La nave sepolta: recensione del film Netflix con Carey Mulligan e Ralph Fiennes
La celebre scoperta di Sutton Hoo viene ritratta in questo dramma sentito e diretto magnificamente da Simon Stone. Un efficace spunto narrativo si presenta per delineare al meglio personaggi sospesi nel tempo.
Netflix presenta La nave sepolta, disponibile da venerdì 29 Gennaio. Il film ricalca la storia del ritrovamento di due cimiteri anglosassoni medievali, che risalgono al VI-VII secolo, a Sutton Hoo, nel Suffolk.
Adattamento dell’omonimo romanzo di John Preston, La nave sepolta è ambientato alla fine degli anni ’30. Come protagonista troviamo Edith Pretty (Carey Mulligan), una proprietaria terriera abbiente e vedova, con uno spiccato interesse per lo spiritualismo. Affascinata dalle leggende locali che raccontavano di un tesoro vichingo nella sua proprietà, contatta l’archeologo autodidatta Basil Brown (Ralph Fiennes). Insieme scoprono una nave colma di tesori preziosi, effettuando scavi con una difficoltà crescente e segnata da condizioni atmosferiche non favorevoli. Nell’attirare tutta l’attenzione della contea di Suffolk, Edith e Basil si rifiutano di ottenere rapporti di collaborazione con enti locali e gestori di musei tra i più prestigiosi, con l’obiettivo di preservare le ricchezze che hanno potuto studiare con attenzione.
La nave sepolta: lo spunto iniziale concede agli attori il tempo di assorbire una scenografia straordinaria
Il film si apre con degli scavi, che hanno una missione prefissata e imposta: il ritrovamento di un reperto archeologico intrigante e fascinoso è un gioco di attese e speranze da coltivare, dove la netta convinzione di poter affidarsi a sensazioni e stimoli può fare la differenza in un periodo che sta per essere dilaniato dagli orrori di una guerra imminente. Siamo nel 1939 e la Germania sta per schierarsi contro l’Inghilterra. L’occhio del regista Simon Stone vuole distanziarsi da questa svolta critica, da un pretesto per poter assicurarsi delle scene struggenti e di notevole impatto. Il suo obiettivo è descrivere una realtà al di fuori del tempo e dello spazio, con personaggi che fluttuano in un territorio sperduto e sconfinato.
La villa di Edith e i campi che la circondano sono degli elementi preziosi per rafforzare la componente scenografica di Maria Durkovic: i colli inglesi acquistano una nuova vita se trattati con assoluta discrezione e dipinti come sfondi magniloquenti. La nave, sorprendentemente, passa in secondo piano e si lascia condizionare da appezzamenti estesi che soddisfano pienamente i bisogni di una regia immersiva. Sfumature di ocra, l’azzurro del cielo e il vestiario caldo dei protagonisti; tanti colori rassicuranti compongono un racconto che facilmente può affidarsi ad un approccio visivo incantevole. Carey Mulligan, Ralph Fiennes e Lily James, che compare in maniera del tutto inaspettata dalla seconda metà di film, si confondono con le ambientazioni e nuotano in un oceano di suggestioni che non possono lasciare indifferenti.
Il tocco indispensabile di un comparto sonoro silenziato
Il peso del tempo e le pieghe di eventi straordinari che non possono più ripetersi. Ogni personaggio che si avvicina alla nave deve confrontarsi con timori, paure primordiali e considerazioni importanti su una conduzione di vita superficiale e su studi da approfondire per poter lasciare un segno in una dimensione terrena trascurata o rovinata dall’uomo in tempi di guerra. Oltre ai reperti storici, sepolti sono anche i sogni e i desideri di allacciare, inizialmente, nuovi rapporti che possono evolversi e tramutarsi in atti di fede. La nave sepolta si concede del tempo per respirare location potenziate da una fotografia naturalistica e dona un carattere flebile ma al tempo stesso leggiadro ad interpreti che abbandonano il piacere della scoperta per raggiungere nuove zone di comfort.
La coppia formata da Carey Mulligan e Ralph Fiennes si serve di un copione incauto, che cresce di intensità fino a rivelare le nostre paure ataviche. Un’operazione organizzata al dettaglio, ovvero riesumare tesori e camere mortuarie, conduce lo spettatore in territori nascosti e conservati nell’anticamera dell’inconscio. Così come Edith e Basil, anche coloro che intraprendono il viaggio verso i confini inesplorati di Suffolk dovranno riscoprirsi per ottenere un capitolo aggiornato delle proprie esistenze. Ne La nave sepolta risuona, in molte occasioni, una voce fuori campo che si interroga su un presente già calpestato che deve essere protetto da una volontà ferrea, dalla necessità di difendere il proprio nome per non soccombere miseramente. Il conflitto interiore si fa immagine fragorosa, imponente, con squarci visivi abbacinanti e un sonoro che valorizza efficacemente uno spazio intatto e non compromesso dall’avidità dell’uomo.