La sera di tutti i giorni: recensione del film di Felix Tilli

Un film leggero eppure profondo sulla condizione umana, narrato dal punto di vista degli anziani, con piglio surreale.

Arriva in sala giovedì 13 luglio 2023, La sera di tutti i giorni, un piccolo film dal piglio surreale diretto dallo sceneggiatore e regista svizzero Felix Tilli.
Piccolo perché il regista adotta volontariamente un approccio minimalista nella messa in scena, sia per quanto riguarda la direzione degli attori, che per la scelta delle inquadrature. Inoltre mantiene la durata dell’opera attorno agli ottanta minuti, cosa che al giorno d’oggi, in cui la durata media di un film da sala spesso eccede le due ore, basta a definire il lavoro come “piccolo”.

Il quadro della vecchiaia

La sera di tutti i giorni Cinematographe.it

Tilli suddivide la narrazione in capitoli per raccontare le storie di alcuni anziani alle prese con situazioni sottilmente assurde, che chiamano in questione lo scorrere del tempo e la morte. Leopold e Alex si conoscono a causa di un incidente stradale e iniziano un rapporto d’amicizia, che vede il suo fulcro nel legame, un po’ morboso, che entrambi hanno con le donne. Leopold vive ossessionato dall’ombra autoritaria della defunta madre, mentre Alex sembra essere in una sorta di relazione sadomasochista con la moglie. Un detenuto sessantacinquenne viene rilasciato prima del tempo e si trova completamente spaesato, in un mondo che sembra non aver più posto per lui. La coppia di sposi, Henri e Irma, vivono la loro vita all’unisono. Dipendenti l’uno dall’altra, trascorrono la vecchiaia sotto il segno di un amore totalizzante, finché uno dei due non muore. Infine Johann è un medico troppo sensibile, che non sopporta di veder soffrire i propri pazienti e così passa le giornate a piangere. Queste storie si sfiorano grazie alla comune ambientazione cittadina e al fatto che tutti i personaggi incrocino, prima o poi, una limousine bianca, che gira per la città.

La sera di tutti i giorni. Elegia della vita oltre il tempo

l film è girato con una serie di piani fissi, dei veri e propri tableaux vivants, all’interno dei quali i protagonisti del racconto compiono piccole azioni quotidiane, con piglio solenne e straniante. L’unico movimento di macchina è un carrello iniziale sull’incidente stradale che metaforicamente ci introduce nel mondo del film e dà il via alla storia. Tilli ci dice così che siamo nel regno dell’immutabile. Il movimento esiste, ma è lento e destinato a compiersi all’interno di uno spaziotempo fermo e assoluto. Quello che emerge dalla narrazione è come, nonostante il continuo riferimento dei dialoghi allo scorrere del tempo e la presenza costante della morte simboleggiata dalla limousine, tutti i personaggi continuino disperatamente a lottare per protrarre ciò che dà senso alla vita: l’incontro con altre persone, l’amore e l’amicizia. Non importa quanto si sia in là con gli anni, c’è sempre tempo per migliorare la propria vita, per cambiare, poiché ciò che non cambia, ciò che è eterno e assoluto è l’impulso vitale che spinge ad andare avanti l’umanità. La fissità del quadro è appunto la fissità della condizione umana, che comprende già in sé le sue stesse evoluzioni.

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In un simile contesto dopo la morte del compagno di tutta una vita, la sua essenza potrà rimanere accanto al sopravvissuto e l’amore continuerà a manifestarsi in maniera fantasmatica, come accade nella scena della seconda “danza dei letti meccanici” dell’episodio di Henri e Irma. Sempre seguendo questa linea interpretativa, le rovine della casa del detenuto possono essere lette come un classico simbolo della caducità della vita. Tale elemento, contrapposto alla determinazione del detenuto di mantenere la propria integrità, diventa simbolo della capacità umana di superare persino la propria distruzione materiale, grazie a una forza interiore/anima, fonte di immortalità. Ancora, il buon cuore di Johann rappresenta la volontà di non arrendersi di fronte alla crudeltà di una natura matrigna che elargisce malanni. Questo gli permette di sconfiggere il nemico supremo dell’umanità. Persino la storia più grottesca di Leopold e Alex, che costituisce l’ossatura dell’intera narrazione, afferma una concezione circolare del tempo – contro quella tradizionalmente lineare – nel suo concludersi ristabilendo le condizioni di partenza per i due protagonisti e negando così il principio di fine/morte.

La sera di tutti i giorni Cinematographe.it

Tilli per esprimere questi concetti usa un linguaggio cinematografico debitore della scrittura non logica di Kaurismaki e, soprattutto, di certa tradizione scandinava. Il riferimento più diretto è il cinema dell’ultimo Roy Andersson, fatto anch’esso di tableux vivants ambientati in una contemporaneità realistica, ma scenografata e fotografata in maniera tale da restituire un paesaggio dell’animo umano moderno in crisi.

La sera di tutti i giorni: valutazione e conclusione

Una nota di merito va alla versione di Alabama Song (Whisky Bar)proposta qui della compositrice della colonna sonora, Joana Aderi. La fotografia è molto scarna, usa contrasti fra toni freddi e caldi, ma rimane all’interno di una colorimetria desaturata. La recitazione ha volutamente un’impostazione vicina alla tradizione del teatro dell’assurdo, così come la regia, che potrebbe far pensare a una ipotetica opera filmica di uno Ionesco più ottimista.

Regia - 4
Sceneggiatura - 4
Fotografia - 3.5
Recitazione - 4
Sonoro - 3.5
Emozione - 3.5

3.8