La notte che Evelyn uscì dalla tomba: recensione del film di Emilio Miraglia
La notte che Evelyn uscì dalla tomba è un film italiano del 1971 diretto da Emilio Miraglia (celebre per La dama rossa uccide sette volte) e interpretato da Anthony Steffen, Marina Malfatti, Erika Blanc, Rod Murdock e Giacomo Rossi Stuart (padre di Kim). Anche se non ha riscosso particolari consensi da parte della critica (celebre a tal proposito una stroncatura da parte di Stephen King nel suo Danse Macabre), il film si è guadagnato con il tempo lo status di piccolo cult, grazie soprattutto a una messinscena particolarmente curata e alla sua affascinante miscela fra giallo, horror gotico ed erotismo, capace di distogliere l’attenzione dagli evidenti limiti in fase di sceneggiatura.
Alan Cunningham (Anthony Steffen) è un nobile inglese rimasto vedovo della moglie Evelyn, deceduta in circostanze mai chiarite del tutto. L’uomo è talmente ossessionato dal ricordo della consorte da adescare e seviziare continuamente donne a lei somiglianti, e che in particolare abbiano i suoi stessi capelli rossi. Grazie anche al supporto del cugino (Rod Murdock) e del medico di famiglia (Giacomo Rossi Stuart), Alan decide di lasciarsi alle spalle il passato e sposare l’avvenente Gladys (Marina Malfatti). La serenità dura però per poco, perchè Alan continua a essere tormentato dalle apparizioni del fantasma di Evelyn, portando Gladys a supporre che l’ex moglie sia in realtà ancora viva. In una serie di colpi di scena, emergerà una realtà molto più triste e amara di quanto ci si potesse aspettare.
La notte che Evelyn uscì dalla tomba: una fusione fra giallo e horror gotico dall’ottimo stile visivo ma fiaccata da una debole sceneggiatura
Emilio Miraglia imbastisce un canovaccio complesso e a tratti particolarmente confuso, richiedendo allo spettatore diversi sforzi per sospendere la propria incredulità, soprattutto nella parte finale. Non giovano inoltre alla narrazione dei dialoghi particolarmente sciatti e piatti, che poco aggiungono alla caratterizzazione dei personaggi principali. La sceneggiatura decisamente scadente, scritta dallo stesso regista insieme a Fabio Pittorru e Massimo Felisatti, impedisce quindi al film di decollare veramente e di elevarsi sulle altre pellicole del florido filone del cinema di genere italiano del periodo. Ma non è tutto da buttare, anzi.
A livello visivo ed emotivo, La notte che Evelyn uscì dalla tomba riserva più di una soddisfazione agli amanti del cinema di suspense. Alcuni elementi tipici del cinema gotico (l’antico castello, il cimitero, la seduta spiritica) vengono ben fusi con lo schema che prevede la ricerca dell’identità di un misterioso assassino (tipica del giallo) e con alcune sequenze oniriche di forte impatto sullo spettatore. Il risultato è una pellicola che è difficilmente classificabile sia nel genere dell’orrore che in quello del giallo, ma che si rivela un’originale, seppur spesso mal gestita, contaminazione fra generi e atmosfere, condita dal clima morboso e fortemente erotico tipico del cinema di genere italiano a cavallo fra gli anni ’60 e ’70.
La notte che Evelyn uscì dalla tomba punta forte sull’atmosfera macabra e misteriosa, esaltata dalla scenografia e dai costumi di Lorenzo Baraldi
Un gruppo di bravi e carismatici attori e lo stile visivo efficace e ben curato compensano così le carenze a livello di trama e sceneggiatura, riscontrabili soprattutto in una parte centrale troppo statica e a tratti noiosa. Le scene tipicamente horror de La notte che Evelyn uscì dalla tomba sono poche e concentrate soprattutto nella parte finale, ben rese da effetti speciali artigianali e forse visti oggi un po’ ingenui, ma che continuiamo a preferire a una CGI posticcia e artificiosa. Pregevoli la scenografia e i costumi di Lorenzo Baraldi, che enfatizzano l’atmosfera macabra e misteriosa del film ed esaltano la bellezza delle varie interpreti femminili, che non esitano a mostrare le loro grazie in svariate scene di nudo. Da non sottovalutare anche le musiche di Bruno Nicolai, che ben accompagnano le scene migliori del film.
La notte che Evelyn uscì dalla tomba è una pellicola consigliabile agli amanti del vecchio e forse irripetibile cinema italiano di genere, che riscontreranno diversi elementi sfruttati anche (in maniera più riuscita e convincente) da grandissimi artigiani nostrani della settima arte come Mario Bava e Lucio Fulci. Una serie di colpi di scena finali, non sempre credibili e non del tutto imprevedibili per gli spettatori più smaliziati, chiudono efficacemente il cerchio di una piccola perla del nostro cinema, da riscoprire e rivalutare.