i bravi e incredibilmente affiatati – nonostante l’abisso caratteriale che separa i personaggi – Magalie Lépine-Blondeau e Pierre-Yves Cardinal, è la storia di un amore… e non solo. Non si limita, cioè, a raccontare lo stupore degli inizi, la tensione erotica, la routine e le piccole grandi sfide dell’amore inteso come lavoro (ingrato) da portare a termine un giorno dopo l’altro. C’è qualcosa in più che vale la pena di raccontare ed è questa l’intenzione sotterranea, la chiave del film: mostrare il ruolo giocato da società, background e stereotipi nel definire limiti e possibilità di un rapporto di coppia. Monia Chokri usa le convenzioni del genere sentimentale con piglio iconoclasta: si diverte a ribaltarle, per cogliere la verità oltre il luogo comune.
La natura dell’amore: la più classica delle combinazioni d’amore, gli opposti che si attraggono
Il triangolo è la geometria preferita in amore e Monia Chokri ce ne parla in maniera onesta e piuttosto aperta. La natura dell’amore è la storia di un triangolo: una donna e due uomini. L’anello debole si chiama Xavier e lo interpreta Francis-William Rhéaume; è l’incarnazione dell’amore tranquillizzante, consolatorio, poco sexy ma con i piedi ben piantati in terra. L’approdo sicuro dopo una vita di emozioni forti; la routine, insomma. Poi ci sono Sophia e Sylvain. Li interpretano, rispettivamente, Magalie Lépine-Blondeau (Sophia) e Pierre-Yves Cardinal (Sylvain).
Il film è sempre dalla parte di Sophia, compagna da dieci anni di Xavier. Suo lo sguardo che informa la storia e condiziona atmosfera e struttura. Sophia è una professoressa di filosofia di circa quarant’anni. Parlare di filosofia, insegnarla, implica anche fare la filosofia dell’amore. Il movimento scelto da Monia Chokri per La natura dell’amore è una partita di ping pong tra la teoria e la pratica amorosa: Sophia parla d’amore a lavoro e fa pratica appena stacca, mettendo in discussione se stessa, la propria identità e il bagaglio di convinzioni e pregiudizi che strutturano il suo sguardo. Ora, perché una storia funzioni, al cinema, serve potenziale drammatico. Servono, cioè, degli ostacoli (seri) che si frappongano tra i protagonisti e la ricerca della felicità.
Che tipo di ostacoli devono affrontare i protagonisti? Sophia vuole rimettere a nuovo la casa in campagna sua e di Xavier. Incontra Sylvain, che la dovrebbe aiutare con la ristrutturazione ed è una persona molto diversa dal compagno di dieci anni, se ne innamora perdutamente e lascia Xavier. Gli opposti si attragono. Magalie Lépine-Blondeau è luminosa, brillante, ironica, dalla notevole preparazione culturale, cresciuta e perfettamente a suo agio in un ambiente colto, progressista e borghese. Pierre-Yves Cardinal si posiziona all’estremo opposto con Sylvain: l’aitante campagnolo che si interessa di misteriosi avvistamenti UFO e complotti bislacchi, che comunica per mezzo della sua fisicità e respinge le seduzioni della grande città con un’attitudine populista e di destra. L’intesa è prima sessuale, poi si allarga. Monia Chokri fa del sentimento una spietata lotta per la sopravvivenza, grottesca, sopra le righe e malinconica. L’amore tra Sylvain e Sophia è messo alla prova da un tanti, troppi fattori che spingono, premono e deformano. I caratteri dei protagonisti, lo sguardo di amici e famiglia, i diktat della società, il conflitto di classe, le parole diverse che servono per raccontare la stessa realtà.
Una commedia sentimentale costruita lavorando e ridefinendo stereotipi e convenzioni
Monia Chokri si diverte a scardinare regole e convenzioni della commedia sentimentale. Va detto, per amore di etichetta, che La natura dell’amore è davvero un’anti commedia sentimentale. E non perché alla brava autrice canadese, che nel carnet ha pure, da attrice, una collaborazione con Xavier Dolan (Laurence Anyways), interessi denigrare un modello, una convenzione cinematografica, un modo di raccontare il sentimento. Se Mona Chokri ha un approccio distruttivo nei confronti del genere è perché sa di poterlo ricostruire subito dopo, per dare all’amore una forma più libera e vera. La natura dell’amore ha l’esteriorità della più classica delle commedie sentimentali: i toni sopra le righe, una buona carica di sensualità che non fiacca il romanticismo, anzi lo esalta, un incontro provvidenziale, l’alchimia (calcolata) degli opposti che si attraggono, lacrime e piacere. Davvero, nulla manca.
C’è anche altro ed è proprio su questo surplus (di atmosfere, di emozioni) che il film gioca la sua partita. Ha in più, La natura dell’amore, rispetto allo standard, l’esuberanza formale, la volontà di demistificare le convenzioni e la commistione dei toni. Ora carichi di una tensione erotica palpabilissima, ora più sobri e malandati. Ora virati al grottesco, ora più inclini a un incedere malinconico. L’amore secondo Monia Chokri è questione di corpi che si intrecciano e anime con un vuoto da colmare. C’è la pratica dell’amore, la storia di Sylvain e Sophia. C’è la teoria, da Platone a Schopenauer e oltre, gli intermezzi professionali di Sophie che illustrano, sintetizzano, delimitano intellettualmente il sentimento. La riflessione sull’amore, sottolinea la regista presentando il film, è sempre stata prerogativa di menti maschili.
C’è il contesto sociale, la pressione conformista che forza Sophia e Sylvain a tornare nei ranghi dei rispettivi background, a non mischiare le diverse estrazioni sociali che sarebbe un guaio, perché si leggono (e non si leggono) troppe cose diverse. Dovremmo prendercela con La natura dell’amore perché ha una morale della favola non esattamente consolatoria – per lo standard della commedia sentimentale – quando ci ricorda che un rapporto che funziona è una sfida giocata sul crinale di tanti, forse troppi, condizionamenti: intimi e sociali, sessuali e spirituali? Certamente no. Il film accumula idee e suggestioni e si lascia un po’ ingolfare, meglio sbilanciare, dal coraggio e l’ambizione della proposta. Ironico, a tratti grottesco al rischio di “mangiarsi” l’emozione, ha dalla sua la voglia di raccontare, di fotografare l’amore come esperienza totale. Un tutto che abbraccia il corpo, il carattere, la società, il pensiero, la pratica della vita. Film imperfetto perché coraggioso, La natura dell’amore è una commedia sentimentale fieramente anticonformista, formalmente sopra le righe e sentimentalmente rigorosa.
La natura dell’amore: valutazione e conclusione
La natura dell’amore è l’intreccio riuscito di due bravi protagonisti, il roccioso carisma fisico di Pierre-Yves Cardinal e la luminosa, intelligente umanità di Magalie Lépine-Blondeau. Da menzionare il coraggio di Monia Chokri, che lavora ai fianchi un genere, la commedia sentimentale, servendosi delle sue convenzioni formali (toni sopra le righe, emozioni forti, atmosfere in bilico) per raccontare l’amore da ogni angolazione possibile. Non rinunciando, cioè, alle possibilità spettacolari del mezzo – perché La natura dell’amore è cinema nella sua forma più pura, formalmente molto curato e capace di un solido intrattenimento – ma aggiungendo un’attenzione inedita alle spinte sociali e ai condizionamenti psicologici che fanno la sfortuna o la fortuna di un rapporto. Monia Chokri usa la spettacolarità del cinema per arrivare alla vita nella sua declinazione più vera, autentica. Un equilbrio complicato ma apprezzabile tra toni sopra le righe e asciuttezza delle conclusioni.