La società della neve: recensione del film Netflix
Il survival movie diretto dallo spagnolo Juan Antonio Bayona ispirato al disastro aereo delle Ande del 1972. Su Netflix dal 4 gennaio 2024.
Su Netflix il 4 gennaio 2024 ha debuttato La società della neve, il film diritto da Juan Antonio Bayona che lo scorso settembre ha avuto il privilegio di chiudere fuori concorso l’80esima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia per poi essere scelto come rappresentate della Spagna nella corsa all’Oscar per il miglior film straniero, rientrando meritatamente nella shortlist. Nel frattempo la pellicola del regista di Barcellona si è già tolto altre belle soddisfazioni tra cui la nomination ai Golden Globes e ai BAFTA sempre per il miglior film straniero e la bellezza di tredici candidature ai Goya, alle quali si vanno ad aggiungere la vittoria di due riconoscimenti agli European Film Awards e il premio del pubblico al San Sebastián International Film Festival.
La società della neve rievoca il disastro aereo avvenuto sulla Cordigliera delle Ande nel 1972, partendo dalle pagine del romanzo omonimo di Pablo Vierci
Senza alcun dubbio un discreto rullino di marcia per un’opera, la quinta sulla lunga distanza per Bayona, che siamo sicuri lascerà il segno anche negli abbonati della piattaforma a stelle e strisce. Del resto chi come noi era a conoscenza della vicenda realmente accaduta rievocata nel film sa benissimo a cosa ci stiamo riferendo. Vicenda tra l’altro già narrata nei libri di Piers Paul Read Tabù e Pablo Vierci e in due precedenti lungometraggi: I sopravvissuti delle Ande del 1976 del messicano René Cardona e Alive – Sopravvissuti del 1993 di Frank Marshall. Tutti, chi più chi meno fedelmente, hanno ricostruito quanto accaduto il 13 ottobre 1972 quando il volo 571 delle Forze aeree dell’Uruguay, decollato dall’aeroporto Carrasco di Montevideo e diretto all’aeroporto Benìtez di Santiago del Cile, precipitò sulle Ande. Il viaggio era stato prenotato dalla squadra di rugby degli Old Christians Club (legata al Collegio Universitario Stella Maris di Montevideo) per recarsi a disputare un incontro al di là della Cordigliera.
A bordo del velivolo vi era dunque la squadra al completo, accompagnata da tecnici, familiari e amici, ai quali si era aggiunta una persona estranea al gruppo, Graciela Mariani, che si doveva recare a Santiago per il matrimonio della figlia. Per un totale di quarantacinque passeggeri, di cui cinque membri dell’equipaggio. Dodici persone morirono al momento del violento impatto all’altezza del Glaciar de las Lagrimas, nel dipartimento argentino andino di Malargue (provincia di Mendoza), altre persero la vita nei giorni successivi. Sedici alla fine furono i sopravvissuti tratti in salvo solo il 22 dicembre, dopo 72 giorni. Ed è proprio sugli eventi che si consumarono in quel lasso di tempo, sul calvario dei malaugurati protagonisti e sulle decisioni estreme che i sopravvissuti al disastro dovettero prendere per rimanere in vita che si focalizza il racconto di La società della neve e ancora prima le pagine del romanzo omonimo di Vierci che hanno rappresentato il punto di partenza del nuovo film del cineasta spagnolo.
Nelle due ore e venti circa a disposizione, il regista Juan Antonio Bayona sottopone lo spettatore a un fuoco incrociato di emozioni forti e cangianti
Non nuovo al survival movie basato su tragici eventi realmente accaduti, basti pensare a The Impossible incentrato sulla disavventura capitata a una famiglia europea colpita dallo tsunami del 2004 nell’Oceano Indiano, Bayona firma con la complicità in fase di scrittura di Bernat Vilaplana e Jaime Marques un’opera di grande impatto visivo e soprattutto emotivo. Nelle due ore e venti circa a disposizione, il regista sottopone lo spettatore di turno a un fuoco incrociato di emozioni forti e cangianti, al quale è difficile rimanere indifferenti. Emozioni che scaturiscono inevitabilmente dalla cronaca della tragedia e dagli eventi dolorosi che l’hanno segnata, ma in primis dall’afflato e dall’intensità che trasudano dalla storia, dal modo in cui viene narrata e interpretata. Bayona riesce a portare sullo schermo il giusto mix ed equilibrio tra forma e contenuto, senza però dovere scendere necessariamente a compromessi con le regole non scritte del mainstream e le esigenze dei committenti.
Per raccontare quanto avvenuto sceglie un punto di vista interno, quello di uno dei protagonisti del disastro aereo, l’allora ventiquattrenne Numa Turcatti, affidando alla sua voce narrante gran parte del racconto. In questo modo la timeline oltre al dramma si presenta anche come un diario che riporta a galla la memoria di chi quell’inferno di ghiaccio lo ha visto con i propri occhi e purtroppo non è riuscito a tornare a casa. Marshall per il suo Alive aveva provato a giocare una carta simile, facendosi aiutare nella ricostruzione cinematografica della tragedia da uno dei sopravvissuti, vale a dire Fernando Parrado (interpretato nel film da Ethan Hawke), ma senza ottenere il medesimo tatto che ha permesso invece al collega spagnolo di raccontare la dignità umana senza cadere nella retorica dello spettacolo. Quest’ultimo è un pericolo che è sempre dietro l’angolo quando si decide di confrontarsi con vicende simili, ma per fortuna Bayona e il suo team sono stati bravissimi a disinnescarlo.
La società della neve è un survival movie ambientato in luoghi ostili dove vivere è impossibile
Del resto la vicenda in sé aveva tutto per coinvolgere il fruitore, a cominciare proprio dal dramma umano sino all’epica dell’atto eroico compiuto da coloro che l’hanno vissuto sulla propria pelle per proteggere a tutti i costi la sola cosa che era rimasta loro, ossia la vita. Il tutto in uno degli ambienti più inaccessibili e ostili del pianeta, senza cibo, nel mezzo del nulla tra temperature polari, valanghe, tempeste, tormente e come unico riparo dal gelo la parte anteriore della fusoliera dell’aereo rimasta intatta dopo l’impatto. Condizione precaria, questa, che ha costretto il gruppo a ricorrere a misure disumane per sopravvivere in attesa dei soccorsi, compreso il cannibalismo. La situazione dei superstiti si aggrava sempre di più e col passare del tempo alcuni di loro rimangono vittime del freddo o della fame. A questo punto, senza alternative e in preda alla disperazione, pur di sopravvivere decidono di nutrirsi con i corpi delle persone decedute. I presupposti per prestare il fianco a una mera spettacolarizzazione del dolore e fare leva su di essi per catturare l’attenzione del pubblico c’erano tutti, ma gli sceneggiatori in primis e il regista in fase di trasposizione poi hanno saputo, anche grazie alla materia prima offerta dalla matrice letteraria e la straordinaria performance corale di un cast efficace seppur privo di nomi altisonanti, evitare con grande abilità le sabbie mobili e tutti i rischi del caso.
Un film fatto di immagini e scene impattanti che lasciano il segno nella mente, nel cuore e nella retina del fruitore senza scivolare nella retorica del dolore e dello spettacolo
Un approccio tanto sensibile quanto rispettoso e delicato quello messo in atto dagli autori che ha permesso a La società della neve di arrivare a toccare quelle corde che i film che avevano narrato precedentemente la medesima storia non erano riusciti nemmeno a sfiorare, con questi che si erano arenati sulla superficie puntando sulla mera ricostruzione degli eventi. Dal canto suo, Bayona ci scaraventa con la sua macchina da presa in quell’inferno bianco, restituendo sia la vastità di un ambiente ostile con focali grandangolari sia il veloce deperimento fisico e psicologico dei personaggi attaccandosi ai loro corpi con obiettivi che generano opprimenti distorsioni ottiche. Il risultato sono immagini e scene impattanti che lasciano il segno nella mente, nel cuore e nella retina del fruitore: dallo schianto agli attimi immediatamente successivi, dalla notizia appresa alla radio dell’interruzione dei soccorsi alla decisione di nutrisi delle persone decedute che avevano sepolto nella neve, passando per la valanga che li seppellirà nella fusoliera per venti giorni e l’arrivo dei soccorsi.
La società della neve: valutazione e conclusione
Quello diretto da Juan Antonio Bayona è un dramma vestito da survival movie di grandissimo impatto visivo ed emotivo, che trasforma una tragedia realmente accaduta in una storia che fugge dalla retorica e dalla spettacolarizzazione del dolore per parlare con sensibilità, rispetto e rispetto di dignità umana. La società della neve è un film toccante e intenso che arriva al cuore e alla mente dello spettatore, ma anche duro e crudo quando c’è da esserlo. Regia, fotografia e sonoro di altissima qualità lavorano all’unisono a uno script che prende solo il meglio dalla matrice letteraria che l’ha generato. Il risultato è un mix di emozioni forti e cangianti che alimentano un’opera che ha nella performance corale di un cast di sostanza e privo di nomi altisonanti l’altro valore aggiunto.