La Nostra Storia: recensione del film con Javier Cámara

Portando sullo schermo una vita esemplare, il regista Fernando Trueba racconta lo struggente legame di un padre e un figlio sullo sfondo di un paese in fiamme. Dal 17 giugno in sala con Lucky Red.

Riprendendo e aggiornando un famoso slogan di qualche tempo fa, si potrebbe azzardare che il familiare è politico. Perché c’è molto di entrambi, cronaca di vita in famiglia e impegno politico, nel nuovo film dello spagnolo Fernando Trueba (Belle Époque). Il film si chiama La Nostra Storia, lo porta in sala Lucky Red qualche mese dopo il passaggio a Cannes 2020 (Selezione Ufficiale) e alla Festa del Cinema di Roma dello stesso anno. In Italia l’uscita è prevista per il 17 giugno 2021.

Adattamento di discreta ambizione del romanzo El olvido que seremos (l’oblio che saremo), generalmente riconosciuto tra i testi più importanti della letteratura contemporanea in lingua spagnola. Materia autobiografica. L’autore porta il nome di Héctor Abad Faciolince e scrivendo rende omaggio alla straordinaria vita del padre, Héctor Abad Gómez, attivista colombiano per i diritti umani. La storia del dottor Gómez vibra di rigore morale ed empatia, tensione sociale e piccoli affanni domestici. Con sprazzi di umorismo e il soffio triste di una tragedia.

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La storia di un padre, dei suoi figli e di un paese

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Héctor padre lo interpreta, con la bussola di una dolcezza e un rigore morale che impediscono al film di deragliare nelle paludi del bieco sentimentalismo, uno dei più popolari e apprezzati attori spagnoli contemporanei, Javier Cámara. Il pubblico italiano lo ricorderà per le collaborazioni con Pedro Almodóvar (Parla con lei) e più recentemente Paolo Sorrentino (The Young Pope). Il suo medico è una sorta di eroe popolare in lotta per assicurare vita dignitosa agli emarginati di Medellín, capitale colombiana squassata da corruzione, povertà e violenza politica.

Nel privato è un padre accerchiato da un numero imprecisato di donne. Tante figlie, una moglie e l’unico e amatissimo uomo della sua vita, il figlio Héctor. Interpretato prima dal giovanissimo Nicolás Reyes Cano e più avanti da Juan Pablo Urrego. Vale la pena di concetrarsi sul ragazzo. Perchè non se ne abbia a male la controparte femminile, ma La Nostra Storia è prima di tutto cronaca di un legame, commovente e solido come il granito, tra un padre e un figlio.

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Il tempo del film è doppio. Il presente, sfumato in un potente bianco e nero, copre buona parte degli anni ’80. Il passato, coloratissimo, giusto un decennio prima. Il giovane Héctor ama, ricambiato, il padre di un amore devoto e tenace. Ammira la dignità, il senso morale del genitore, da cui cerca di succhiare quanta più esperienza e saggezza possibile. Non sarà sempre così. Crescendo Héctor troverà il modo di mettere in discussione il totem paterno, un impegno politico che a torto o a ragione leggerà come il tentativo di fuga da un vuoto familiare amplificato da una terribile tragedia. Storia nota, litigi e riconciliazione. Distanza e vicinanza. Tramite l’esempio di un padre illustre, un figlio cerca la sua strada. Il film corre su due binari, l’intimità e il discorso pubblico. Non riesce sempre a conciliarli in piena armonia.

Il passato e il presente hanno colori diversi in La nostra storia

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Fernando Trueba, in doppia veste di regista e sceneggiatore, modella la struttura del suo film con idee abbastanza chiare sulla direzione da prendere. Un paio di riferimenti risaltano, per facilità di lettura. La chiave cromatica che forse rappresenta l’elemento di maggior interesse del film,  assegnare a tempi diversi toni diversi, presenta più di qualche affinità con la soluzione, innovativa per l’epoca, proposta da Otto Preminger nel suo Buongiorno, Tristezza (1958). Anche se il sottotesto psicologico è meno approfondito. La fotografia è di Sergio Iván Castaño, e funziona meglio la resa emotiva del suo elegante bianco e nero, piuttosto che i segmenti colorati, scolastici e decisamente meno originali.

Quando si tratta di legare storia pubblica e vita in famiglia, la stella polare è l’approccio di Alfonso Cuarón e del suo premiatissimo Roma (2018). In fondo, se c’è un merito che si ascrive senza troppi problemi a La Nostra Storia, è la simmetria di sguardi tra protagonista e spettatore. Come bambini, viene spontaneo accostarsi all’universo del film in una condizione di sostanziale ignoranza. E solo con il tempo, e un pò di pazienza, le chiavi di lettura del racconto, la vita domestica e la violenza politica di una Colombia in subbuglio svelano i loro segreti.

Peccato che il film fatichi a immergersi nel fondo delle cose. Spunti interessanti, ci sarebbero pure. La memoria come dovere morale. Il rapporto tra democrazia e violenza. L’educazione alla vita in famiglia, l’educazione alla vita pubblica. Non manca l’emozione, intrappolata però nei rigidi margini di una confezione che, al di là di una proposta visiva stimolante, rispetta troppo una visione stereotipata delle cose per spiccare pienamente il volo.

Regia - 2.5
Sceneggiatura - 2.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 2
Sonoro - 3
Emozione - 2

2.6