La ricomparsa delle Lucciole: recensione del film, dal Sole Luna Doc 2024
“Le hai mai viste tu le stelle cadenti?”, questo chiede un adulto ad un bambino mentre guardano il cielo acceso da mille luci. Su cielo e terra, lucciole e rovine, passato e presente, vecchiaia e fanciullezza, la Sicilia bella e “asciutta”, intorno a questo si costruisce La ricomparsa delle Lucciole, il lavoro, esordio alla regia – opera portata in occasione del diploma del Centro Sperimentale di Cinematografia di Palermo -, di Cristiano Giamporcaro, fuori concorso nella sezione Sicilia Doc, al Sole Luna Doc Film Festival (a Palermo dall’1 al 7 luglio 2024).
La ricomparsa delle Lucciole: Giorgio, un giovane esploratore che sogna, scopre e prende le misure
Fratello di Giorgio: “Le stelle cadenti sono stelle che muoiono”
Giorgio: “In che senso?”
Cristiano Giamporcaro realizza una favola di 32 minuti che ha al centro un ragazzino di 10 anni, Giorgio, e un anziano pastore di ottantasei anni che, in modo diverso, abitano quel piccolo pezzo di universo. Da una parte Giorgio corre, fa a pugni e a botte con ciò che lo circonda, un mondo antico, radicato fino al centro della terra, una Sicilia rurale ancora, ma comunque segnata dal passaggio dell’uomo. Il ragazzino impavido e glorioso salta, vaga alla ricerca di nuove avventure, osservando da vicino ciò che lo interessa, mettndo a “ferro e fuoco” ciò che si trova di fronte, instaura con tutto un incontro-corpo a corpo scomposto, fatto di innocenti gesti distruttivi, mentre impara a prendere le misure. Lui è giovanissimo e quel compagno di giochi è invece antichissimo, quanto il cielo che lo sovrasta, fatto di stelle lontane, la cui luce persiste ancora oggi. Impara proprio questo Giorgio guardando il firmamento.
Fratello di Giorgio: “Lo sai che le stelle hanno una vita? […] Noi vediamo un cielo del passato”
Giorgio: “In che senso?”
Fratello di Giorgio: “Quello che ci permette di vedere Giò è la luce.”
Giorgio: “Questo quindi è un cielo antichissimo”
Giorgio scopre, conosce, ascolta ed è tutto orecchie, tutto corpo e anima, pronto ad aprirsi a ogni cosa. La bellezza sta lì, tra le pieghe delle storie, tra le parole, in una stella cadente, in una “lucciola che sta per cadere”, in miti di un tempo che ancora oggi fanno breccia. Si arrampica, guarda e ascolta i rumori della natura che lo affascinano tanto quanto il monopattino con cui passa le serate.
La ricomparsa delle Lucciole: un pastore che vive di tempi antichi e del ritmo della terra
Mentre Giorgio vive ogni cosa per la prima volta, o quasi, desideroso di mangiarsi la vita, i giorni e le ore, di fare sempre nuove esperienze, il pastore senza nome vive la sua immutata quotidianità nella casa diroccata in cui vive. Di mattina intaglia, di pomeriggio porta le mucche a pascolare sui colli circostanti. Lui c’è, granitico come ciò che lo circonda, è come la natura che vive mentre si sentono gli aerei sorvolare i colli, è come le mucche che mangiano mentre le macchine svettano per le strade. Il pastore rappresenta il mondo antico e “mitico” che “consiste” e persiste in ogni luogo, che si percepisce nello sbattere d’ali degli uccelli, Intorno a loro il resto scorre. Se lo sguardo di Giorgio è vibrante e vitale quello dell’anziano è un po’ malinconico e triste perché ciò a cui assiste è uno spettacolo a lui estraneo. Giorgio è movimento e forza centripeta e centrifuga, l’altro perno della narrazione è stasi e quotidianità, lenta e inesorabile coazione a ripetere. Uno è desiderio di scoprire e indagare spazio e tempo, cose e concetti, l’altro conosce ciò che sta attorno, ne fa parte. Di fronte alla sua terra, l’uomo senza nome non si spaventa, ne conosce la lingua, la grammatica, comprende le nubi, i tuoni e il caldo, sa perfettamente come vivere quel cambiamento climatico e umorale del tempo, è tutta un’altra questione quando si tratta della lingua dell’oggi, fatta di macchine, di aerei, di una “tecnologia” lontanissima da lui.
A tenere tutto insieme c’è la Natura, una Sicilia potentissima che sussurra e parla fischiando, comunicando attraverso i suoi alberi, le sue fronde, i buchi della terra, il suo cielo e le sue stelle, lucciole che illuminano il buio, le foglie che si accartocciano sotto il peso del corpo.
La ricomparsa delle Lucciole è un film che mostra una realtà impalpabile, sospesa. Al centro c’è la Natura, la Terra con cui l’essere umano può riconnettersi, materia misteriosa e il suo modificarsi, e così un ragazzino curioso o un anziano possono riuscire a trovare di volta in volta nuove congiunzioni.
La ricomparsa della Lucciole: valutazione e conclusione
La ricomparsa delle Lucciole è magico e poetico, un canto arcaico di una Sicilia bella, prorompente, un’opera silenziosa che porta lo spettatore dentro un prodigio lirico. Giamporcaro si immerge nelle vite di Giorgio, dell’anziano pastore, della terra. Si tratta di una favola fatta di storie antiche, sogni e pensieri. Lo spettatore viene accompagnato fra terra e cielo, case diroccate e aerei della Nato. Si tratta di un affascinante racconto in cui tutto scorre intorno e molto altro resta immutabile/immutato, intanto l’entroterra siciliano si mostra bellissimo e possente. Tra rumore e silenzio, campi lunghissimi ed esseri umani colti nella loro piccola e fragile unicità, lo spettatore viene accompagnato dentro un’incredibile “c’era una volta”.