La rivincita di Leyla: recensione del film Netflix di Daria Bukvic
Leyla, trentenne, single e appena lasciata, deve affrontare le aspettative della famiglia, della religione e della società che la vogliono "sistemata" prima di diventare invisibile agli occhi maschili. La rivincita di Leyla poteva essere qualcosa in più della comedy Netflix mista a rom-com, e invece si accontenta di un messaggio femminista ridotto a monologo piuttosto che a percorso interiore.
Disponibile su Netflix a partire dall’11 marzo 2022 ed esordio alla regia di Daria Bukvic, produttrice del teen-drama al femminile Zina, La rivincita di Leyla è una commedia brillante che mette in scena il frastornante percorso personale di una trentenne olandese di seconda generazione, alle prese con le aspettative familiari che la vogliono “sistemata” accanto a un uomo, e quelle ancor più pressanti dell’ideale sociale e generazionale che rivolge a sé stessa.
La rivincita di Leyla: una trentenne bollata come “meskina” e il percorso (incompiuto) di realizzazione personale
“Meskina”, termine olandese traducibile con “poverina” o “sventurata”, accezione negativa che spesso viene enunciata con una dose di sarcasmo pietistico dall’alto in basso, l’agorafobica Leyla (Maryam Hassouni) se lo è sentito dire una vita intera, o quanto meno adesso, a trent’anni compiuti, perché ancora, poverina, non ha un marito e figli, a differenza delle tante cugine e di sua sorella Amira (Soundos El Ahmadi), vulcanica e spigliata alla vita come forse non sarà mai.
La “disperata”, in realtà, ha già rubato il cuore di Adbel (Olaf Ait Tami), noto produttore musicale con il quale nasconde da tempo una relazione coronata in fidanzamento ufficiale, salvo poi essere lasciata quattro anni dopo sui tabloid e tornare, sconfitta, al punto di partenza. Senza deludere né la madre né la sorella, Leyla accetta di combinare due appuntamenti con due uomini radicalmente opposti: Amin (Nasrdin Dchar), scelto dalla mamma perché musulmano tradizionalista e dunque già accolto a braccia aperte; e Fabian (Vincent Banic), match di un app d’incontro e incarnazione angelica del single indipendente, amante dei viaggi e sensibile al mondo animale.
La scelta fra i due è ardua, forse anzi impossibile, tant’è che piuttosto che privarsi di uno dei possibili perfetti fidanzati, Leyla rovescia l’antica tradizione poligamica finora osservata rigorosamente al maschile dal sentito dire del suo paese d’origine, e senza dire nulla porta avanti un doppio binario amoroso, compensando nell’altro quello che nel primo non riesce a trovare. Ma cosa succede quando si riaffaccia lo spettro incompiuto dell’ex? E soprattutto: cosa intende davvero per ‘realizzazione personale’ Leyla, principessa non ancora regina alla mercé dell’islam, della famiglia, della società e ancor più dell’essere donna nel nuovo millennio?
Comedy familiare e rom-com per un film che gioca con i temi contemporanei della riconsiderazione dell’ideale femminile e quello del multiculturalismo
Spassosa a tratti sporadici e rumorosamente caotica in pieno stile Il mio grosso grasso matrimonio greco, La rivincita di Leyla gioca con i temi contemporanei del femminismo e del multiculturalismo, divertendosi a capire cosa accade oggi, nei nuclei familiari europei di immigrati di prima e seconda generazione, all’alterco fra l’osservanza religiosa degli usi e costumi tradizionali e quelli di un mondo che cambia e sconvolge, mettendo in crisi l’idea originaria del femminile inteso come concretizzazione della maternità e dell’unione obbligata al maschile.
Un discorso interessante, veicolato attraverso una piattaforma, – Netflix non a caso -, attenta all’inclusione di rappresentazioni variegate di paesi non anglofoni e aperta a racconti che intendono sradicare alcuni preconcetti schematici di gender dati molto spesso per assoluti. Il film infatti prende come paradigma la fiaba classica, quella della principessa salvata dal principe azzurro a cavallo per intenderci, e ne iscrive sopra una parabola di presa di coscienza del sé al di fuori della figura maschile.
La felicità senza il peso delle aspettative: La rivincita di Leyla accenna alla riflessione di ‘felicità’ senza mai avverarla davvero
Ma il punto d’arrivo del film, ovvero l’idea di felicità possibile anche senza accomodare le ansie altrui proiettate nella nostra sfera sentimentale, rimane un intenzione sospesa nella teoria e l’arco narrativo della protagonista viene solo accennato e mai veramente compiuto in una mutazione a tutto tondo.
Riducendola in un breve atto finale dove un epifania ai microfoni e in diretta tv amplifica al pubblico quello che fino ad allora è stato solo un monologo interiore, La rivincita di Leyla sfugge alla riflessione preferendo invece l’intrattenimento con i toni della rom-com e della comedy ridanciana, avvicinandoci al sorriso ad una famiglia colma d’amore e di difetti, ma sprecando nella stessa via l’opportunità di essere qualcosa in più.