La stanza di Marvin: recensione del film con Leonardo DiCaprio
La stanza di Marvin è un'ode all'amore, al donarsi agli altri senza chiedere nulla in cambio.
Ci sono dei film che squarciano l’anima, che fanno male, che sono tutta emozione. Uno di questi è La stanza di Marvin, film diretto, nel 1996, dall’esordiente Jerry Zaks e tratto dell’opera teatrale di Scott McPherson, film che non fa sconti allo spettatore e si mostra per quello che è un vero, profondo e doloroso dramma. Al centro c’è Bessie, interpretato da una meravigliosa Diane Keaton – per cui vincerà l’Oscar per la miglior attrice -, che si prende cura dell’anziano e malato padre, il Marvin del titolo, e della zia, Ruth. La vita della donna cambia totalmente quando le viene diagnosticata la leucemia e ha bisogno di un trapianto di midollo osseo; ha solo una possibilità, cercare la sorella Lee (Meryl Streep), con cui non parla da vent’anni, e i suoi figli, Hank (Leonardo DiCaprio), che vive in un ospedale psichiatrico, e il piccolo Charlie.
La stanza di Marvin è una concrezione di dolore e sofferenza, tragedie e dolori, eppure sotto tutto il male che si ha dentro – la cattiveria (Lee e Hank), la malattia (Bessie, Marvin), la follia (Hank) -, che ci si è fatti, che si prova, c’è qualcosa di buono.
La stanza di Marvin: Bessie, il bene assoluto
Fin da subito, è chiaro, la fonte di luce è Bessie, è lei quella che tiene tutto insieme, è lei che ha tutto sulle spalle, è lei che subisce e patisce. Nonostante la malattia Bessie si spende per gli altri, nonostante il male la donna vorrebbe vivere proprio come prima, aiutare il padre, prendersi cura della zia. Su di lei poggia il delicato equilibrio di questo nucleo familiare sui generis, da lei tutto origina e tutto parte, anche la riunione della famiglia. La stanza di Marvin è il luogo in cui Bessie passa la maggior parte del suo tempo, lì cura, ama e accarezza il padre, fermo a letto a causa di un ictus, lì , attorno a quel letto, si incontrano tutti per la prima volta, da dietro quella porta si sente l’amore e l’abnegazione di Bessie per suo padre. La scoperta della leucemia sembra un castigo divino, una beffa crudele ma così non è.
Quando Lee arriva con i figli al seguito tutto sembra ancora più complicato: le due sorelle se possibile sono ancora più distanti di un tempo, sempre più diverse – l’una talmente buona da sembrare finta, dedita agli altri, l’altra rigida, egoista, egoriferita – Hank, uscito dall’ospedale, sembra una scheggia impazzita che può fare e dire qualunque cosa per colpire chi gli sta intorno ma lentamente ogni cosa riprenderà il suo posto. La stanza di Marvin è un’ode all’amore, al donarsi agli altri senza chiedere nulla in cambio (Hank crede che la zia sia carina con lui per ricevere il midollo osseo, convinto che chi è generoso lo fa sempre per un tornaconto).
La stanza di Marvin: Bessie e Hank, due anime che si incontrano e si capiscono
Hank porta sulle spalle un grosso peso, un dolore che si trasforma in rabbia, un nodo di sofferenza e lacrime che lo porta ad allontanare tutti. Il ragazzo ce l’ha col mondo, con la madre che lo ha lasciato in quell’ospedale, che non gli ha mi parlato del padre e anche con quei parenti che non vede da tanti anni e che nella sua testa l’hanno abbandonato. Hank è diffidente perché non comprende quel codice, fatto di gesti e di parole nuovi per lui: quando la zia vuole donargli gli attrezzi di Marvin lui pensa che sia solo un modo per “comprarlo”, quando la donna tenta di accarezzarlo lui risponde con un gesto brusco. Basta poco però e i due iniziano a parlare, a raccontarsi, a passare del tempo insieme perché per un’anima bella, anche se nascosta da cenere e sporco, è facile riconoscere una sua simile.
Zia e nipote si scambiano emozioni: Bessie entra a piccoli passi in quel mondo così privato, con la sua amabilità si fa strada tra i ghiacciai dell’animo di Hank, con la sua dolcezza riesce ad acquistare la fiducia di quel ragazzo difficile. La stanza di Marvin racconta lo scambio di sentimenti, di emozioni, tra persone che sembrano avere poco se non niente in comune, narra di come dai momenti difficili se condivisi possa nascere qualcosa di positivo (il riavvicinamento tra le sorelle, il ricongiungimento familiare, la nuova linfa vitale nell’esistenza di Bessie, un nuovo Hank).
Bessie proprio a causa della sua malattia rincontra sua sorella, conosce i suoi nipoti e trova in Hank un compagno di avventure; nonostante le cure, nonostante la fatica fisica Hank riesce a risollevare la zia, a darle un po’ della sua giovane vitalità, indimenticabile la scena del mare, in cui i due personaggi si rigenerano con l’acqua salata.
La stanza di Marvin: un film che è un mix di sentimenti
La stanza di Marvin vive dei suoi tre personaggi principali, interpretati magistralmente da due grandi attrici del cinema americano, Keaton e Streep, che danno alle loro donne realtà, emozione, delicatezza e brutalità, e da un giovane DiCaprio che conferisce al “suo” ragazzo struggimento e rancore, lacrime e disperazione proprie di un giovane Hank. Il film è un mix di sentimenti, capace di far commuovere, sorridere e arrabbiare, è come un temporale durante il quale ci si trova senza ombrello, è come l’abbagliante bellezza di un plenilunio, è un lirico canto di ricongiungimento e perdita che insegna a perdonare, a concedersi (di migliorare, di sbagliare, di aiutare) e a concedere altre possibilità.