Berlinale 2019 – La Paranza dei Bambini: recensione del film

Con La Paranza dei Bambini Roberto Saviano non racconta nulla di nuovo, ma il film di Claudio Giovannesi merita di essere visto per la bravura dei suoi attori, per le storie che racconta, perché è un bel film.

Roberto Saviano è un grande giornalista. Nei suoi libri il suo talento nella scrittura da reportage si vede tutto. Che vi piaccia o meno come individuo, siete dei folli se non riconoscete il suo valore professionale. Eppure sta accadendo una cosa un po’ fastidiosa: lo scrittore napoletano sta cavalcando un’onda che non ha più abbastanza forza da sostenerlo: il successo di Gomorra (il libro, il film e la serie TV) non garantisce che qualunque cosa gli si colleghi abbia altrettanta considerazione. È questo il caso de La paranza dei bambini, che è un bel film, ben fatto, ma che fallisce nel distanziarsi dalle opere precedenti.

La Paranza dei Bambini: una storia già raccontata ma che merita di essere vista

La Paranza dei Bambini, cinematographe.it

Il film (e il romanzo prima di lui) racconta e reinterpreta casi di cronaca reale dei quartieri napoletani con protagonisti i giovanissimi. Sono camorristi – o aspiranti tali – di 10, 13, 15 anni e si confrontano con un mondo di adulti criminali senza scrupoli. La paranza dei bambini, diretto dal sempre bravo Claudio Giovannesi (Fiore), non fatica a porsi come opera interessante e di qualità. La regia è ottima, la sceneggiatura traspone con fedeltà, ma efficacia (cosa non sempre possibile) le parole di Saviano in immagini facendoci affezionare a un gruppo di ragazzini la cui unica colpa è quella di “non avere scelta”.
Lo sappiamo che non dovrebbe essere così. Tutti hanno una scelta, ma quando hai 15 anni e sei stato abbandonato da tutti (la famiglia e le istituzioni) forse una scelta non ce l’hai davvero. Ce lo spiega il protagonista Nicola (l’esordiente Francesco Di Napoli), che ha solo bisogno di “una fatica” che possa garantire a sua madre e al suo fratellino una vita migliore, fatta di mobili dorati, sculture di leoni e porta liquori a forma di violoncello in avorio.

Le storie che il film ci racconta sono tristi, coinvolgenti, necessarie, ma è una ripetizione, che lo si voglia o no. Ci vengono in mente le storie di Totò, di Marco e Ciro nel film di Matteo Garrone (2008) e pensiamo immediatamente a Cardillo, O’Trac e Cap’e’bomba nella serie Sky. L’opera di Saviano, uno dei prodotti d’intrattenimento migliori e più culturalmente rilevanti degli ultimi anni in Italia, e i suoi adattamenti avevano già parlato di storie simili, a volte anche meglio.

La Paranza dei Bambini e la vulnerabilità eccelsa di Francesco Di Napoli

La Paranza dei Bambini, cinematographe.it

La paranza dei bambini è molto lontano dall’essere un film brutto, noioso, di serie b. È solamente una storia già raccontata. Ed è un peccato per tutte le parti coinvolte, nessuna delle quali è colpevole di nulla. Dispiace per i giovani protagonisti, che si trovano qui a debuttare clamorosamente bene (soprattutto il protagonista, Di Napoli, che interpreta Nicola con una vulnerabilità da vero professionista). Dispiace per Giovannesi, uno dei registi italiani più stratificati, che anche qui mostra le sue capacità senza timori. Dispiace anche per Saviano, colpevole solo di voler raccontare le storie complicate della sua terra, quelle che conosce meglio.

In generale La paranza dei bambini merita di essere visto perché è un bel film e perché racconta delle storie importanti. Lasciate da parte le solite polemiche sul cattivo esempio: sarebbe come incolpare il termometro quando abbiamo la febbre. Non possiamo ritenere un film responsabile di eventi che accadono nella vita reale, eventi già raccontati dai fatti di cronaca, per giunta. Andate a vederlo con la consapevolezza che non sarà nulla di nuovo, ma non riuscirete a non apprezzarlo.

La Paranza dei Bambini è al cinema dal 13 febbraio 2019 con Vision Distribution.

Regia - 3.5
Sceneggiatura - 3.5
Fotografia - 3.5
Recitazione - 3.5
Sonoro - 3
Emozione - 4

3.5