La sedia: recensione del film di Gianluca Vassallo
La recensione dell’opera prima del regista napoletano di adozione sarda con protagonista Michele Sarti, nelle sale dal 16 novembre 2023.
La cinematografia sarda si è dimostrata da sempre fucina di grandi talenti, capaci con le proprie opere di sorprendere e convincere tanto il pubblico quanto gli addetti ai lavori. Tra questi ci sentiamo di inserire anche Gianluca Vassallo, nonostante sia sardo solo di adozione essendo originario di Napoli, poiché è proprio dall’altra parte del “Continente” che è cresciuto umanamente e professionalmente. Ed è sempre lì, in quel di San Teodoro, che da anni vive, lavora e ha fondato la piccola e battagliera factory che risponde al nome di White Box Studio, con la quale realizza progetti di varia natura, ultimo dei quali l’esordio nel lungometraggio di finzione dal titolo La sedia, distribuito da NoClaps a partire dal 16 novembre 2023.
La sedia è un film figlio legittimo di un’urgenza e di un bisogno epidermico d’indipendenza creativa
Si tratta di un’opera prima che riflette in tutto e per tutto l’idea di cinema del suo autore che l’ha prodotta, scritta, diretta, fotografata e anche montata. Il tutto all’insegna della velocità di esecuzione, oltre che di un fai da te figlio legittimo di un’urgenza e di un bisogno epidermico d’indipendenza creativa. Scritto in soli quindici giorni e girato in tempi record in meno di dieci, il film è stato realizzato infatti con risorse volutamente scarse per rispondere alla necessità dell’autore di autonomia produttiva e di libertà espressiva. Il risultato è un “cinema di necessità” fatto con pochi e con poco, senza fondi pubblici e sovvenzioni statali, potendo contare solo ed esclusivamente sulle proprie forze e su contributi privati. Un modus operandi, questo, con e attraverso il quale il regista campano ha voluto raccontare una piccola odissea esistenziale, quella di un uomo qualsiasi di nome Pietro, un uomo senza Dio, patria e famiglia.
Un viaggio fisico ed emozionale in una Sardegna trasfigurata
È lui il protagonista di un viaggio fisico ed emozionale in una Sardegna quasi trasfigurata, attraverso i suoi demoni e quelli della contemporaneità. Un viaggio, il suo, che assomiglia a una sorta di via Crucis fatto di tappe e incontri, portato avanti con lo scopo di trovare un fratello che non vede da tempo e con il quale dovrà contendersi le uniche cose che il padre, morto di recente, ha lasciato loro in eredità: una pistola e una sedia. Quest’ultima è l’altra significativa (non è però un semplice oggetto di scena e non un complemento d’arredo qualsiasi, ma la Sedia n.1 disegnata da Enzo Mari nel 1974 per il suo progetto Autoprogettazione) e al contempo ingombrante protagonista di una storia intima e personale, della quale il regista si serve per affrontare tematiche universali e dal peso specifico rilevante come i legami familiari, con la propria terra e l’eredità morale di un lascito. Temi, questi, questo che attraversano la società sia su un piano individuale, strettamente privato, che su uno che è di interesse collettivo.
Le musiche e il sound design sono i valori aggiunti del film
Vassallo parte da un magma incandescente di emozioni intense e cangianti. Ed è questo magma, che scorre nelle vene narrative e drammaturgiche del plot dal primo all’ultimo fotogramma a disposizione, ad alimentare e dare la spinta propulsiva a una pellicola che prima di inseguire consensi vuole arrivare al cuore e alla mente dello spettatore. Lo fa senza presunzione, senza quel desiderio spasmodico di dovere piacere a tutti i costi e al netto di quelle imperfezioni tecniche delle quali l’autore e il film stesso sono coscienti. Lo scopo è quello di lasciare qualcosa, anche solo una traccia del suo passaggio sullo schermo e nella retina dello spettatore di turno. Ciò che muove le corde di La sedia sono dunque le emozioni, quelle che nascono spontaneamente dai momenti più intensi presenti nella timeline (vedi il confronto verbale di Pietro con il fratello), dall’interpretazione vera e fisica dell’esordiente Michele Sarti e dai suoi monologhi interiori, dalla qualità estetica della fotografia, dal sound design di Daniele Guarnera che partecipa attivamente e si fa punteggiatura linguistica a sua volta, oltre che dalle tinte decise della colonna sonora di Tanake fatta di ossimori, rumore melodico, dolcezza aggressiva e morbida ruvidezza.
La sedia: valutazione e conclusione
Alla sua opera prima di finzione, Gianluca Vassallo firma un film coraggioso e fuori dagli schemi, all’insegna dell’autonomia produttiva e della libertà creativa. Un road movie podistico fatto di tappe e incontri in una Sardegna quasi trasfigurata per un uomo in cerca di se stesso e del fratello con il quale condividere una scomoda eredità. La sedia si poggia su una scrittura di getto e di pancia che tocca tematiche universali puntando tutto sulle emozioni, sull’assolo di Michele Sarti e sulla componente sonora che trova nelle musiche e nel sound design i valori aggiunti.