Cannes 2021 – La ragazza di Stillwater: recensione del film con Matt Damon
La ragazza di Stillwater è un film ermetico e profondamente introspettivo, in grado di sollevare numerose domande sulle aspettative verso se stessi e gli altri. Stimolando un'importante riflessione su come spesso si finisca per assomigliare - nel bene o nel male - al luogo dal quale si proviene.
Un padre introverso e dal passato turbolento, il lavoro precario e faticoso in una zona decadente dell’Oklahoma, un luogo da ricostruire, in cui la fatica ha il vantaggio di non lasciare troppo tempo per rimuginare sul passato. Una moglie morta suicida e una figlia adolescente reclusa in carcere a Marsiglia per un crimine che forse non ha commesso, ma il cui caso nessuno vuole più riaprire. E la religione, unico appiglio di speranza per un uomo dentro cui qualcosa sembra essersi rotto per sempre.
Queste le premesse de La ragazza di Stillwater, il film di Tom McCarthy presentato Fuori Concorso a Cannes 2021 e in uscita nelle sale italiane a settembre.
Bill Baker (un Matt Damon da Oscar) vive ormai in totale solitudine (esclusi gli incontri periodici con la ex suocera), racimolando il denaro necessario per andare a trovare la figlia Allison (Abigail Breslin) oltreoceano, offrendole il supporto morale indispensabile per affrontare una condanna a 9 anni di reclusione per l’omicidio della compagna e convivente Lina in quella città francese che doveva offrirle la possibilità di fuggire da una realtà indesiderata, studiando il più lontano possibile da casa. Un caso chiuso per mancanza di indizi che portassero ad altri sospettati, per un delitto accaduto all’apice di una furiosa litigata tra fidanzate ma che, secondo Bill, non può essere stato opera di Allison.
Quando la ragazza chiede al padre di sollecitare la riapertura del caso per l’emergere di un nuovo indiziato l’uomo supererà l’ostracismo delle istituzioni esponendosi in prima persona per aiutare la figlia, grazie all’incontro provvidenziale con Virginie (Camille Cottin) una donna del luogo in grado di aiutarlo a destreggiarsi in terra straniera, e della piccola Maya (Lilou Siauvaud), grazie all’amore delle quali Bill ha l’occasione di ritrovare se stesso.
La ragazza di Stillwater: un familiare caso di cronaca nera
La ragazza di Stillwater ricorda istintivamente il caso italiano del delitto della giovane inglese Meredith Kercher, accaduto a Perugia, per il quale era stata accusata e poi assolta l’americana Amanda Knox. Come nel film, le due ragazze studiavano all’estero nella stessa Università ed erano coinquiline, con l’attenzione mediatica tesa a riportare a casa la giovane americana, che così come Allison era stata reclusa nel luogo del delitto. La narrazione cinematografica, tuttavia, prende poi una piega completamente diversa, restando concentrata più sulle emozioni di un padre disperato alla ricerca di una verità non necessariamente destinata a portare pace nella sua vita, ma indispensabile per non arrendersi a una realtà schiacciante al punto tale da obbligarlo ad ammettere di aver perso tutto.
Tom McCarthy segue passo passo i silenzi ricchi di azione del protagonista, accompagnandolo attraverso le ripetute frustrazioni che l’impresa in cui si è cimentato gli riserva. Frustrazioni che lo portano ciclicamente sull’orlo dell’esplosione, rivelando agli occhi degli spettatori una sorta di maledizione che sembra affliggere la sua famiglia – per la quale ciascuno dei suoi membri – chi prima, chi dopo – finisce per lasciare che un gesto impulsivo rovini la propria vita.
Un luogo familiare che diventa improvvisamente irriconoscibile
Lo stesso Bill è un’acqua cheta, come il titolo sembra suggerire, pronta a trasformarsi improvvisamente in tempesta come la moglie, molti anni prima e forse anche la figlia, vittima di se stessa prima ancora che degli eventi. In un circolo vizioso che una nuova fonte d’amore (derivante da Virginie e Maya) proverà a rompere, ammesso che sia ancora possibile.
La ragazza di Stillwater è un film ermetico e profondamente introspettivo, in grado di sollevare numerose domande sulle aspettative verso se stessi e gli altri. Stimolando un’importante riflessione su come spesso si finisca per assomigliare – nel bene o nel male – al luogo dal quale si proviene. Un luogo che, una volta prese le giuste distanze per percepirlo (e specularmente percepirsi) dall’esterno rischia di apparirci irriconoscibile, in una rimodulazione di significati dolorosa ma non necessariamente negativa.
La ragazza di Stillwater arriverà nelle sale cinematografiche italiane il 9 settembre, distribuito da Universal Pictures; nel cast del film anche Deanna Dunagan e Moussa Maaskri.